Zalando, un gigante europeo in mano a trentenni

Incontro con Giuseppe Tamola, 29 anni, country manager Italia e Spagna della compagnia che fattura oltre 2 miliardi. La sua storia dalla Bocconi a Berlino, dove guida un team multinazionale di 60 persone. Yoox-Net a porter? «C’è da creare la torta, più che spartirla».

Pubblicato il 07 Apr 2015

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Giuseppe Tamola, country manager Italia e Spagna di Zalando

«Nei prossimi anni c’è da creare la torta più che spartirla». L’immagine è di Giuseppe Tamola, 29 anni, country manager Italia di Zalando, uno dei pochi giganti digitali europei. Lo incontriamo pochi giorni dopo l’annuncio della fusione Yoox-Net a porter. Non è per nulla preoccupato dalla nascita di un nuovo player continentale e neanche dall’arrivo dei colossi americani.
Lasciate le rive del lago di Como, dove è nato, a 29 anni Tamola guida da Berlino le attività in Italia e in Spagna, uno dei sette “cluster” in cui è organizzata la compagni, che fattura oltre 2 miliardi. La sua è la classica vita da expatriate, diviso fra l’headquarter, Madrid, Milano con qualche deviazione su Francoforte dove ha la fidanzata. «Per alcuni brand come Nike o Adidas siamo ormai il maggiore rivenditore per l’Europa occidentale», dice con orgoglio. Ma subito aggiunge: «Siamo piccoli però, se si pensa che il mercato potenziale è di 420 billions». Quindi c’è un enorme spazio di crescita, per tutti.

«Storicamente Zalando, che vende in 15 Paesi, è forte nell’area DECH, Germania, Svizzera e Austria, perché siamo partiti da lì», racconta. «In Italia siamo dal 2011 e in Spagna dal 2012. E c’è ancora molto da fare. Basti pensare che solo i Italia il mercato potenziale è fra i 40 e i 50 billion». Lui ci sta lavorando con team di circa 60 persone per marketing e operations più un customer care interno di 120 persone. «Vogliamo essere la Ferrari del caring, la relazione con i clienti è fondamentale». Un team multinazionale, “la popolazione spagnola e italiana a Berlino è enorme…”, dove a volte si fa fatica a capire quale lingua parlare anche se quella ufficiale è ovviamente l’inglese.

Zalando per il momento segue tutti i mercati con quattro magazzini in Germania, ma non sono esclusi nel futuro prossimo altri magazzini satellite. Il fatturato è diviso a metà fra calazature e abbigliamento: non vengono forniti dati disaggregati per Paese. L’unica informazione che Tamola concede è che in Italia la percentuale di clienti uomini è più alta che negli altri Paesi. «Basta vedere come vanno in giro vestiti altrove», commenta.

Ma come è arrivato lui a Berlino? «Dopo la Bocconi, ho fatto un master in Germania alla WHU e poi la business school in Copenaghen. Quindi ho cominciato a lavorare in Danimarca, alla Lenovo, e sono poi tornato in Italia in una società di consulenza». La Germania si ripropone per caso. «Un giorno in piazza Duomo ho incontrato Philip, un mio collega del master. Io ero in giacca e cravatta e lui in sandali e t-shirt. Mi dice: vado in Brasile e poi entro in una startp. Due mesi dopo mi convoca a Berlino e vengo subito ingaggiato. Era l’inizio del 2011. Mi occupavo con lui della parte “fisica” del business. Poi ho cominciato a seguire l’Italia, quindi la Spagna». Tamola non è un’eccezione. «In Zalando lavorano circa 7mila persone, di cui 700 sviluppatori. L’età media è 29/30 anni, anche se stiamo invecchiando velocemente», dice ridendo. «Siamo nella fase di acquisizione di competenze, perché la compagnia è cresciuta e ci saranno importanti investimenti, soprattutto sul fronte tecnologico».

L’obiettivo sarà arrivare a una personalizzazione del sito, acquisto dopo acquisto. Al momento Zalando compra, dai brand, e rivende. Ma presto potrebbe arricchire i servizi: per esempio, si sta valutando il lancio di pickup point, punti di ritiro della merce, anche in Italia. «La grande sfida è superare la complessità e la frammentazione dei mercati», spiega. «In Europa ci sono tante lingue, 22 metodi diversi di pagamento, dazi doganali e norme fiscali diverse. Ecco perché molti operatori americani falliscono: sono abituati ad altro genere di mercato». Certo, ma Yoox-Net a porter non arrivano da Oltreoceano. «Stiamo giocando due partite diverse, per tipo di prodotto e per target», conclude Tamola. «E poi c’è spazio per tutti. Più player ci sono e più il cliente si abitua agli acquisti on line. E la torta cresce…».

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