#INNOVATIONFIRST

Elezioni 2018, Massimo Banzi: “Non arretriamo su Industria 4.0 e competenze digitali”

In vista del 4 marzo il co-fondatore di Arduino, piattaforma open-source per programmare, chiede alla politica di “non gettare nella spazzatura” il lavoro del ministro Carlo Calenda. Ma anche quello fatto dal Miur sulle competenze digitali. E invita il nuovo governo a ridurre la burocrazia per agevolare davvero le startup

Pubblicato il 12 Feb 2018

Massimo Banzi

Il governo che verrà non getti via quanto è stato fatto dal precedente governo su Industria 4.0 e competenze digitali. L’appello arriva da un innovatore docMassimo Banzi, co-fondatore di Arduino, l’ecosistema open-source che ha permesso ai makers (gli artigiani digitali), agli innovatori e più di recente anche a tante piccole e medie aziende di programmare e costruire tecnologie anche senza avere competenze approfondite. Una realtà con un cuore Made in Italy ma assolutamente internazionale: ha sedi sparse per il mondo, vende in tutto il mondo. Da questo osservatorio privilegiato Banzi interviene sulla realtà politica italiana nell’ambito dell’iniziativa di Digital360, #InnovationFirst, che invita i protagonisti dell’innovazione a formulare proposte concrete per individuare le priorità per la trasformazione digitale e la crescita del Paese nell’agenda del prossimo governo. Intervistato da EconomyUp, l’imprenditore originario di Monza chiede innanzitutto di non arretrare sulla strada della digitalizzazione: “Il ministero dello Sviluppo economico e quello dell’Università e della Ricerca Scientifica – dice – hanno fatto un buon lavoro su industria 4.0 e competenze digitali. Sarebbe un peccato che, per ragioni politiche, all’indomani delle elezioni del 4 marzo, si buttasse tutto nella spazzatura”.

Quali iniziative ha maggiormente apprezzato?
Negli ultimi tre anni ho avuto occasione di recarmi più volte al Miur per presentare ai dirigenti quello che stavamo facendo con Arduino: ho incontrato persone come Alessandro Fusacchia e Donatella Solda, professionisti con competenze a livello internazionale che hanno disegnato programmi allineati con le migliori pratiche europee e americane. Proprio di recente Arduino ha siglato un protocollo d’intesa con il Miur per promuovere lo sviluppo delle competenze digitali di studenti e insegnanti delle scuole italiane. Nel 2018 la nostra società consentirà a 30 scuole italiane di accedere al Programma CTC 101, che comprende un kit con schede e componenti elettronici per una classe fino a 30 studenti, una piattaforma di e-learning, webinar di training e forum di supporto per i docenti.

Bene anche Industria 4.0?
Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha fatto un gran lavoro: i numeri dimostrano che il piano ha funzionato, le industrie hanno cominciato a investire. Ho conosciuto imprenditori che hanno applicato il piano alle proprie aziende, anche piccole, e hanno avuto ritorni significativi. Del resto l’Italia è un grande player mondiale nel settore delle macchine industriali, settore che copre anche la robotica. E spesso le nostre imprese hanno la capacità di essere molto flessibili e di adattarsi, mentre i leader del mercato tedesco sono più rigidi.

Questo quello che ha funzionato. Cosa dovrebbe fare invece la politica che non ha ancora fatto?
Molte startup italiane cercano di competere sul mercato globale e devono essere aiutate a diventare competitive. Quindi va fatta qualsiasi cosa che aiuti a ridurre la complessità burocratica, accelerare i processi e, auspicabilmente, ridurre le tasse in maniera sostenibile.

La burocrazia è un cancro inguaribile?
Spesso l’Italia rispetto ad altri Paesi è un po’ più complessa: questo provoca ritardi e impatta su chi vuole competere a livello mondiale. Per esempio Arduino già nasce globale, perché metà dei nostri soci sono americani, abbiamo una sede in Svizzera, una in Italia, una in Svezia, una negli Stati Uniti: è un’azienda distribuita. Molto dell’R&D e gran parte del manufacturing lo facciamo in Italia, dove ci sono notevoli competenze e un’industria manifatturiera di qualità. Tuttavia il nostro mercato è per il 50% negli Usa, perché qualsiasi startup che si occupi di tecnologia deve poter lavorare sul mercato internazionale. Se uno ha come obiettivo di diventare il numero uno in Italia, si sta chiudendo in un mercato molto limitato. Per questo il futuro governo dovrebbe impegnarsi a supportare l’internazionalizzazione delle startup.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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