L'INTERVISTA

Andrea Incondi (Flixbus): anche nell’emergenza la smart mobility é tecnologia

CambiaMenti è il titolo dell’edizione 2020 della Mobility Conference MCE4x4 di fine novembre. Del cambiamento e dell’incertezza nella mobilità parliamo con Andrea Incondi, country manager di Flixbus. “La tecnologia permette di regolare l’offerta di servizi sulla domanda”. La sfida chiave? “L’intermodalità”

Pubblicato il 14 Ott 2020

Andrea Incondi, country manager Italy di Flixbus

“Se prima del marzo 2020 mi avessero chiesto: qual è il peggior incubo per un azienda di mobilità? Mai avrei potuto immaginare quel che abbiamo vissuto in questi mesi”. Andrea Incondi, 35 anni e 3 figli, è il country manager di Flixbus,: è lui ad aver lanciato in Italia il maggiore operatore europeo di linee autobus a lunga percorrenza (“Era il 15 luglio 2015, io ero sull’autobus Milano – Venezia”) ed è lui ad affrontare l’anno orribile del Covid.

Fondata a Monaco di Baviera nel 2013, Flixbus è una scaleup con 3mila dipendenti a livello globale (circa 60 in Italia) per la quale l’emergenza sanitaria ha segnato un pesante punto di discontinuità: 250 città collegate in Italia contro le precedenti 500 e 200 autobus in circolazione contro 400. Un business dimezzato, quindi. Il Coronavirus, che ci ha costretti prima a fermarci completamente e adesso a essere molto cauti nelle relazioni e negli spostamenti, spinge i player della mobilità a una resilienza costruttiva. Non a caso “CambiaMenti” è il titolo dell’edizione 2020 di MCE4x4, la Mobility Conference Exibition organizzata da Assolombarda e Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, quest’anno online il 23 novembre: un giornata di confronto fra aziende e startup sulla mobilità innovativa e sostenibile.

“Eventi come questo sono occasioni di grande utilità per fare rete con altre aziende, che è attività fondamentale”, osserva Incondi. “Noi lo facciamo con altre startup delle mobilità, che incontravamo mensilmente prima dell’emergenza sanitaria. Le sfide che abbiamo di fronte sono molto complesse e un’azienda sola non può affrontarle. Fare rete significa trovare i pezzi che mancano, trovare soluzioni”.

A Incondi abbiamo chiesto di raccontarci come ha reagito un’impresa di mobilità di fronte all’emergenza sanitaria e come si sta adattando al cambiamento e all’incertezza. E lui comincia subito dalla tecnologia. “La mobilità non è certo ripartita come l’avevamo lasciata. Il nostro lavoro, dopo la lieve ripresa estiva è individuare e determinare la domanda disponibile sul mercato e, di conseguenza, un’offerta sufficiente a soddisfarla. Serve quindi un approccio dinamico, possibile grazie all’impiego di diversi supporti tecnologici”.

Possiamo dire che la mobilità si è dimezzata?
Assolutamente sì e molto dipenderà da come evolverà la situazione. Noi guardiamo con maggiore positività quella italiana, mentre il quadro internazionale sembra più preoccupante, basti pensare alla Francia. Dobbiamo accettare il fatto che fino a quando non ci sarà il vaccino la mobilità subirà un forte impatto. Ci sono meno studenti che si muovono, non si fanno più le visite ai parenti, si viaggia meno su mezzi di trasporto collettivi. In più ci sono le regole di distanziamento che impediscono di riempire gli autobus, anche se è stata prevista una deroga per il trasporto pubblico locale.

