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Alibaba 20 anni dopo: come funziona l’ecosistema del retail che si è quotato a Hong Kong

Il 26 novembre la cinese Alibaba, ecommerce che ora spazia dai pagamenti alla sanità, ha debuttato con successo a Hong Kong dopo l’IPO-record del 2014 a Wall Street. Le azioni, collocate a 176 dollari, hanno chiuso a 187,60 dollari. Raccolti circa 10 miliardi di euro. Ecco come è cresciuto il gruppo

Pubblicato il 26 Nov 2019

alibaba

Debutto positivo per il collocamento di Alibaba alla Borsa di Hong Kong. Nel primo giorno di contrattazioni, il 26 novembre 2019, le azioni, collocate a 176 dollari, hanno chiuso a 187,60 dollari. Si tratta della più grande IPO (Initial Public Offering) realizzata sul listino asiatico dal 2010.

Il colosso cinese dell’ecommerce (e non solo) ha raccolto circa 10 miliardi di euro con lo sbarco a Hong Kong. Già nel 2014 la società aveva realizzato a Wall Street la più grande operazione di sempre, con una raccolta di circa 25 miliardi di dollari.

Alibaba: come è nato e che cosa fa l’ecosistema del retail

Il gruppo cinese Alibaba, fondato nel 1999 e con un fatturato di 40 miliardi di dollari nel 2018, è ormai diventato un ecosistema di attività e servizi per tutta la catena del retail. È stato creato da Jack Ma, nato a Hangzhou nel 1964 durante la rivoluzione culturale cinese (vero nome  Ma Yun 马云, poi trasformato in Jack Ma per lavorare con gli occidentali). Dopo esperienze come guida turistica, nel 1995, a 31 anni, Jack Ma viene chiamato come interprete per una delegazione commerciale diretta a Seattle e lì ha modo di conoscere Internet, ancora agli albori: una vera folgorazione. Si connette al web, prova a cercare “birra”: si accorge che tra i risultati non c’è alcuna birra cinese. Nasce l’idea delle English Yellow Pages, che sarà un fallimento. Intanto lavora per il ministero del Commercio costruendo pagine web. Dopo una serie di insuccessi nel 1999 lancia una nuova impresa con 18 collaboratori in un piccolo appartamento di Hangzhou. Dispone solo di 60mila dollari forniti dai soci. Nasce così Alibaba, il primo mercato online per le imprese made in Cina.

All’inizio Alibaba era una semplice piattaforma per piccole e medie imprese. Ora è diventato un complesso ecosistema finanziario di utenti, commercianti, aziende e fornitori di servizi: dai pagamenti online alla distribuzione delle merci, dalla musica al settore sanitario, dalla lotteria allo sport. Come scrive il Team Data Journalism di Milena Gabanelli per Rainews, Alibaba è il connettore e il catalizzatore di un sistema che mette le piccole aziende in grado di competere sia a livello locale che globale. A differenza di Amazon, con magazzini e reti di distribuzione, Alibaba punta sullo sviluppo degli scambi. Non vende direttamente prodotti, ma uno spazio in rete dove individui, negozi, imprese, fanno business.

Alibaba: un gruppo da 460 miliardi di capitalizzazione

Il gigante cinese ha chiuso il secondo trimestre dell’anno contabile 2019-2020 con un utile netto in rialzo del 262% su anno a 70,74 miliardi di yuan (circa 9 miliardi di euro). Una performance determinata in misura significativa dall’aver ricevuto una partecipazione del 33% nel capitale di Ant Financial, la sua fintech. A settembre il fondatore Jack Ma  ha lasciato la presidenza esecutiva al CEO Daniel Zhang (47 anni), già da tempo suo braccio destro, per dedicarsi alla filantropia e all’insegnamento. Ma resterà parte della Alibaba partnership, che ha un ruolo di rilievo nelle governance di un gruppo da 460 miliardi di dollari di capitalizzazione e 100.000 dipendenti.

