Startup & Smart city

Arriva Junker, l’app che aiuta a fare la differenziata

Il Tetrapak va nella carta? E il dentifricio è plastica o alluminio? A questi e altri dubbi risponde un’applicazione che riconosce con un clic da smartphone cosa stiamo gettando. L’ha inventata una donna ingegnere informatico ed già operativa, nonostante sia partita senza finanziamenti

Pubblicato il 01 Giu 2015

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Il team di Junker. Da sinistra: Giacomo Farneti, Massimo Marzocchi, Todor Sergueev Petkov, Benedetta De Santis

Toccava a lei fare la raccolta differenziata in casa, con tutti i problemi che questo comporta (il dentifricio è plastica o alluminio? I pannolini del bimbo vanno nella carta?), ma lei non era una qualsiasi, bensì un ingegnere informatico esperta di firma digitale e smart card. Così è nata Junker, l’app che riconosce con un solo clic dalla telecamera dello smartphone quello che stiamo gettando e ci dice come fare in base alla normativa del luogo in cui viviamo. Lei è Benedetta De Santis, 38 anni, originaria di Roma e residente a Bologna, e ha fondato a gennaio 2014 insieme con Giacomo Farneti, 34 anni, originario di Cesena e suo collega all’Università Alma Mater di Bologna, questa startup innovativa che promette di portare una piccola-grande rivoluzione nel mondo della raccolta differenziata dei rifiuti. Non a caso è risultata tra le 12 selezionate tra un centinaio di candidature giunte a FORUM PA Call4ideas 2015 – Startup e Startupper per la PA digitale, iniziativa promossa da FORUM PA in collaborazione con Camera di Commercio di Roma ePoliHub, l’incubatore del Politecnico di Milano. Il 26 maggio Junker ha così avuto modo di presentarsi al pubblico della più grande manifestazione italiana incentrata sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Il dispositivo dovrebbe rivelarsi utile per sciogliere i tanti dubbi che circondano il momento in cui si separano i rifiuti e, naturalmente, per evitare le multe derivanti dagli errori, ma anche per informare i cittadini su tutto ciò che riguarda la raccolta della spazzatura nel loro Comune o territorio.

Il meccanismo è semplice: è sufficiente scaricare la app e avvicinare lo smartphone al prodotto o all’imballaggio per scansionarne il codice a barre. Junker lo riconosce grazie a un database interno di oltre 800mila prodotti, ne indica le materie prime e i bidoni a cui è destinato.

L’idea è venuta nel 2013 alla De Santis, che all’epoca lavorava per Unimatica, società impegnata nelle applicazioni di firma digitale, archiviazione e conservazione a norma dei documenti digitali e di sistemi di pagamento. Ci lavora tutt’ora, anche se sta pensando di lasciare l’impiego per dedicarsi completamente a Junker.

A novembre di due anni fa lei e Farneti hanno vinto il Premio Innovami Start-up, riservato alle migliori imprese o progetti di impresa ad elevato contenuto innovativo interessate a localizzarsi nell’incubatore Innovami di Imola. Così è stato: oltre ai 6mila euro del premio in denaro, Junker ha avuto modo di essere incubata, usufruendo dei servizi connessi. Sulla startup, costituita a gennaio 2014, aveva già messo l’occhio Hera, l’agenzia ambientale dell’Emilia Romagna che serve 3,5 milioni di cittadini. Hera ha subito creduto in Junker e l’ha inserita all’interno della sua piattaforma di servizi alla popolazione della Regione. In particolare l’applicazione è stata ‘incorporata’ in Rifiutologo, un’app che Hera mette a disposizione dal 2012, dove è possibile inserire il nome di un rifiuto e ottenere risposta in merito alla sua collocazione nei bidoni.

Intanto in questi anni i giovani informatici hanno accumulato codici a barre su codici a barre per inserirli nel loro database. “È stato un lavoro fatto nelle sere e nei fine settimana perché di giorno i ragazzi del team avevano un’altra occupazione” dice a EconomyUp Noemi De Santis, Marketing & Communication Manager nonché sorella dell’attuale Ceo della startup. “In un anno – prosegue Noemi – sono stati raccolti codici a barre della maggior parte dei prodotti presenti nei nostri supermarket”. Il database interno è di circa 800mila prodotti. Una cifra rilevante se si pensa che un supermarket medio ne ha sui propri scaffali 10-15 mila e un ipermercato arriva a 40mila.

Poi gli informatici si sono accorti che il codice a barre non era sufficiente, dal momento che alcuni imballaggi non ne hanno, e hanno elaborato un software che rende possibile alla telecamera il riconoscimento dei simboli chimici stampati sui prodotti. “Una funzione che non svolge nessun altro dispositivo a livello consumer, semmai solo a livello industriale” sostiene Noemi De Santis.

L’altra carta vincente di Junker è l’utilizzo del crowdsourcing: sono gli utenti stessi a segnalare quando il prodotto che hanno tentato di scansionare non viene riconosciuto. Lo fotografano, inviano la segnalazione al team di Junker e questo lo scompone e poi segnala loro in quale cassonetto deve essere gettato quel tipo di rifiuto. Succede per esempio nel caso di prodotti regionali. Così il database viene aggiornato quotidianamente anche grazie al contributo degli utenti.

L’app, che al momento è utilizzata da oltre 6500 persone in tutta Italia, è gratis per gli utenti, mentre le aziende ambientali e i Comuni possono abbonarsi con un canone fisso per comunicare ai propri cittadini molte altre informazioni: ubicazione dei punti di raccolta, percorsi, calendario del porta a porta, indicazione per i rifiuti speciali, segnalazione degrado ecc. ecc.

Una delle particolarità di Junker è che è nata praticamente senza investimento iniziale. Il tempo speso dal gruppo per lavorare sulla app è stato quantificato in linea del tutto teorica in almeno 80mila euro, ma finanziamenti finora non se ne sono visti. Però già ci sono i contratti. Il Comune di Guidonia ha avviato la pratica per l’abbonamento al servizio. Con Junker si sono incontrati sul Mepa, la piattaforma Consip per gli acquisti della PA. “Ci abbiamo messo due mesi per registrarci, è stata un’impresa, ma alla fine ce l’abbiamo fatta e ha funzionato” rievoca Noemi. Con Hera sono in fase di trattativa per il rinnovo del servizio. Ed è già stato stabilito un contatto con Ama, la municipalizzata di Roma.

Dal prossimo settembre i componenti del team contano di fare il grande salto, lasciare il posto fisso e dedicarsi completamente alla propria creatura. E allora sì che ci sarà bisogno di capitali.

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