LA BUONA ECONOMIA

Proraso, l’azienda che cresce facendo la barba “all’italiana”

L’impresa toscana ha incrementato le sue vendite anche in tempi di crisi intercettando la riscoperta sociale dei barbieri e la carica di made in Italy nel rito della rasatura. La mossa di coinvolgere figure manageriali ha portato, dal 1994 a oggi, a un aumento dei ricavi di quasi 2 milioni di euro all’anno

Pubblicato il 14 Mar 2014

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“Ce lo vedete un tedesco

Giovanni Galeotti, ad di Proraso

che si fa la barba al mattino con la ciotola e il pennello al suono della radio? Vivere la rasatura come un piacere è un rito tutto italiano: fa parte di quelle cose che gli stranieri adorano del nostro stile di vita”. Se è vero che chi vive all’estero vorrebbe replicare nel proprio Paese il gusto degli italiani nel mangiare e nel vestirsi, per Giovanni Galeotti, amministratore delegato di Proraso, lo stesso discorso può essere applicato anche al farsi la barba. “Sono stati i nostri nonni ad esportare, ai tempi dell’emigrazione, il mestiere del barbiere: è una delle tradizioni che ha avuto più successo, tanto che tuttora siamo i più famosi al mondo in questa professionalità, insieme a cinesi e indiani”.

Aver capito quanto fosse stretto il legame tra rasatura, artigianalità e made in Italy è stato l’elemento chiave che ha permesso alla Ludovico Martelli, l’azienda toscana ideatrice del marchio Proraso, di resistere alla crisi e di continuare a crescere a livello internazionale. L’impresa, che ha sede a Fiesole (Firenze) e dà lavoro a circa 80 persone, ha chiuso il 2013 con un fatturato di 39 milioni di euro, in crescita del 5% rispetto al 2012. Durante i periodi più duri della recessione, le difficoltà non sono mancate. “Tutto il settore ha reagito al calo dei consumi con una politica molto aggressiva sui prezzi che ha ridotto i margini di molte aziende”, ci spiega l’ad. Ma anche in piena Grande Crisi, la Ludovico Martelli è riuscita ad aumentare i propri ricavi del 3-4% in media all’anno e a mantenere una buona presenza sui mercati internazionali (dall’export arriva l’8% dei ricavi dell’azienda), e in particolare su quelli dove ci sono le comunità più nutrite di italiani (Usa, Canada, Germania, Australia).

Ciò che ha reso più incisive le strategie dell’azienda è stata proprio la riscoperta, a livello sociale, del radersi dal barbiere. “Le generazioni che hanno tra i venti e i trent’anni stanno ricavalcando questa vecchia abitudine, che ora sta risorgendo ma in modo diverso: nascono botteghe che sono veri e propri gioielli di design, piene di quadri e di oggetti vintage, sia nelle metropoli come New York, Londra e Parigi che nelle città più piccole come quelle italiane. I giovani stanno capendo quanto sia importante come opportunità di auto impiego”, dice Galeotti. E dato che Proraso è un marchio storicamente apprezzato per l’uso professionale, la Ludovico Martelli ne ha beneficiato in termini di vendite. In più, l’azienda ha anche promosso a Milano, nel barber shop “BullFrog”, l’Accademia della rasatura, un corso di formazione dove gli iscritti imparano a fare la barba a livello professionale e apprendono i metodi per aprire una bottega al passo con i tempi dal punto di vista dei servizi e del marketing.

Per sfruttare efficacemente questo ritorno al passato, l’impresa ha investito molto in due direzioni: la forma e l’innovazione.
“Da una parte abbiamo fatto in modo di realizzare prodotti dall’aspetto estetico accattivante e abbiamo lanciato campagne di comunicazione in grado di trasmettere i valori che ci sono dietro alle nostre produzioni”, racconta l’amministratore delegato. “Dall’altra abbiamo lavorato sull’innovazione, che nel nostro caso corrisponde paradossalmente a rifiutarla, ovvero a puntare su processi di produzione antichi, seppur in chiave moderna, in grado di migliorare la qualità dei prodotti”. Nello specifico, il riferimento è alla saponificazione a caldo e alla stagionatura del sapone. Proraso ha investito per rendere sostenibili e veloci due processi che invece tradizionalmente comportavano tempi lunghi e costi alti. “Stagionando il prodotto, si elimina l’acqua: è così che la schiuma diventa ricca”, fa notare Galeotti.

Lo stesso approccio – puntare a una nicchia di mercato con prodotti di alta qualità ma comunque accessibili in termini di prezzo – è stato seguito per un’altra produzione dell’azienda: la linea di dentifrici Marvis, caratterizzati da aromi intensi e packaging vintage. “Se si escludono Cina e Giappone, dove abbiamo incontrato problemi con la registrazione, li vendiamo in pressoché tutti i Paesi del mondo”, afferma il leader della società.

Innovare, per la Ludovico Martelli, non è significato solo valorizzare la tradizione ma anche cambiare l’assetto gestionale al momento opportuno, includendo professionalità manageriali. “Il titolare dell’azienda, Ludovico Martelli, omonimo del nonno che l’ha fondata nel 1908, ha avuto la lungimiranza di farsi affiancare da persone che venivano da esperienze diverse e fossero pronte a entrare nel capitale della società. Quando sono arrivato, nel 1994, l’impresa fatturava in lire l’equivalente di 4-5 milioni di euro. Adesso, siamo intorno ai 40 milioni”, fa notare l’ad, che ha il compito di “traghettare” la Ludovico Martelli alle due eredi più giovani, Laura e Stefania, attualmente già inserite nel management. Il passaggio generazionale sta quindi avvenendo in modo originale, mixando componenti della famiglia e professionisti dall’esterno. È passata l’idea, non comune a tante Pmi italiane, che una compagnia non debba essere governata esclusivamente dai suoi proprietari.

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