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Made in Italy, verso l’etichetta obbligatoria dopo l’ok della Ue al “Made In”

L’europarlamento vota un norma, spinta dall’asse Italia-Francia-Spagna, che impone di specificare il Paese di origine dei prodotti non alimentari. Se approvata dal Consiglio, sarà in vigore in tutta Europa. Antonio Tajani, commissario Ue: “Fondamentale per competitività imprese e tutela consumatori”

Pubblicato il 16 Apr 2014

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È una battaglia importante vinta dal Made in Italy in sede europea, anche se è ancora presto per dire di aver vinto la guerra, ma ci sono ottime prospettive. Ieri il parlamento di Strasburgo ha approvato in sede plenaria, l’ultima prima dell’appuntamento elettorale di maggio, un regolamento che rende obbligatorie le etichette “Made in” per i prodotti non alimentari venduti nel mercato comunitario: in pratica vestiti, automobili, oggetti di design e altre merci no-food dovranno avere la targhetta che specifica la nazione di provenienza del prodotto. Un voto che segna la vittoria del fronte Italia-Spagna-Francia, particolarmente interessate ad avere un’etichetta che certifichi l’origine delle loro merci in particolare nel settore moda, luxury e calzaturiero, e la sconfitta del fronte opposto composto da Paesi del nord e dell’est Europa, tra cui la Germania, che sono in linea di massima importatori e assemblatori di materiali altrui.

A questo punto il regolamento dovrà essere adottato, ormai dopo il voto di maggio, dal Consiglio dell’Unione europea che riunisce i ministri degli Stati membri. Perché sia approvato è necessaria la maggioranza qualificata dei voti, che significa 260 “sì” da parte di almeno 15 Paesi. Se passerà verrà poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ed essendo un regolamento (non una direttiva) entrerà da subito pienamente in vigore senza bisogno di essere ulteriormente recepito dai singoli Stati membri. In questo scenario giocherà certamente un ruolo importante l’Italia, alla quale è affidata la presidenza del prossimo semestre europeo.

È da tempo che in Europa si lavora al “Made In” e la giornata di ieri ha segnato una tappa fondamentale in questo percorso. La maggioranza dei deputati ha detto no all’emendamento che puntava a cancellare l’etichetta obbligatoria dal testo della proposta Tajani-Borg sulla direttiva per la sicurezza dei consumatori. Il testo è stato approvato quindi in prima lettura. “È una delle iniziative più importanti del mio impegno da commissario” ha commenta Antonio Tajani, Commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria. “È un passo fondamentale – ha proseguito – per la competitività delle nostre imprese e la tutela dei consumatori. Ora si tornerà in Consiglio, durante il semestre di presidenza italiana: quindi speriamo di poter confermare questo successo politico, ma soprattutto dell’economia reale, a cui serve incoraggiamento in questi momenti di crisi”.

“Questo è un grande passo in avanti per la trasparenza della catena di fornitura di un prodotto e un bene per i consumatori” ha ribadito la relatrice sulla sicurezza dei prodotti Christel Schaldemose, che ha anche criticato con forza il fatto che gli Stati membri non siano stati in grado di concordare una posizione comune sulla questione, bloccando cosi i negoziati sul regolamento nel suo complesso, a scapito della sicurezza dei consumatori in Europa. La sua relazione è stata adottata con 485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni.

Se il regolamento verrà adottato, l’etichetta “Made in” sarà obbligatoriamente utilizzata per tutti i prodotti venduti nella Ue, con alcune eccezioni come il cibo e i medicinali. Secondo la proposta approvata, i produttori Ue potranno scegliere se mettere sull’etichetta la dicitura “Made in Eu” oppure il nome del loro paese.

Per le merci prodotte in luoghi diversi, il “paese di origine” sarebbe quello in cui il bene ha subito “l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata”, che si sia conclusa con la “fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione” (come definito nel codice doganale Ue).

Sulla necessità di un marchio Made in Italy è da tempo in corso un dibattito nel nostro Paese e sull’argomento si sono pronunciati vari player del settore, dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina a Oscar Farinetti di Eataly fino a Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, ognuno con una specifica proposta.

Contestualmente al regolamento sul Made In, i deputati europei hanno approvato ieri un altro regolamento che punta a una maggiore protezione dei consumatori attraverso il rafforzamento della sorveglianza e dei criteri di sicurezza dei prodotti e hanno chiesto pene più severe per le imprese che non rispettano le norme di sicurezza e vendono prodotti potenzialmente pericolosi.

In particolare l’europarlamento ha proposto che la Commissione elabori una lista nera a livello Ue delle imprese che hanno violato intenzionalmente e ripetutamente le norme di sicurezza dei prodotti. Hanno suggerito, inoltre, la creazione di una banca dati paneuropea delle lesioni legate a un prodotto difettoso o pericoloso.

“Questa legislazione è un passo importante verso una più forte e coordinata sorveglianza pan-europea basata sul rischio. Una migliore sorveglianza significa prodotti più sicuri per i cittadini europei”, ha affermato la relatrice sul regolamento sorveglianza del mercato Sirpa Pietikäinen. La sua relazione è stata adottata con 573 voti a favore, 18 contrari e 52 astensoni.

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