Innovazione

Da Roma a Bolzano, come nasce una casa da Nobel

Parla il gruppo che ha realizzato il progetto vincitore al Solar Decathlon, sponsorizzato da un’azienda altoatesina: «Ricercatori e studenti abbiamo vissuto spalla a spalla per un anno e mezzo in un’aula dell’Ex Mattatoio. Ora speriamo di costruire un quartiere sostenibile nella Capitale»

Pubblicato il 22 Lug 2014

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“Questa è anche la vittoria dell’Italia che sa produrre innovazione, creatività e impegno”: a dirlo è Chiara Tonelli, docente dell’Università degli Studi Roma Tre, nel team del progetto Rhome for DenCity, vincitore del Solar Decathlon 2014 di Versailles.

Il gruppo è composto da 50 tra professori, ricercatori e studenti dei dipartimenti di Architettura, Ingegneria e Economia. Sono appena tornati dalla Francia, dove hanno ottenuto l’importante riconoscimento che premia l’architettura sostenibile e le costruzioni “intelligenti” e che quest’anno ha premiato la qualità e lo stile italiano: “Siamo stati selezionati dopo workshop e colloqui ma in modo libero – raccontano ad Economyup – chiunque poteva entrare a far parte della macchina, per tutti era una prova e il valore si dimostrava sul campo. Tutte le figure professionali che si sono aggiunte con il tempo erano inserite nel gruppo in modo pressocché spontaneo. In molti sono passati in aula a Roma anche solo per un pomeriggio per una discussione con il team, ma ognuno di noi ha dato un valore aggiunto”.

Per vincere il “Nobel dell’architettura” gli studenti hanno lasciato indietro qualche esame e rallentato la loro carriera universitaria, ma “ne è valsa proprio la pena, l’abbiamo pensato quando abbiamo visto la casa costruita”. Rhome for Dencity è una casa di 65 metri quadri, un concentrato di smart building pensato per riqualificare le periferie della Capitale: “Quello che il nostro progetto vuole fare è riportare la Grande Bellezza di questi luoghi ridonando dignità al territorio e alla comunità”.

Si parte dalle periferie, da quelle zone della città che si sono costruite in modo spontaneo “slegandosi” dalla dimensione cittadina per trasformarle in un eco-quartiere. Cinquanta giovanissimi ragazzi (la più piccola ha 22 anni e la media è di 25) con un grande obiettivo da raggiungere, nato tra i banchi dell’Università e ora sempre più vicino: “Vogliamo sensibilizzare i cittadini, il nostro progetto è servito anche per creare consapevolezza sui temi della sostenibilità e dei problemi dell’abitare. Il prototipo è stato pretesto per parlare di temi più ‘grandi’. Ci interessa far capire che vivere ‘sostenibili’ non è una cosa per un’elite ma può essere per tutti. Noi vogliamo dare una casa per tutti certo, ma anche una casa energeticamente attenta per tutti”.

Prima ancora di darle forma, i ragazzi hanno dovuto capire cosa volesse dire costruire una casa “sostenibile”: “Per primi noi abbiamo imparato cosa vuol dire diventare cittadini del futuro, ora tocca a noi diventare esempio. Per questo, abbiamo pensato ad un’interfaccia che permetta all’utente di comunicare con la casa. Non in modo automatizzato, ma ‘informatizzato’, perché è l’abitante stesso che deve imparare dai propri errori per assumere nuovi atteggiamenti ‘green’. Bisogna insegnare al cittadino come vivere la propria casa ancor prima di fargli conoscere le nuove tecnologie”.

Ed è certamente una realtà possibile, se si considera che il progetto prevede un costo di costruzione di 1032 euro al metro quadro, con arredi fissi e tecnologie ad alte prestazioni. Il successo di questo progetto, dunque, lo si deve al lavoro intenso, alla passione e alla perseveranza di tutta la squadra: “Abbiamo vissuto spalla a spalla per un anno e mezzo, quasi tutti i giorni in un’aula dell’Ex Mattatoio di Testaccio a Roma, sede del dipartimento di Architettura di Roma Tre”. Alla fine, si è creata una famiglia, “è stata questa la nostra chiave di volta, e lo dimostra il punteggio finale, a 80 centesimi dal secondo. Se uno solo di noi avesse commesso un errore in più avremmo perso questi punti e forse non saremmo saliti sul podio”.

Dopo centinaia di test e simulazioni, Versailles si è trasformata nella prima vera prova del progetto, del primo confronto con la realtà. È questa la soddisfazione maggiore: “Vedere casa Rhome costruita; siamo studenti che fino a due anni fa disegnavano semplicemente i propri progetti e non li avevano mai realizzati. Sporcarsi le mani fino a vedere compiuta la costruzione è stata la nostra prima vittoria”.

Il futuro della casa però è a Bolzano e non a Roma: “Rubner Haus è l’azienda altoatesina main sponsor del progetto, che ci ha fornito la struttura e l’esperienza per costruire la casa. Dopo i vari viaggi che speriamo farà tra fiere ed esposizioni, Rhome si fermerà nel parco casa dell’azienda, sempre pronta ad accogliere i visitatori”.

Il vero obiettivo del team, però, ancora non è raggiunto: “Per Roma noi vogliamo di più, vogliamo costruire il quartiere e le case che abbiamo pensato, per poterle vivere”. Per Chiara Tonelli vincere da italiani al Solar Decathlon è impagabile: “Vuol dire alzare la voce (e la testa) in un Paese dove questo non è sempre semplice. È il premio alla ricerca, spesso penalizzata in Italia. Abbiamo dimostrato che si può fare, che non bisogna mollare”.

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