La quotazione secondaria di Alibaba: i problemi e l’entusiasmo di Hong Kong

Nei giorni precedenti all’IPO, l’azienda ha reso noto il collocamento di 500 milioni di azioni al prezzo unitario di 176 dollari di Hong Kong. Puntava a raccogliere 11 miliardi di dollari che, coi 75 milioni di titoli aggiuntivi nel caso di esercizio della greenshoe, sarebbero saliti a 12,9 miliardi. L’Ipo di Alibaba rappresenta la quotazione più alta da nove anni per la Borsa di Hong Kong, città che in questo momento è attraversata da forti tensioni politiche e sociali.

Hong Kong è infatti bloccata da mesi dalle proteste a favore della democrazia che hanno causato la recessione dell’economia locale. Proprio le difficoltà della piazza asiatica hanno spinto Alibaba prima a rinviare la quotazione (prevista ad agosto), per poi abbassarne progressivamente il valore. Inizialmente gli analisti stimavano un’operazione da 15 miliardi di dollari e ancora nei giorni scorsi Alibaba indicava un valore di 13,4 miliardi.

La schiera di piccoli investitori sulla piazza di Hong Kong ha accolto con entusiasmo il collocamento di Alibaba e ha sottoscritto 40 volte più azioni di quelle inizialmente destinate al mercato retail. Si tratta del più alto tasso di oversubscription per una quotazione di queste proporzioni a Hong Kong da oltre quattro anni. Di conseguenza, agli investitori retail verrà ora destinato il 10% dei titoli (50 milioni), contro il 2,5% inizialmente previsto, perché la Borsa di Hong Kong ha un sistema di ‘clawback’ in base al quale forti tassi di oversubscription da parte dei piccoli investitori in un’IPO possono portare all’assegnazione di una quota più alta dell’operazione.

Un segnale importante riguardo a questa collocazione è che la raccolta degli ordini è stata chiusa il 20 novembre  con quattro ore di anticipo grazie al grande numero di richieste.

Come è avvenuto il collocamento a Hong Kong

Le azioni hanno fatto il loro esordio alle contrattazioni il 26 novembre con il codice 9988, che in cinese equivale a “eterna prosperità”, un buon auspicio per il gruppo. Il prezzo della quotazione è stato previsto con uno sconto del 2,8% rispetto alla chiusura dei suoi titoli alla Borsa di New York.

Che cosa farà Alibaba con i proventi dell’IPO a Hong Kong

Alibaba,  che ha oltre 30 miliardi di dollari di liquidità in cassa,  ha deciso di effettuare una quotazione secondaria a Hong Kong per avvicinarsi agli investitori cinesi e raccogliere nuovi capitali che sostengano la crescita internazionale.

In una nota il gruppo ha spiegato di voler usare i proventi dell’Ipo per rafforzare le strategie di crescita degli utenti, “incoraggiare il giro d’affari per facilitare la trasformazione digitale e continuare a innovare e investire sul lungo termine”.

Come riporta questo articolo di Corcom, l’azienda cinese continua a macinare risultati positivi con lo shopping online e i servizi di cloud computing, ma il rallentamento dell’economia del Paese e le generali incertezze geopolitiche la spingono ad allargare il business all’estero. Il top management non ha svelato come intende usare i capitali della quotazione secondaria, ma secondo gli analisti Alibaba cercherà di espandere la base utenti oltre il core market della Cina e delle grandi città per conquistare paesi emergenti e centri più piccoli. 

L’azienda – scrive ancora CorCom – ha messo a segno un’ottima trimestrale e ha appena chiuso il Singles Day con vendite record: 38,4 miliardi di dollari totali di fatturato per il più grande “blitz” di shopping online che si consuma nell’arco delle 24 ore. Ma il tasso di crescita dell’evento – considerato una cartina di tornasole – è sceso al 26%, il ritmo più basso dal primo Singles Day del 2009. Perciò Alibaba pensa già alla sua strategia futura: nuovi capitali le permettono di fronteggiare sia la concorrenza che emerge sul mercato interno sia i grandi rivali del mercato internazionale, a partire della statunitense Amazon, diretta concorrente sia nel business dell’e-commerce che del cloud.

(Articolo aggiornato al 26/11/2019)

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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