Nuove professioni

Innovation Coach, chi è e perché è diverso dal “vecchio” formatore

Negli Usa c’è già, in Italia è una figura professionale semisconosciuta: è colui che “allena” dipendenti e aziende all’innovazione. Requisiti: essere stato innovatore in prima persona e riuscire a gestire gli “scettici del cambiamento”. Qui i consigli degli esperti su come fare coaching for innovation

Pubblicato il 03 Feb 2017

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“Per guidare i team che si occupano di innovazione i coach saranno più importanti dei manager”: l’ha scritto di recente Alex Goryachev, Senior Director Innovation Strategy & Programs di Cisco, nel blog della multinazionale, in un intervento nel quale parla dei cambiamenti che avverranno quest’anno nella cultura delle grandi organizzazioni a causa della digital disruption. “I manager tradizionali – prosegue Goryachev – spesso rallentano il processo innovativo focalizzandosi sulla gerarchia, sul processo decisionale top-down, su scadenze rigide e sui risultati a breve termine. Invece i coach sono in grado di accelerare lo sviluppo focalizzandosi sulla collaborazione, mostrando la via da seguire e sgombrando la strada da ostacoli di carattere politico o tecnico”.

L’Innovation Coach è una figura che si sta affermando nel mondo dell’innovazione, una sorta di “allenatore” all’innovazione per singoli dipendenti e gruppi aziendali. Come spesso accade, il suo ruolo è già noto ed apprezzato in alcune multinazionali e nei Paesi più avanzati nel settore hi-tech, mentre in Italia è una new entry ancora quasi sconosciuta.

Chi è l’Innovation Coach – “Un Innovation Coach è in grado di collaborare con i clienti in un processo creativo e capace di stimolare il pensiero che possa ispirarli a massimizzare il loro potenziale personale e professionale e che dia loro gli strumenti per farlo”. È la definizione di Phil McKinney, ex Chief Technology Officer (Cto) di Hewlett-Packard, oggi presentatore di un programma radiofonico chiamato “Killer Innovations” e autore di Beyond The Obvious, un testo su come usare innovazione e creatività per raggiungere il successo. “L’Innovation Coach – continua McKinney – è l’argomento più nuovo e più ‘caldo’ nell’ambito della comunità degli innovatori”. Proprio per questo è ancora in parte da esplorare. Gli executive coach – potremmo chiamarli i formatori aziendali – sono ormai considerati uno strumento accreditato per migliorare le performance personali e quelle aziendali all’interno di una organizzazione. Il loro impatto sulla realtà aziendale è stato dimostrato: secondo The Economic Times il ROI dell’attività di coaching vale quasi sei volte il suo costo e porta a un miglioramento nelle relazioni del 77%, del lavoro di squadra del 67%, della soddisfazione lavorativa del 61% e della qualità del 48%. L’impatto dell’Innovation Coach non è stato ancora studiato, ma per mia esperienza – sostiene Phil McKinney – un esperto innovatore può avere un impatto significativo a livello personale e sull’intera azienda”.

5 CARATTERISTICHE CHE DEVE AVERE UN INNOVATION COACH

Lisa Bodell, Ceo di futurethink, una società di New York impegnata sulla ricerca e sulla formazione per l’innovazione, descrive quali devono essere i principali tratti distintivi di questa nuova figura professionale.

Essere innovatori in prima persona – I “formatori all’innovazione” devono possedere competenze diverse rispetto agli altri formatori. Devono essere estremamente aggiornati (per esempio non devono riportare case study vecchi di anni) e devono aver sperimentato l’innovazione in prima persona.

Vedere oltre il perimetro aziendale – “I migliori Innovation Coach devono avere quella che io chiamo Industry + Experience” spiega Lisa Bodell. Per un cliente è importante capire l’ambito industriale nel quale opera la sua impresa ma, per riuscire ad essere realmente innovativo, bisogna che qualcuno lo porti al di là del suo perimetro industriale e gli mostri qualcosa di nuovo. Il formatore ideale deve saper ampliare il pensiero del cliente in un modo in cui non è stato ancora fatto dai suoi dipendenti e nemmeno dai consulenti esterni.

