Smart city, 6 ingredienti per rendere una città davvero digitale

Vision, organizzazione, stabilità economica, infrastrutture, collaborazione e comunicazione: sono gli elementi necessari a digitalizzare i centri urbani secondo una ricerca Cisco-Digital Transformation Institute. «Per non fallire servono comunità collaborative» dice Fabio Florio, Cisco Italia. «E bisogna ricordarsi che nessun progetto è uguale a un altro»

Pubblicato il 06 Giu 2017

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Cultura, organizzazione, collaborazione e infrastrutture tecnologiche: sono i principali elementi che contribuiscono a formare un’autentica Smart City, secondo una ricerca diffusa da Cisco e dal Digital Transformation Institute (DTI). Intitolato “Smart city, quali impatti sulle città del futuro?”, il report definisce i possibili elementi che possono portare al fallimento di un progetto per rendere il contesto urbano più semplice e vivibile per il cittadino, identificare i principali fattori di rischio e offrire alle pubbliche amministrazioni locali uno strumento per individuare per tempo i modi migliori di superarli.

Questo perché, anche partendo con le migliori intenzioni, le iniziative in ambito smart city possono scontrarsi con difficoltà oggettive, che riducono potenzialità e risultati. Eppure gli strumenti a disposizione ci sono tutti: le tecnologie sono consolidate e facilmente accessibili, l’attenzione al tema del digitale è molto più alta che in passato, gli esempi di successo a cui ispirarsi non mancano, le persone – al lavoro, a scuola, nella vita privata – vivono in modo sempre più connesso. Perché allora spesso il percorso per le digitalizzazione delle nostre città si rivela un percorso a ostacoli?

Per rispondere a questa domanda, il DTI ha coinvolto un team di esperti interdisciplinare, il quale ha identificato le sei dimensioni chiave che rappresentano elementi critici nello sviluppo di un processo “smart city” efficace. Tali dimensioni sono: la visione, l’organizzazione, l’economia, la società, la tecnologia e la comunicazione. In una seconda fase sono state condotte altre rilevazioni basate sulla compilazione di un questionario online da parte di esperti individuati nel mondo delle imprese, della PA centrale e locale e nel mondo della ricerca. È stato stilato così, per ognuna delle sei dimensioni individuate, un elenco di elementi che sono potenziali motivi di fallimento di un progetto smart city. È nato poi uno strumento di “autodiagnosi” sotto forma di un questionario che potrebbe diventare una app. Un vero e proprio “self assessment” che permetta alle pubbliche amministrazioni di analizzare la propria situazione rispetto a ognuno di questi fattori di rischio e comprendere a quali ambiti prestare maggiore attenzione. Ma vediamo quali sono gli ingredienti per rendere una città autenticamente smart.

LE SEI DIMENSIONI PER I PROGETTI SMART CITY

Vision: avere in mente un modello di città intelligente umana e trasversale
Per attivare un progetto smart city è essenziale avere ben chiaro quale è il modello di citta intelligente che è più in grado di trasformare in senso positivo, attraverso il digitale, la comunità: un modello che sia sostenibile economicamente – perché basato sulla particolare capacità di un territorio di attivare collaborazione fra pubblico, privato e società civile – e sostenibile dal punto di vista sociale e culturale, perché basato sul dialogo con le esigenze dei cittadini e sul “sentire” comune della comunità: una smart city prima di tutto “umana”, basata sulla creatività, l’innovazione del capitale umano, con amministratori informati e cittadini attivi, che condividono una visione comune delle opportunità che si possono creare con la tecnologia.

Organizzazione: il giusto intreccio di leadership, visione, strategie, rete e partecipazione
La dimensione organizzativa è un elemento particolarmente complesso, composto da molti fattori: la capacità di coinvolgere il territorio; l’ascolto e la gestione delle esigenze di tutti gli attori interessati nel processo; la pianificazione degli interventi da compiere, con un’attenta analisi dei loro impatti sulla vita delle persone, sui loro diritti, sugli spazi della città; la creazione di strategie di comunicazione per sostenere il programma nel tempo; la scelta di criteri per misurare in modo oggettivo i risultati. Si tratta di guidare saldamente una rete partecipativa che condivide visioni e strategie con un modello di governance che tenga conto di tutte le competenze necessarie al progetto, a tutti i livelli, con continuità.

L’economia: stabilità per fare interagire e integrare investimenti pubblici e privati
Una città che voglia crescere e avviare progetti maturi in ambito smart city, non singole sperimentazioni, deve avere un budget dedicato alle iniziative di innovazione, anche se limitato: la sua esistenza è determinante come indicatore di una scelta culturale. Un altro fattore da considerare è la capacità di integrare e fare interagire investimenti pubblici e privati: conoscere fonti di finanziamento necessarie, ripartirle correttamente, ma anche – dove la PA non possa arrivare con un investimento tradizionale – sapere creare condizioni che abilitano concretamente i progetti e possano garantire ai privati stabilità nel lungo periodo, anche in caso di un cambio di amministrazione.

