LA GUIDA

Divario digitale globale, cos’è e perché nel post Covid si rischia la diseguaglianza sociale

Nel mondo quasi una persona su due non ha accesso a Internet. Un divario digitale acuito dalla crisi pandemica. Per questo il World Economic Forum ha lanciato l’allarme sulle “diseguaglianze digitali”. I dati globali e il focus sull’Italia

Pubblicato il 12 Feb 2021

I dati sul divario digitale globale a gennaio 2020 (fonte: HootSuite)

Il 41% della popolazione mondiale non ha accesso a Internet.

Più precisamente, gli utenti Internet al mondo sono quasi 4,66 miliardi (dati Statista, ottobre 2020), ovvero il 59% della popolazione mondiale. Gli altri, tutti gli altri, non possono comunicare via Internet, ricevere informazioni utili per la loro vita quotidiana, studiare e formarsi a distanza, fare acquisti online, scambiarsi moneta elettronica, usufruire di servizi di vario tipo.

Sempre dai dati di Statista emerge che il canale più importante per l’accesso a Internet nel mondo è di gran lunga il mobile, usato dal 91% del totale degli utenti.

Gli utenti di Internet nel mondo (fonte: Statista)
Secondo l’Ocse, il totale delle persone che utilizzano internet arriva al 95% in alcuni alcuni Paesi, mentre in altri è inferiore al 70%, comportando differenze nell’accesso a informazioni pubbliche e servizi essenziali.

Da qui nasce l’allarme, rilanciato di recente dal World economic forum (Wef) nel suo The Global Risks Report 2021: la mancanza di accesso a Internet nel mondo può portare all’acuirsi delle diseguaglianze sociali. 

Che cos’è il divario digitale

Fu l’allora Vice-Presidente Al Gore dell’amministrazione Clinton, il 29 maggio 1996, a utilizzare l’espressione “digital divide” per indicare il gap esistente fra gli information haves e gli havenots nell’ambito del programma K-12 education (“Kindergarten through 12th grade”). Da allora il fenomeno è diventato sempre più evidente.

Secondo la Commissione europea, si può definire Digital Divide di primo livello l’assenza della banda larga fissa che permette di navigare ad almeno 2 Megabit al secondo. Agcom, l’autorità italiana per le comunicazioni, sostiene che in Italia coloro che vivono questa forma di disagio tecnologico sono pari al 5,6% del totale. Nella pratica, specifica SosTariffe, circa il 6% degli italiani non ha accesso neppure a una rete di tipo Adsl con velocità soddisfacenti.

Esistono tre tipi di divario digitale: globale, sociale e democratico.

Divario digitale globale – Si riferisce alle differenze esistenti tra Paesi più e meno sviluppati

Divario digitale sociale – Riguarda le disuguaglianze esistenti all’interno di un singolo Paese

Divario digitale democratico – Si focalizza sulle condizioni di partecipazione alla vita politica e sociale in base all’uso più o meno efficace e consapevole delle nuove tecnologie.

Tra le categorie più minacciate dall’esclusione digitale ci sono i soggetti anziani (“digital divide intergenerazionale”), le donne non occupate o in particolari condizioni (“digital divide di genere”), gli immigrati (“digital divide linguistico-culturale”), le persone con disabilità, le persone detenute e in generale coloro che, essendo in possesso di bassi livelli di scolarizzazione e di istruzione, non sono in grado di utilizzare gli strumenti informatici.

Perché il WEF ha lanciato l’allarme “diseguaglianze digitali”

La pandemia da Covid19 ha accelerato la quarta rivoluzione industriale, ampliando la digitalizzazione nell’ambito dell’interazione umana, del commercio elettronico, dell’istruzione e del lavoro a distanza. Questi cambiamenti nei prossimi anni avranno un forte impatto sulla società e porteranno enormi benefici, ma rischiano anche di esacerbare le disuguaglianze. A sostenerlo è il già citato report del World economic forum.

“Un digital gap che si allarga sempre di più rischia di peggiorare le fratture sociali e minare le prospettive di una ripresa inclusiva” si legge nello studio. “Il progresso verso l’inclusività digitale è minacciato dalla crescente dipendenza digitale, dalla rapida diffusione dell’automazione, dalla soppressione e manipolazione delle informazioni, dalle falle nella regolamentazione tecnologica e dai gap nelle capacità e competenze tecnologiche“.

Ostacoli al superamento del divario digitale globale

Per ridurre al minimo il divario digitale globale occorre affrontare e lavorare sui seguenti tipi di accesso:

Accesso fisico

Le persone devono poter avere accesso a computer, telefoni fissi e reti per poter poi collegarsi a Internet. Questa barriera di accesso è citata anche nell’articolo 21 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite.

Accesso finanziario

Il costo di dispositivi ICT, traffico dati, applicazioni, formazione di tecnici e insegnanti, software, manutenzione e infrastrutture richiede la costante disponibilità di mezzi finanziari.

