La storia

Perché una startup italiana sceglie Kickstarter

«È una vetrina sul mondo, ci permette di raggiungere un pubblico vastissimo, ci hanno già contattato produttori e fornitori dalla Svizzera e da Singapore» dice Veronica Masiero, founder di Danver Bag, innovativa borsa richiudibile lanciata sul sito principe di crowdfunding. «Le nostre piattaforme? Lontane anni luce da Kickstarter»

Pubblicato il 10 Feb 2016

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Veronica Masiero, founder di Danver Bag

Il progetto è tutto italiano. I founder anche. Made in Italy anche il design. Ma la piattaforma di crowdfunding scelta per lanciare la startup no. Veronica Masiero, founder di Danver Bag, ha scelto Kickstarter per lanciare la borsa sport & travel funzionale e richiudibile. “È la nostra vetrina sul mondo, ci permette di raggiungere un pubblico vastissimo. Non a caso ci hanno già contattato alcune palestre svizzere interessate al prodotto e alcuni fornitori da Singapore. Non abbiamo avuto dubbi quando abbiamo scelto la strada del crowdfunding” spiega la giovane imprenditrice.

Dieci casi di crowdfunding molto speciali

Una laurea in comunicazione di impresa alla Cattolica di Milano, 31 anni, da quando ne aveva 17 Veronica si occupa di comunicazione per vari eventi milanesi, dalla fashion week

Danver Bag

al Salone del Mobile. Dopo la laurea, inizia “il mio primo vero lavoro: mi occupavo di marketing per il brand Leone 1947. È stata una scuola di formazione: seguivo la nascita del prodotto, la realizzazione e la creazione, il rapporto con i clienti, fino alla realizzazione dell’intera collezione”. Poi è arrivata per Veronica la maternità: “Il lavoro non era più compatibile con le esigenze del bambino, così l’ho lasciato”. Ma proprio a casa, tra biberon, nanna e pannolino, ha avuto l’idea della startup. “La passione per gli accessori è qualcosa che ho sempre avuto, fin da piccola. E ho notato che le borse sono spesso relegate alle ultime pagine dei magazine di moda e agli ultimi scaffali dei negozi di abbigliamento; sono spesso poco funzionali e, di solito, nere con logo” racconta. Ho pensato così di creare qualcosa che potesse riempire un segmento di mercato non esistente: una borsa sport&travel funzionale e curata in ogni minimo dettaglio, che possa essere usata da chiunque, in ogni occasione, dallo shopping all’ufficio, in palestra e in tutti i viaggi. Una borsa richiudibile, in modo da ridurne l’ingombro fino all’ 80% grazie alla chiusura pocket, ideale quando si compiono viaggi o quando si hanno a disposizione piccoli spazi, un unicum nel settore. Certo, ci sono dei competitor: basta pensare a Decathlon, ma noi puntiamo a vincere sulla concorrenza scegliendo un design accattivante, materiali resistenti e pratici, che rendono la borsa non solo funzionale ma anche resistente. Selezioniamo ogni dettaglio con cura, dalla zip al tessuto”.

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Danver bag

Per realizzare il progetto Veronica segue corsi serali di design e di illustrator per imparare a usare i programmi di grafica. E nel luglio 2015 fonda la startup Danver Bag con il marito Daniele. “Danver è l’acronimo di Daniele e Veronica” spiega.

E quando giungono al momento di trovare i primi finanziamenti non hanno dubbi: scelgono la via del crowdfunding. “Mostrando direttamente il progetto online abbiamo la possibilità che il pubblico partecipi alla campagna ordinando già dei prodotti e quindi dando la possibilità all’azienda di iniziare a produrre” dice. “L’obiettivo della campagna è raggiungere 10mila euro. Sono pochi, ne abbiamo già raccolti 7300 e manca ancora un mese. Ma il nostro obiettivo è raggiungere una grossa cifra, 10mila euro è solo un numero per andare online. A noi interessa soprattutto stabilire contatti con fornitori e produttori interessati alla Danver Bag. E le chiamate stanno già arrivando. Tra l’altro, dallo scorso giugno anche gli italiani possono lanciare i loro progetti online su Kickstarter chiedendo agli utenti un contributo finanziario in cambio di piccole ricompense o simbolici omaggi. Ci sembrava un peccato non approfittarne”.

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E il crowdfunding italiano non avrebbe offerto queste possibilità? “Le nostre piattaforme sono lontane anni luce da Kickstarter, per numeri di contatti, per possibilità offerte ma anche per l’idea che in Italia si ha del crowdfunding: quanta gente va su queste piattaforme con l’idea di finanziare una startup? Insomma, va bene il made in Italy, ma per certe cose è meglio guardare altrove”.

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