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Donna e giurista: ecco l’italiana che ha vinto l’Oscar della tecnologia

Erica Palmerini, docente di diritto privato al Sant’Anna di Pisa, ha vinto il World Technology Award con RoboLaw, progetto che studia le implicazioni giuridiche, etiche e sociali delle tecnologie robotiche emergenti. Un buon risultato ma l’Italia è ancora restia all’innovazione

Pubblicato il 13 Dic 2013

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Erica Palmerini durante la serata di premiazione

Non è un ingegnere. E più che di tecnologia si intende di leggi e diritto. Eppure è proprio lei il volto dell’Italia tecnologica che fa innovazione: Erica Palmerini, docente di diritto privato dell’istituto Dirpolis (Diritto, politica e sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è la vincitrice dell’edizione 2013 del World Technology Award, il premio Oscar della tecnologia.

Donna, dunque, e giurista. Un ritratto insolito per un ambito considerato generalmente maschilista.

La docente pisana si è imposta nella categoria Law sbaragliando la concorrenza e portando sul podio RoboLaw: “Si tratta di un progetto finanziato dalla Commissione Europea che si propone di studiare le implicazioni giuridiche, etiche e sociali delle tecnologie robotiche emergenti. Un lavoro che unisce la tradizione giurisprudenziale all’innovazione robotica e che ha tra i suoi obiettivi quello di comprendere l’impatto delle nuove tecnologie sulla vita dei cittadini e definirne il primo conseguente diritto” spiega la Palmerini. E puntualizza: “Non è solo l’affermazione di una giurista in un premio tecnologico, ma la vittoria di un progetto che concilia la ricerca di studiosi del diritto e di filosofi politici con quella degli ingegneri. È la vittoria di tutto il team”. Un team che è ancora incredulo del risultato raggiunto nonostante la statuetta premio sia in bella mostra alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: “Perché hanno scelto noi? Ce lo chiediamo ancora adesso e a volte, guardando il premio, non ne capiamo a fondo neanche il valore. Del resto gloria, onore e statuetta è tutto ciò che ci portiamo a casa ma, ahimè, nessun finanziamento” dice ironizzando la docente, il cui nome rimarrà nella storia di questa edizione del World Technology Award insieme ad altri big del settore hi-tech: basta citare un certo Julian Paul Assange, fondatore di Wikileaks.

Eppure la docente è pienamente consapevole dei punti di forza che hanno portato il progetto italiano sul palco di New York nella cerimonia organizzata dal World Technology Network: “RoboLaw ha due caratteristiche vincenti: in primo luogo l’oggetto di studio, la robotica, è considerato il settore che dà risalto alle promesse della tecnologia. Molte delle grandi sfide future in ambito tecnologico guardano alla robotica. In secondo luogo, è stata valutata l’interdisciplinarietà di RoboLaw, un lavoro che studia l’innovazione tecnologica da un punto di vista etico e giuridico. Un progetto è vincente quando ha almeno tre caratteristiche: interdisciplinarietà, una vocazione internazionale, cioè la capacità di uscire dal proprio Paese toccando argomenti che interessino a livello globale, e la capacità di presentarsi come novità, ponendosi alle frontiere della ricerca”.

Come dire, insomma, quando l’Italia fa le cose le fa bene? “Il nostro Paese ha un grosso pregio e un grosso difetto” risponde la docente. “Abbiamo dei grandi valori ai quali restiamo ancorati e questo ci fa onore, ma non abbiamo l’approccio al rischio, tipico invece degli americani: abbiamo paura delle difficoltà e non riusciamo a farci carico dei rischi che una nuova idea comporta. Gli Stati Uniti, a differenza dell’Italia, sono un terreno fertile per l’innovazione: durante la cerimonia di premiazione ho visto molti europei giungere a New York solo per dare visibilità a un’idea”.

Intanto, però, l’Oscar mondiale della tecnologia è tricolore e, per un’Italia spesso attaccata di scarsa attenzione all’innovazione, è già un buon risultato: “Godiamoci l’Oscar e torniamo a lavorare”.

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