IL CASO

La fine di EneaTech e la sindrome del Ponte di Messina

Un articolo del Decreto Ristori Bis dice che Enea Tech diventerà Enea Biomedical Tech. Dopo appena un anno viene cambiata la missione di uno dei pilastri di sostegno delle startup e delle PMI innovative. Un continuo ripartire che non rassicura perché non porta risultati. Come l’opera di cui si parla da decenni…

Pubblicato il 28 Mag 2021

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Hanno talmente preso sul serio l’innovazione che cambiano tutto dopo neanche un anno. Istituita nel maggio 2020, operativa da novembre, Enea Tech non c’è più: dal Decreto Rilancio al Decreto Sostegni bis è stata trasformata in Enea Biomedical Tech. Online c’è già un nuovo sito in progress che rimanda alla Gazzetta Ufficiale del 25.5.2021. Evidentemente le fondamenta della Fondazione istituita per investire sul trasferimento tecnologico, sulle startup e sulle PMI innovative non hanno retto ai moti ondulatori della politica. E ancora una volta emerge l’assenza di un’idea chiara e un presidio deciso sul tema startup.

Da Enea Tech a Enea Biomedical Tech: che cosa è accaduto?

Che cosa è accaduto? “Molti sono i quesiti e i punti non chiari di questa variazione legislativa ma la certezza è che penalizza e blocca le numerosissime domande – oltre 1000 – presentate negli ultimi sei mesi dopo le diverse call for startup lanciate dalla Fondazione”, denuncia il presidente di InnovUp Angelo Coletta.

Certamente non può essere stata fatta una valutazione sull’operato di Enea Tech: i 500 milioni di dotazione sono rimasti lì. E forse questo è un possibile movente di una mossa opaca, per come non è stata comunicata e per la modalità in cui è stata fatta: la famigerata manina che si infila nei decreti all’insaputa di tutti (?) per risolvere equilibri politici che viaggiano sotto traccia.

EneaTech aveva generato grandi aspettative nell’ecosistema italiano dell’innovazione e delle startup. Con il Fondo Nazionale Innovazione (nome comune per Cassa Depositi e Prestiti Venture Capital) avrebbe dovuto dare quella spinta finanziaria che finora è mancata per recuperare il ritardo dell’Italia nei confronti di altri Paesi europei: nel 2021 la Francia è diventata il campione continentale con 5,4 miliardi di euro di investimenti. Quasi dieci volte più che in Italia.

In particolare Enea Tech avrebbe dovuto favorire e sostenere il trasferimento tecnologico, quindi la capacità di trasformare in impresa innovativa i risultati della ricerca, e gli investimenti nel deep tech, nelle startup che sviluppano tecnologie strategiche per il Paese. Non a caso il direttore Salvo Mizzi nel definire il piano di azione si è ispirato alla Darpa americana, che nel 2020 ha avuto un budget di 3.500 miliardi di dollari. Ma ha 63 anni la Defense Advanced Research Projects Agency da cui è venuta fuori anche Internet, mentre a EneaTech non è stato dato neanche il tempo di mettersi in piedi.

Enea Biotech, la sindrome del Ponte di Messina

Se c’è una cosa che preoccupa nella vicenda di EneaTech, al di là di inevitabili antipatie e simpatie, dubbi e perplessità, è proprio la sindrome del Ponte di Messina: la lunga stagione degli annunci, la posa della prima pietra in clima natalizio e poi, 11 anni dopo, ancora nulla ma solo polemiche, qualche nomina, gli immancabili ricorsi al TAR e tanti soldi pubblici bruciati. Sembrava, nel 2020, che si fosse trovato uno schema e le risorse per fare quel che si auspicava e prometteva da tempo : innaffiare e far crescere la nostra piccola foresta nazionale dell’innovazione. E invece adesso sembra che sia destinata a ripartire la giostra delle buone intenzioni, dei progetti, delle manovre e delle nomine. E dobbiamo dire sembra perché nessuno ha finora detto che cosa è stato sbagliato (cosa umana e lecita) o quale strategia guida il cambiamento di rotta.

Dall’articolo 31 del Decreto Sostegni bis si intuisce che una delle motivazioni per la “riscrittura” di EneaTech potrebbe essere stata la necessità di trovare risorse finanziarie per sviluppare un vaccino nazionale dopo il pasticcio di Reithera, altro sintomo delle patologie burocratiche del Sistema Italia. Una coperta corta, quindi, che viene tirata da una parte o dall’altra secondo chi in quel momento ha freddo o ha la forza per poterla tirare dalla sua parte. È un dato di fatto che quando è stata istituita Eneatech in via Veneto, al Ministero dello Sviluppo Economico, sedeva il triestino Stefano Patuanelli (Cinque Stelle) e oggi invece il brianzolo Giancarlo Giorgietti (Lega).

Il Governo Draghi e il presidio sulle startup

Dopo la vicenda della costituzione online delle startup, gratis e senza notaio, questo nuovo colpo di mano su un tesoro di mezzo miliardo autorizza qualche dubbio sull’attenzione del Governo Draghi verso il mondo dell’innovazione. Certamente in questo momento ci sono altre urgenze e priorità, ma queste non giustificano l’assenza totale di un presidio sulle startup: nessuna delega è stata data a un sottosegretario in un Ministero in cui neanche molto tempo fa c’era addirittura una struttura dedicata con dirigenti attenti e qualificati.

Nel prossimo mese capiremo di più sulla nuova missione di Enea Biomedica Tech: arriveranno le nomine dei vertici e il regolamento. È già deciso che 200 milioni andranno per vaccini, dispositivi e altro (anche per le mascherine e i disinfettanti nazionali?), ne restano quindi 300 per le startup. Meno di prima, ma è pur sempre qualcosa. Giustamente il presidente di Innovup si preoccupa che “le trattative in via di finalizzazione associate alle call in corso” non restino un’incompiuta. E spera che gli altri ambiti diverse dal Biomedical non passino in secondo piano.

Questa settimana sono cambiati i vertici di Cassa Depositi e Prestiti con l’arrivo di Dario Scannapieco al posto di Fabrizio Palermo, che potrebbe trovare ricovero presso Invitalia. È normale che quando cambia la guida, si riveda la squadra. Ma è una iattura quando ogni volta si ricomincia da capo. Un Paese senza una strategia chiara che permetta di fare scelte convinte per perseguire i suoi obiettivi non può andare lontano. Ed è ancora più preoccupante che questa incertezza emerga ancora una volta in un momento in cui rischiamo di avere risorse abbondanti ma non la lucidità per compiere scelte decisive per il prossimo decennio in un settore  come quello dell’innovazione dove si lavora per il futuro.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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