Accesso socio-demografico

Test empirici hanno dimostrato che le diverse caratteristiche socio-demografiche sono in grado di favorire o limitare l’accesso e l’utilizzo delle telecomunicazioni. Tra i diversi paesi, i livelli di istruzione e il reddito sono le variabili più significative.

Divario digitale anche tra i sessi

Uno studio svolto dal “Center for Communication Policy” dell’Ucla (Università di California, Los Angeles) sull’uso di Internet in Europa, Asia e Stati Uniti ha confermato l’esistenza di un divario digitale tra i sessi, mostrando che il fenomeno è più accentuato in Italia. I dati evidenziano che, nei Paesi oggetto dello studio (Cile, Cina, Germania, Ungheria, Italia, Giappone, Corea del Sud, Macao, Singapore, Spagna, Svezia, Taiwan, Regno Unito e USA), gli uomini sono più numerosi delle donne ad utilizzare Internet. “Nel complesso, c’è in media un divario dell’8 per cento tra uomini e donne che si collegano ad Internet”, ha dichiarato Jeffrey Cole, direttore del Center for Communication Policy presso l’Ucla. “In numerosi paesi tecnologicamente sviluppati, il divario è sorprendentemente ampio: in alcuni casi, infatti, gli uomini che si collegano ad Internet sono quasi il doppio rispetto alle donne”.

Divario digitale globale: il “laboratorio Africa”

Il digital divide è particolarmente sentito in Africa a causa della carenza di infrastrutture, collegamenti e competenze digitali, eppure è stato in parte compensato, almeno in alcuni Stati, grazie alla crescita a ritmo vertiginoso della telefonia mobile. Nel 2007, quando ancora in Italia l’utente medio aveva scarsa familiarità con i pagamenti online da mobile, a Nairobi si cominciavano a pagare stipendi, bollette,  tasse scolastiche e persino la frutta al mercato attraverso il cellulare. Questo grazie al servizio M-Pesa lanciato dall’associata keniana di Vodafone, Safaricom, Laddove la telefonia fissa era poco usata dalla popolazione a causa di inefficienze, burocrazia e dei frequenti furti delle infrastrutture in rame, quella mobile diventava una leapfrog tecnology (letteralmente, un “salto della rana”) che permetteva di “scavalcare” i problemi di accesso.

Divario digitale globale: il caso Asia

Secondo la Top ten pubblicata sul sito del Wef, l’India è il Paese del mondo con più persone offline: il 50% della popolazione, pari a quasi 700 milioni di individui. Segue la Cina, con il 41% della popolazione disconnessa (quasi 600 milioni di persone). Per numerosità di utenti senza accesso a Internet, il terzo posto spetta al Pakistan (142 milioni di persone senza accesso a Internet, il 65% della popolazione), seguito da Nigeria (118 milioni, 58% del totale), Bangladesh (97 milioni, 59%), Indonesia (96 milioni, 36%). Come si vede, nonostante il continente asiatico sia in forte espansione, soprattutto grazie al traino delle grandi economie cinesi e indiane, l’accesso a Internet sembra ancora un problema.

Il divario digitale cinese, spiega il Wef, è in parte legato all’enorme distanza tra Cina urbana e Cina rurale. Il 39% dei cinesi (dato del 2019) vive in zone rurali, in molti casi prive di accesso a Internet e di competenze digitali. Durante la pandemia, un terzo degli alunni delle scuole elementari non ha potuto seguire le lezioni online; nelle città solo il 5,7% non è riuscito a partecipare all’online learning.

Ma il dato più preoccupante che riguarda l’Asia è quello della Corea del Nord: il 100% della popolazione (25,7 milioni di persone) è offline.

Divario digitale: i ritardi dell’Italia

Nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione europea (DESI) 2020, l’Italia è 25esima su 28 Paesi. Siamo scarsi in digitalizzazione delle imprese, uso dei servizi pubblici digitali, formazione del capitale umano e all’ultimo posto per competenze digitali.

Con la pandemia, e il conseguente, massiccio ricorso alla formazione a distanza, sono emerse le criticità in ambito scolastico.

Gli ultimi dati disponibili sulle scuole italiane cablate sono contenuti in uno studio di Agcom del 2019: poco più di una scuola ogni dieci possiede un collegamento ultrabroadband, cioè con velocità di connessione in download superiore a 100 mbps. La stragrande maggioranza è connessa a internet attraverso vecchie linee adsl. Le scuole pagano di tasca propria i contratti di connessione a Internet. Le competenze digitali degli insegnanti italiani sono difficili da misurare, così come quelle degli studenti.

Divario digitale: un’iniziativa

Per aiutare gli studenti “vittime” di divario digitale – che non possiedono cioè un computer per la didattica a distanza – è nata durante la pandemia un’iniziativa di quattro ragazzi: PC4U.tech, progetto no-profit per donare pc e tablet ricondizionati a studenti della provincia di Milano che non ne dispongono. Di fronte alla crescita di richieste e delle spese di gestione, il team ha lanciato e concluso con successo una campagna di crowdfunding su produzionidalbasso.it.

(Articolo aggiornato al 12/02/2021)

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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