Presidente Renzi, in Silicon Valley respiri l’aria di follia e ottimismo

C’è un modo per portare i talenti italiani in Google? Cosa si può imparare dal successo di Paesi come India e Irlanda? Se il premier tornerà in Italia con queste domande sarà un successo, dice Loris Degioanni che vive nella baia da 10 anni e lì ha venduto la sua startup. «Il presidente deve ispirare e farsi ispirare»

Pubblicato il 18 Set 2014

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L’Italia in Silicon Valley. O meglio Renzi a rappresentarla e a presentare il programma annunciato a settembre che condurrebbe l’Italia tra i leader mondiali attraverso la rivoluzione digitale. Domanica e lunedì il premier incontrerà alcuni grandi nomi dell’ambiente hi tech di San Francisco e dintorni (abbiamo annunciato le prime notizie sul programma qui: “Renzi in Silicon Valley il 21 e 22 settembre“).

Ma cosa pensano gli imprenditori italiani in Silicon Valley della visita? L’abbiamo chiesto a Loris Degioanni, founder ed ex amministratore delegato di Cace Technologies, startup digitale acquisita due anni fa per 10 milioni di dollari da un colosso americano del settore.

Degioanni, la visita in Silicon Valley di Renzi è utile?
Senza dubbio.

A cosa serve?
Il risultato ideale della visita è duplice: farsi ispirare e ispirare.

Cosa dovrebbe visitare e cosa no?
Ci sono innumerevoli cose interessanti. Se fossi io a organizzare il tour, partirei dalla visita a una selezione di piccole startup, alcune magari italiane (a differenza di quando sono arrivato nel 2004, ora ce ne sono un buon numero). O da uno dei mille spazi di lavoro condiviso, i coworking space, dove le aziende iniziano il loro percorso imprenditoriale. L’obiettivo sarebbe far respirare al premier l’aria di creatività, “follia” e ottimismo: gli elementi che rappresentano la benzina di quel motore economico che è la baia di San Francisco. E fargli capire quanto questi dipendano dall’attitudine di chi ti circonda. Se tutti sono ottimisti, diventi ottimista anche tu.

Solo realtà italiane quindi?
No, poi passerei a visitare aziende che ce la stanno facendo, quelle che sono arrivate a fatturare decine di milioni e ad avere centinaia di dipendenti, magari nel giro di pochi anni. Per correre forte è certamente importante la benzina, ma ci vuole anche un buon motore: management con esperienza, infrastrutture, capitali. Senza, è difficilissimo far scalare un’azienda in settori competitivi come il digitale. Qui ci vedo una lezione difficile per il primo ministro: lato “benzina” stiamo facendo passi avanti in Italia, anche grazie all’aiuto legislativo di cose come il decreto sulle startup innovative. Il motore, d’altro canto, è molto più complesso da creare, ed è importante esserne consci per evitare facili illusioni.
 Infine, opterei per la visita a mostri come Google, Apple o Facebook. Queste aziende sono una componente fondamentale dell’ecosistema dell’innovazione. Acquisendo aziende di dimensioni più piccole, creano un mercato che stimola investimenti, crescita e innovazione. Non penso che in Italia si possa ambire per il momento a creare aziende di tale scala, ma è importante tentare di diventarne interlocutori.

Che cosa dovrebbe riportare in Italia?
Si parlava del diventare interlocutori di aziende come Google. Uno dei mantra della Silicon Valley è: la maniera più efficace per creare valore è partire dai pain point, problemi insoluti che creano “sofferenza” e per la cui soluzione qualcuno è disposto a pagare. Da umile imprenditore, consiglierei a Renzi di focalizzarsi su aree che sono chiaramente pain point per la Silicon Valley.

Per esempio?
Ce ne sono molti: uno è l’accesso al talento. Qualunque azienda nella baia di San Francisco, piccola o grande, è strozzata dalla carenza di personale qualificato, in particolare ingegneri e programmatori, e dai salari astronomici che tale personale richiede. D’altro canto, nel mio piccolo, ricevo quotidianamente cv da ragazzi italiani. Sono bravi, motivati e preparati. Sono tanti, e sovente faticano a trovare in Italia lavori che li valorizzino. “Ci sono spazi per rimuovere barriere che impediscono a una Google di sfruttare il talento che c’è in Italia? Si può imparare dal successo di altri Paesi come India e Irlanda? Si può far ancora meglio?”: se Renzi tornasse a casa con domande come queste, la sua visita sarebbe un successo.

Niente da tralasciare quindi del modello Silicon Valley?
Le cose negative non vanno tralasciate. Anzi, devono essere osservate con attenzione. Il modello di sviluppo americano non è privo di contrasti e la Silicon Valley non fa eccezione. Per esempio ho letto che la Silicon Valley è uno dei posti con la maggiore disuguaglianza ricchi-poveri al mondo. Successo e ricchezza coesistono con uno stile di vita che sovente è alienante e poco sano. Anche perchè, per sua natura, questo posto attrae persone ambiziose e egocentriche con stili di vita estremi. Forse si può trovare un compromesso fra l’immobilismo italiano e gli eccessi di questi posti? Il presidente del Consiglio è di sicuro più qualificato di me a rispondere a questa domanda.

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