IL PUNTO

Avanza il movimento delle startup: dalla costituzione online a Enea Tech

C’è ormai un movimento delle startup. Dopo la delusione e la rabbia, ora reagisce ai colpi sulla costituzione senza notaio e sullo stop a Enea Tech. Lo fa creando siti di protesta, ma anche sotto traccia portando emendamenti in Parlamento. È un bene per tutti, perché le startup sono un patrimonio del Paese

Pubblicato il 11 Giu 2021

Photo by George Pagan III on Unsplash

Avanza il movimento delle startup, nonostante tutto, ed è un bene per tutti. Nello sviluppo  e nel consolidamento di un ecosistema fanno bene anche le delusioni e gli ostacoli. Certo, sarebbe meglio non ce ne fossero ma sappiamo che è impossibile, nella vita come nel business. Prima la cancellazione della costituzione di società online e gratis con il ritorno dei notai e dopo l’inspiegabile e ancora inspiegata vicenda Enea Tech stanno generando una reazione probabilmente mai vista finora, in maniera manifesta sui social ad esempio ma anche in forme meno evidenti.

Dopo la delusione e la rabbia, adesso è il momento dell’azione. Due colpi di mano non potevano certo passare inosservati e senza conseguenze, specie in un momento in cui sono unanimi le dichiarazioni altisonanti sulle transizioni digitale ed ecologica, come se queste fossero possibili senza il contributo delle startup e di chi crede e investe sull’innovazione. Si è approfittato, in Parlamento, di una legge di recepimento della direttiva europea che dovrebbe portare in digitale il diritto societario per vicenda Enea Tech, che non sono tutti uguali ma che nella loro veste istituzionale sono impegnati nella legittima battaglia per la sopravvivenza di una corporazione piccola (meno di 5mila professionisti in Italia) ma potente visto che, per non sempre chiare ragioni, gode ancora di grande considerazione e influenza in alcune stanze del Palazzo.

Nell’attuale quadro politico, agitato e confuso come spesso capita in Italia, non è sempre facile distinguere tra chi guarda avanti e chi invece fa da alfiere della conservazione, a destra come a sinistra ammesso che questa distinzione abbia ancora senso. Sarebbe bello se i singoli partiti prendessero posizione, comunicassero che cosa stanno facendo per le startup e l’innovazione, per ascoltare chi fa startup e investe sull’innovazione, oltre alle generiche dichiarazioni buone per  convegni e dibattiti online. Per il momento non è così.

I fatti dicono che c’è un emendamento al Decreto Sostegni-bis per ripristinare la costituzione societaria online e la prima firma è quella del deputato Luca Carabetta del Movimento 5 Stelle, che si sta rivelando l’unica forza politica attenta alle esigenze e ai problemi delle startup. L’emendamento prevede la scelta fra atto notarile e costituzione telematica su modelli dei Ministeri Giustizia e Sviluppo Economico, lasciando i controlli agli Uffici del Registro. Non è la soluzione perfetta ma è una proposta audace perché punta ad estendere a tutte le Srl e le Srl semplificate questa possibilità. E non è poca cosa, almeno per l’Italia.

Ha scritto sul quotidiano MF un altro deputato M5S, Riccardo Fraccaro: “Oggi chiunque può stabilire la residenza digitale in Estonia e aprire lì un’impresa in modalità digitale senza mai uscire dalla propria abitazione in Italia”. Ma non può farlo in Italia. E forse bisognerebbe ragionare anche queste apparenti piccole cose per arrivare alle radici profonde della scarsa competitività di un Paese brillante ma sedotto dalle carte bollate, competente ma scoraggiato da lacci e lacciuoli che garantiscono rendite di posizione e frenano gli slanci di crescita e innovazione.

Quando si parla di norme e si entra nella dialettica politica sono necessarie le azioni manifeste e persino clamorose ma non può mancare il lavoro delle diplomazie. Anche il movimento delle startup e dell’innovazione sembra finalmente muoversi su questo doppio binario.

Dopo il primo disorientamento provocato dal secondo colpo del Governo Draghi, il cambio di missione per Enea Tech che diventerà Enea Biomedical Tech, un gruppo di imprenditori di startup si è organizzato per far sentire la sua voce e ha creato il sito 500milionidifuturo  che raccoglie dati e storie per far capire che cosa è successo e perché non si possono tradire le aspettative di un migliaio di startup che avevano creduto in Enea Tech e nel suo team. “Non potevamo rimanere con le mani in mano di fronte all’errore che si sta per commettere”, spiega Stefano Onofri, founder di Cubbit, uno dei promotori dell’iniziativa che ha ottenuto velocemente l’adesione di oltre cento startup.

L’obiettivo è apparentemente semplice: emendare il famigerato articolo 31 del Decreto Ristori-bis. “I 60 giorni a disposizione del Parlamento per recepire il decreto servono proprio per migliorare le proposte iniziali”, osserva Onofri. “Vogliamo che il treno di Enea Tech non si fermi: era partito sul binario giusto e stava per immettere decine di milioni di euro nell’economia reale. Ora è tutto bloccato e non sappiamo fino a quando”.

Adesso qui dipende tutto dal passaggjo parlamentare del Decreto Sostegn-bis e dall’opera meritoria di un drappello di deputati che non sempre appaiono adeguatamente sostenuti dai loro partiti politici. Oltre all’emendamento già ricordato di Luca Carabetta sulla costituzione online, ne sono stati infatti depositati altri da Bruno Bossio, Mattia Mor, Giulio Centemero, Antonio Pamieri, Alessandro Fusacchia e Mauro Del Barba sull’utilizzo dei fondi Enea Tech ma anche sull’estensione temporale del capital gain e sugli investimenti tramite veicoli visto che attualmente il vantaggio è previsto solo per investitori individuali. Sono il risultato di una lavoro svolto sotto traccia da associazioni come InnovUp per ridurre l’impatto di un errore ma anche per migliorare una misura che arriva dopo anni di richieste e di attesa in un contesto che resta però disorganico. Non è quindi il momento di abbassare la guardia. Gli emendamenti e i deputati che li hanno presentati vanno seguiti e sostenuti, quotidianamente.

Ho sempre pensato che quello delle startup sia il movimento più interessante dei primi decenni di questo secolo: culturale, tecnologico, intergenerazionale e con un forte impatto economico. Un movimento ancora poco riconosciuto forse perché esso stesso finora poco consapevole della propria forza e del proprio valore. Dopo i ceffoni, forse per la prima volta questo movimento sta cominciando a sentirsi, a esprimersi e farsi sentire come tale. Ed è un bene per tutti. Le startup sono un patrimonio del Paese e dalla loro crescita ne possono trarre vantaggi tutti, aziende e individui. In Francia lo hanno capito. Quando succederà in Italia?

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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