La società: una comunità resiliente, collaborativa e “open source”
Una smart city nasce da chi la abita: quanto più si adatta alla struttura della società e del territorio urbano, tanto più produce valore. E la consapevolezza dei cittadini rispetto a come la loro città funziona, quali caratteristiche ha dal punto di vista economico e sociale, può fare la differenza nel generare dialogo e partecipazione attiva. In questo senso gioca un ruolo fondamentale la capacità di raccogliere dati e renderli accessibili e usabili dai cittadini. Non basta creare piattaforme open data: queste devono essere punto di partenza per coinvolgere in modo partecipativo, fin dalle fasi iniziali dei progetto, la comunità. Ampliare la platea di voci che trovano ascolto, attivare modelli di condivisione anche economici (pensiamo alla sharing e alla circular economy): un cambio di paradigma, che richiede anche di introdurre nuove piattaforme capaci di integrare le applicazioni e i flussi di relazione tra PA e cittadini.

La tecnologia: quali infrastrutture e piattaforme per la città digitale
Il tema delle piattaforme collaborative basate sulla condivisione delle informazioni introduce all’aspetto tecnologico dei progetti smart city. Ci sono tre fattori tecnologici principali che determinano efficacia, scalabilità e successo: disporre di infrastrutture di comunicazione di rete sicure, affidabili, capillari, virtualizzabili che permettano di accedere ai servizi digitali, di aggregare dati, avere monitoraggio e controllo; dotarsi delle infrastrutture per ospitare le applicazioni centrali e per raccogliere, conservare, analizzare i dati; costruire piattaforme applicative, sia per una gestione centrale, sia per i singoli sistemi e servizi – con un grande sforzo per creare interoperabilità e permettere il riuso.

Comunicazione: dialogo e coinvolgimento per una città umana
“Fare” una smart city non è immettere tecnologie innovative in un centro urbano: è avere l’obiettivo di rispondere in modo nuovo a domande anche esse nuove – assistenza, sicurezza, qualità della vita, partecipazione, innovazione. Avere gli strumenti per coordinare il dialogo tra tutti gli attori coinvolti, con una mediazione culturale capace di affrontare difficoltà e chiusure, dare responsabilità alle persone, e condividere in modo chiaro e coerente fasi e obiettivi dei progetti è fondamentale. Anche il progetto meglio studiato si arena se non viene capito e fatto proprio, perché i cittadini a cui si rivolge non hanno consapevolezza di come usare quanto viene messo a disposizione.

NESSUNA SMART CITY È UGUALE ALL’ALTRA

“Nella nostra ampia esperienza di progetti smart city realizzati in tutto il mondo abbiamo capito due cose: che per fare una smart city ci vuole un villaggio, ovvero una capacità di collaborazione a tutti i livelli della comunità, e che nessuna smart city può essere uguale a un’altra.” spiega Fabio Florio, Business Development Manager Smart City e Country Digitization Leader di Cisco Italia.
“Bisogna sapere di che pasta si è fatti, diciamo così: capire come la composizione economica, le dinamiche sociali e demografiche, i punti di forza e debolezza dell’organizzazione della città, l’humus tecnologico e di innovazione, le competenze si intrecciano e fanno emergere opportunità e rischi sempre differenti. La Pubblica Amministrazione deve essere pronta, altrimenti il contributo dei privati non consente comunque di arrivare al risultato voluto. Con questa ricerca abbiamo voluto creare una guida ragionata che aiuti le pubbliche amministrazioni locali a capire con chiarezza quali strumenti ci sono, quali si possono attivare, lungo quali dimensioni, con quale approccio culturale e strategico: un’analisi essenziale per ottenere il massimo delle opportunità creando nuovi servizi digitali per i cittadini”.
Per realizzare la ricerca, “Questa ricerca è nata nel quadro del nostro Piano di investimenti Digitaliani, varato per accelerare la digitalizzazione del paese” aggiunge Florio. “Tra le attività che abbiamo avviato, ci sono anche delle intese con città e regioni italiane per creare nuovi servizi digitali ai cittadini e offrire opportunità al territorio e alle persone attraverso la tecnologia. C’è una corrispondenza tra l’attenzione ai fattori chiave evidenziati nella ricerca, i progressi positivi delle esperienze che stiamo facendo a Palermo, Perugia e nella Regione Friuli Venezia Giulia, quello che abbiamo imparato lavorando in comunità di tutto il mondo”.
“Il motivo dell’approccio adottato”, spiega Stefano Epifani, docente alla Sapienza di Roma e Presidente del Digital transformation Institute “consiste nel fatto che troppo spesso in questo ambito si sviluppano indicatori che tendono ad evidenziare i successi. Il problema è che le cosiddette “best practice” sono senz’altro utili per capire che un risultato è perseguibile, ma non aiutano più di tanto nel capire come perseguirlo, perché ogni progetto è unico e vive di dinamiche di contesto non replicabili. Viceversa, tutti tendiamo a commettere gli stessi errori. Quindi evidenziare i fattori di potenziale fallimento di un progetto Smart City non è altro che un sistema per abbatterne il coefficiente di rischio”.

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