SCENARIO

Confindustria: Italia in ripresa nel 2015, ma non scende la disoccupazione

Il Centro Studi dell’associazione degli industriali prevede per il prossimo anno anche un lieve calo della pressione fiscale e un aumento dei consumi, ma avverte: “La corruzione frena il Paese”

Pubblicato il 17 Dic 2014

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Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria

Il Paese potrebbe iniziare a uscire dalla recessione a partire dal 2015, ma per il calo della disoccupazione bisognerà attendere il 2016. Si prevede una lieve diminuzione della pressione fiscale e un’altrettanto lieve ripresa dei consumi delle famiglie. Ma attenzione alla corruzione: è un freno allo sviluppo del Paese. È quanto si legge nel rapporto del Centro Studi di Confindustria, ‘Il rebus della ripresa‘, presentato questa mattina a viale dell’ Astronomia.

Secondo l’associazione degli industriali il 2015-2016 si prospetta appunto come “un biennio di graduale recupero per l’Italia”: Confindustria lo delinea così pur “con cautela”, in “contesto enigmatico. Lo scenario economico globale – specifica – si presenta nettamente migliore rispetto a 3 mesi fa. L’incertezza rimane il principale ostacolo”.

Ripresa del Pil – Il Centro studi stima che il Prodotto interno lordo italiano chiuda il 2014 con un calo dello 0,5% e prevede che inizi a risalire nel 2015 con un +0,5% e prosegua nel 2016 con un +1,1%. Il Csc conferma così la stima sul 2015 e indica l’ulteriore aumento nell’anno successivo.

Disoccupazione giù dal 2016 – Il tasso di disoccupazione nel 2015 “rimarrà ancorato sugli alti livelli di fine 2014”, salendo ancora dal 12,7% previsto in media d’anno al 12,9%, “mentre scenderà progressivamente nel 2016, di pari passo con la ripresa dell’occupazione, registrando un 12,6% in media d’anno (12,4% nel quarto trimestre)”. Per il 2014 il tasso di disoccupazione raggiunge il 14,2% “se si considera l’utilizzo massiccio della cig”. Il numero delle persone a cui manca lavoro in Italia, in tutto o in parte, ha raggiunto gli 8,6 milioni la scorsa estate. “Particolarmente grave – si legge nel rapporto – è il fatto che il 43,3% dei giovani (15-24enni) che cercano un impiego non lo trovano”.

Pressione fiscale in calo – La pressione fiscale quest’anno è attesa al 43,5% del Pil, nel 2015 al 43,3%, stesso livello del 2013, e scenderebbe al 43,1% nel 2016. Questi numeri non includono, per una questione contabile, gli effetti della stabilizzazione del bonus di 80 euro prevista dal ddl stabilità. Tenendone conto, la pressione fiscale scenderebbe al 42,8% del Pil nel 2015 e al 42,5% nel 2016.

Consumi in ripartenza – Già da quest’ anno la spesa delle famiglie nel 2014 aumenterà anche se poco (+0,2%), ma l’ incremento accelererà al +0,5% nel 2015 e al +0,8% nel 2016. Nel biennio passato c’è stata una profonda riduzione: -2,8% nel 2013, dopo il -4,0% nel 2012 (-6,7% cumulato nel triennio passato). Dall’ inizio della crisi i consumi delle famiglie sono calati complessivamente dell’8,0%.

Corruzione freno del Paese – La corruzione è “un vero freno per il progresso economico e civile. Se con Mani Pulite l’Italia avesse ridotto la corruzione al livello della Francia (-1 punto), il Pil sarebbe stato nel 2014 di quasi 300 miliardi in più (circa 5mila euro a persona) in questo arco di oltre venti anni.

Evitare recessione – Il Centro studi di Confindustria proietta un andamento del disavanzo pubblico che nel 2015 è in linea con quello programmato dal governo (deficit che scende al 2,7%) ma che nel 2016 se ne discosta perché non include l’entrata in vigore della clausola di salvaguardia inserita in legge di stabilità (12,8 miliardi di incrementi delle imposte indirette, 0,8% del Pil). Quest’ultima, afferma, “farebbe ricadere l’economia in recessione. Evitarla è quindi necessario per stabilizzare il Paese sul ritrovato percorso di crescita”.

Guadagnati 14 miliardi con ribasso petrolio – Il crollo del prezzo del petrolio, diminuito di oltre un terzo nell’arco di alcune settimane, per l’Italia significa “un guadagno di 14 miliardi annui”. E un impatto di +0,3% sul Pil 2015 ed un altro +0,5% nel 2016. Il calo “comporta il trasferimento di oltre mille miliardi di euro di reddito annuale da un ridottissimo numero di produttori, con enormi ricchezze, ad un’ampia platea di consumatori e imprese nei paesi avanzati, con una più alta propensione alla spesa”. (L.M.)

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