Adeguarsi al proprio pubblico – L’Innovation Coach deve innanzitutto saper identificare il gruppo al quale si rivolge: numeroso o ridotto, composto da persone estroverse o introverse, o magari eterogeno. Per esempio ci sono gli “edu-tainer”, più adatti a gestire vaste audience, e coloro che riescono a parlare meglio a gruppi piccoli e più ‘meditativi’.

Via i Power Point – Varie ricerche hanno dimostrato che i discorsi e i Power Point non sono sufficientemente efficaci nell’insegnamento di cose pratiche. Quello che funziona, per un Innovator Coach, è far sperimentare al suo pubblico esperienze brevi ma intense di immediata applicazione. Si chiama Experiential Learning e punta a coinvolgere in modo attivo i partecipanti nel processo di apprendimento mostrando loro come si ottiene l’innovazione attraverso una serie di strumenti e di tecniche.

La gestione dello scetticismo – “Insegnare l’innovazione oggi come oggi – spiega ancora Lisa Bodell – è sfidante, perché molti degli attuali leader sono scettici sulla questione. In un mondo che richiede risultati istantanei e spesso stigmatizza il fallimento, prendersi il rischio di un’idea innovativa può essere molto difficile”. Per questo, prosegue, i buoni formatori sull’innovazione devono possedere la capacità di fare domande provocatorie per far aprire una serie di possibilità intorno a un’idea senza mettere nessuno sulla difensiva. Devono insomma saper guidare un gruppo di “scettici per professione” a fare esercizi certamente non ortodossi. Esempi pratici: assegnare un compito preciso a chi fa il guastatore della situazione, distogliendo così la sua attenzione, oppure chiedere ai “Signor No”, quelli che rifiutano sempre qualsiasi proposta, di esporre idee concrete e alternative per risolvere un problema, in modo da spostare la loro attenzione mentale verso la ricerca di soluzioni.

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DUE LIBRI DA LEGGERE SULL’INNOVATION COACHING

►“Coaching For Innovation – Tools and Techniques for Encouraging New Ideas in the Workplace ” (Palgrave MacMillan, 2014), solo in inglese, acquistabile su Internet.
Il libro, scritto da Cristina Bianchi e Maureen Steele, è ricco di suggerimenti, esercizi ed esempi sulla formazione per l’innovazione. Offre un approccio step-by-step per imparare a far emergere le potenzialità innovative sia quando si lavora con singoli individui sia nell’ambito di gruppi di lavoro. “Essere un Coach Innovator – si legge nella presentazione del testo – vuole dire incoraggiare una cultura che punta all’emersione delle idee, massimizzare la creatività e il coinvolgimento e generare un maggior numero di opzioni per se stessi e per gli altri. In definitiva consiste nell’andare oltre l’ovvio e dare spazio a idee nuove”.
Cristina Bianchi è founder e Managing Director di “Enhance Training and Development”, società internazionale che offer soluzioni relative alla formazione, mentre Maureen Steele è founder e Managing Director di The Training Box, altra società per formatori e comunicatori.

►“Beyond The Obvious – Killer Questions That Spark Game-Changing Innovation”, Phil McKinney (New York: Hachette Books , 2012), solo in inglese, acquistabile su Internet.
Phil McKinney (vedi sopra) parte dal principio che produrre e concretizzare grandi idee è la chiave per restare all’avanguardia in un mondo che sta cambiando a una velocità vertiginosa. Ma perché è tanto difficile farlo? Secondo l’esperto di innovazione, il vero problema è che stiamo insegnando alle persone a fare le domande sbagliate sul proprio business, o a non farne nessuna. Perciò l’autore ha elaborato un suo personale metodo, il FIRE (Focus, Ideation, Ranking, Execution) Method per far sì che le aziende facciano le domande giuste, quelle che servono loro a sopravvivere. Il libro è ricco di esempi concreti e punta a cambiare il modo in cui le persone innovano e creano.

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