Bisogna quindi aspettare il vaccino per un cambiamento positivo?
Il vaccino sarà il punto di svolta. Con la distribuzione di massa si tornerà alla mobilità piena. Torneremo a muoverci come prima, se non più di prima.Visitare un bel posto o andare a trovare un amico resta un bisogno profondo. La nostra sfida adesso è resistere in questi mesi, rispettando le regole e garantendo altissimi livelli di sicurezza

Qual è il modello che permette a Flixbus di essere Flixbus?
La rivoluzione di Flixbus è aver introdotto la tecnologia in un settore dove era completamente assente. Le principali aziende di autobus non avevano un sito internet né la possibilità di vendere biglietti online e non conoscevano quindi la comunicazione digitale. Avevano una base di clienti stabile e una sola tariffa buona tutto l’anno. Era un modello che poteva funzionare prima ma che non andava più bene con l’evoluzione delle abitudini di consumo dei clienti.

I clienti…quanto sono importanti nel modello Flixbus?
Flixbus ha portato il concetto di piattaforma multicanale dove è possibile trovare un viaggio, comprare un biglietto, sapere dove si trova l’autobus. Tutta la comunicazione è centrata sul cliente e sulla sua domanda di mobilità è regolata anche la pianificazione dell’offerta: abbiamo strumenti analitici che ci permettono di conoscere i volumi di traffico tra una località e l’altra, ad esempio, quali sono gli orari più richiesti o quanto quella tratta è servita da altri servizi. Insomma il cuore del nostro business è sempre stata la tecnologia che ci dà la capacità di incrociare domanda e offerta, che ci permette di fare cose prima impensabili, come una politica dei prezzi dinamica arrivando a premiare chi compra un biglietto in anticipo. Molta della nostra intelligence si basa su dati sviluppati dalla nostra attività. Quando si vuol avere altro, attingiamo a fonti esterne

Quali sono stati gli effetti nel mercato del trasporto su autobus?
Una rivoluzione, un radicale cambiamento. Ricordo che Flixbus non è un aggregatore di molteplici offerte. Abbiamo costruito noi un’offerta e la distribuiamo ai passeggeri attraverso i nostri partner, che in Italia sono circa 60. Flixbus si occupa della parte commerciale, fa marketing, gestisce la relazione con il cliente. E così facendo mette i partner in condizione di sapere che cosa accade sull’autobus, come viene percepito il sevizio e come può essere migliorato. Flixbus è di fatto diventato un abilitatore di trasformazione digitale del trasporto passeggeri su gomma.

Emergenza sanitaria a parte, come avete visto cambiare il mercato italiano della mobilità?
Quando abbiamo cominciato in Italia, abbiamo fatto alcune ricerche con l’università: l’autobus era una delle ultime opzioni di mobilità, a cui si pensava solo per le gite scolastiche o per lunghi percorsi da Nord a Sud. Abbiamo quindi lavorato sulla mobilità collettiva giovane e sostenibile in un momento in cui non c’era e abbiamo creato una cultura della mobilità in autobus.

Quanto è stato difficile?
All’inizio abbiamo dovuto convincere le persone, avendo di fronte un nemico potente: l’auto privata. Ma la nostra generazione è molto attenta alle esigenze ambientali e ha capito che un autobus pieno significa 50 auto che restano in garage. Le emissioni di CO2 per passeggero di autobus sono tra le più basse.

Qual è stata la principale resistenza?
La mentalità prevalente. Bisogna far sì che cambi, che la gente capisca quanto la mobilità collettiva sia più sostenibile e, alla fine, anche più conveniente. Ci vuole un cambio culturale ma servono anche aziende come Flixbus, con una qualità del servizio che alla fine ti fa dire: mi sono trovato bene, lo faccio ancora. Se non si migliora la customer experience dei mezzi collettivi, l’auto resta imbattibile.

Qual è la sfida chiave della mobilità sostenibile?
Arrivare a grandi hub intermodali dove le persone possano passare facilmente da un mezzo all’altro: treni, autobus e poi, in città, i veicoli leggeri. Questa è la grande sfida soprattutto per le amministrazioni locali. Quando si cominceranno a formare questi hub, potremo dire di aver fatto un importante passo avanti.

E la grande sfida di Flixbus?
La sfida più importante per noi è garantire la stessa esperienza di viaggio che si fra Roma e Milano cosìc ome fra Los Angeles e Las Vegas.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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