Investimenti

Serve una “privatizzazione” del venture capital italiano

Il 2013 per i capitali di rischio è stato un anno importante negli Stati Uniti. Ma l’Europa è ancora molto distante. Forse perché ancora molti fondi sono sovvenzionati da sottoscrittori pubblici o semipubblici. Come succede anche da noi

Pubblicato il 20 Feb 2014

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Pierluigi Paracchi, founder and Ceo Medixea Capital, Investor and Board Member at EOS

Il 2013 è stato anno leggendario per il settore del venture capital (VC). Il settore si misura in un solo modo: a suon di exit. Vale a dire con le vendite delle società in cui ha investito il VC. Ciò avviene con due modalità: tramite operazioni di M&A, Merger and Acquisition; tramite quotazioni in borsa, le cosiddette IPO – Initial Public Offering.

Il dato: i top 25 VC della Silicon Valley sommati ai primi 10 Corporate VC (le divisioni di venture capital delle grandi aziende) hanno realizzato, tra IPO e M&A, ben 91 miliardi di dollari di valore nel solo 2013.

L’Italia questa volta ha partecipato al grande boom: le start-up biotech EOS, dove ho investito, e Intercept, finanziata da Genextra, hanno fatto segnare sul pallottoliere qualche miliardino di valore complessivo. Un’altra biotech, Advanced Accelerator Applications, è sulla buona strada.

Purtroppo però non è facile ricostruire il dato aggregato per l’Europa e forse già questo è un dato… Il problema è ancora quello ben riassunto dalla battuta di Henry Kissinger degli anni ’70: “Who do I call if I want to call Europe?”. Comunque tutta l’EU non ha raggiunto un valore comparabile ai soli 35 fondi US citati. Ciò a sottolineare la distanza tra le due regioni dove, per la Silicon Valley, il modello è a trazione di capitali privati mentre per l’Europa, il modello è a trazione di denari pubblici.

Che sia questo il problema? Forse i dollari privati sono meglio degli euro pubblici? Non tutti sanno che molti fondi di VC europei e italiani sono sovvenzionati da sottoscrittori pubblici o semi-pubblici: su tutti il EIF – European Investment Fund e la sua declinazione italiana (con alcune differenze) FII – Fondo Italiano Investimenti.

Forse per spiegare la sottoperformance basterebbe la dichiarazione dell’ormai ex Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni che a MF – Milano Finanza candidamente ha detto: “La presenza dello Stato nella compagine azionaria di alcuni operatori economici (cfr. FII) ha senso in quanto permette al governo di attivare una leva finanziaria aggiuntiva per sostenere l’economia reale”.

Dobbiamo ricordare all’ex Ministro quanto il World Economic Forum già nel 2010 riportava nei suoi studi – “Globalization of Alternative Investments”: i fondi di VC che riportano performance peggiori sono quelli dove il settore pubblico partecipa come azionista al capitale del veicolo di gestione e apporta denari nel fondo; le migliori performance arrivano da fondi con gestori privati e sottoscrittori privati.

Insomma, se vogliamo che si accorci la distanza con la Valley è bene procedere alla “privatizzazione” del venture capital italiano (seguiranno alcune proposte in vista di un nuovo governo).

* Pierluigi Paracchi @pigiparacchi è CEO Medixea Capital

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