JCube, lo zuccherificio nelle Marche diventato incubatore

Nato a Jesi nel 2012 in un ex stabilimento Eridania, il polo per startup legato al Gruppo Maccaferri raccoglie 15 aziende attive in settori come biotech, energia e food. Da Lifecode, ideatrice del «bracciale salvavita», a Jobmetoo, piattaforma per il lavoro dedicata ai disabili

Pubblicato il 28 Gen 2015

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JCube

Quindici startup incubate, già un milione e mezzo di capitale pubblico e privato raccolto (e sei brevetti registrati), 40 dipendenti al lavoro nei 1000 metri quadri di spazi interni, e in più partnership importanti, dal Premio Marzotto a IAG – Italian Angels for Growth.

JCube nasce a Jesi (Ancona) nel dicembre 2012, con l’idea del Gruppo Eridania Sadam di valorizzare la casa colonica all’interno di un ex zuccherificio Sadam, investire in innovazione e creare il primo incubatore nella regione, nonché il primo in assoluto del centro Italia certificato dal Ministero dello Sviluppo economico.

A giudicare da questi primi numeri, la scommessa di Eridania, e del suo presidente, Massimo Maccaferri, sta pagando. Con la sua collocazione «adriatica», JCube si trova lontano dalle rotte tipiche dell’innovazione in Italia: «La nostra prima sfida», racconta Giuseppe Iacobelli, il direttore generale di JCube, «è stata proprio intercettare e orientare business angel e venture capitalist, presenti tipicamente fuori dalle Marche, verso questo territorio».

L’attenzione c’è stata e i risultati sono arrivati: ora l’incubatore ha accordi con Unipol Ideas, Unicredit Start Lab, Telecom Italia. Ovviamente, in questo scenario, per JCube è centrale la collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, che ha co-fondato JCube insieme a Eridania e al Comune di Jesi: due delle 15 startup sono spin-off dell’ateneo.

‏Ma in che tipo di ambiti opera JCube? Food, farmaceutici, biotech, energia e nano-tecnologie: tra le startup incubate non c’è un filone unico, ma si sentono la vicinanza al Gruppo Maccaferri e l’interesse a far crescere aziende e progetti che possano portare valore aggiunto alla casa madre.

Nel settore food, c’è per esempio Lifecode, un’azienda che fa ricerca sugli integratori alimentari per lo sport, con ottime prospettive di sviluppo (anche internazionali) grazie al suo «bracciale salvavita» per sportivi e viaggiatori, con tutta la storia clinica a portata di Usb.

L’ambito di ricerca di Yesifood invece sono i prodotti da forno senza glutine, con la prospettiva di operare in un mercato che entro il 2016 supererà globalmente i 16 miliardi di dollari di valore.

La più vicina alla storia di Eridania invece Bio-Erg, finalista al premio BioItaly di Banca Intesa, che si occupa di produrre e commercializzare ingredienti e additivi per l’industria alimentare, con particolare focus sul destrano.

‏Le energie rinnovabili sono un altro degli ambiti di investimento forti del Gruppo Maccaferri e da JCube potrebbero arrivare interessanti novità da startup come GreenTech, spin-off dell’Università, che produce strumenti utili per chi gestisce prodotti farmaceutici o vaccini, per chi lavora in territori non urbanizzati o per gli interventi umanitari. Si tratta di sistemi di conversione, gestione e accumulo dell’energia elettrica, termica e frigorifera, per averla a disposizione anche quando per circostanze esterne è assente.

Per il biotech tra le altre è incubata in JCube un’impresa chiamata Omica, che produce una sorta di software biologico, BioProteus, che può simulare il comportamento di modelli biologici. Applicazioni possibili: nel farmaceutico, nell’agro-alimentare e dei servizi sanitari.

‏Infine, uno dei casi di maggior successo di questi due anni di JCube: Jobmetoo, una piattaforma digitale per far incontrare domanda e offerta di lavoro per le categorie protette. Il target di Jobmetoo sono le 700mila persone nelle liste del collocamento mirato in attesa di una chiamata. 
A fondarla Daniele Regolo, imprenditore non udente, con quindici anni di esperienza e tentativi, mai facili, di far dialogare il mercato del lavoro e i disabili alla pari.

Per questo è nata Jobmetoo, con una raccolta di fondi, grazie al lavoro di 360 Capital Partners, di 500 mila euro, dedicati soprattutto a sviluppare il sito, con strumenti di accessibilità all’avanguardia, compresi quelli open source del Farfalla Project, sviluppati all’Università Bicocca, per permettere la fruizione a chi ha difficoltà di movimento, di comunicazione e di lettura.

GUARDA L’INTERVISTA A MASSIMO MACCAFERRI SU ECONOMYUPTV

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