Quadro normativo

Sharing economy, ecco le linee guida della Commissione europea (che “salvano” Uber)

Nessun divieto per le realtà dell’economia collaborativa se non come “misura estrema”, distinzione tra privati che offrono servizi occasionali e professionisti, pagamento delle imposte: sono alcuni degli orientamenti espressi dalla Commissione. La palla passa ai 28 Stati, Italia in testa

Pubblicato il 03 Giu 2016

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L’Europa estende la sua ala di protezione su Uber, Airbnb e altre piattaforme definite di economia collaborativa, o sharing economy. La Commissione europea ha emanato ieri le nuove linee guida dalle quali emerge, tra le altre cose, la sollecitazione ai governi dei 28 Paesi a proibire Airbnb o Uber solo “come misura estrema”.

“I divieti assoluti e le retrizioni qualitative devono essere usate soltanto come extrema ratio” si legge in un comunicato della Commissione, che ricorda come queste aziende abbiamo fruttato l’anno scorso in tutta Europa ricavi per 28 miliardi di euro. Un mondo variegato che comprende un po’ di tutto: dalle piattaforme di car sharing agli affitti temporanei agli home restaurant.

Sharing economy, cosa è (e perché è difficile dire cos’è)

Jyrki Katainen, uno dei vicepresidenti della Commissione, ha sottolineato da Bruxelles che regole più severe sulle

Jirki Katainen

società attive nell’area della sharing economy potrebbe avere dei costi per l’Europa. “Abbiamo bisogno di un approccio coerente se vogliamo che le nostre startup dinamiche possano crescere e svilupparsi, altrimenti se ne andranno altrove” ha aggiunto Katainen, che è responsabile dei lavori, della crescita, degli investimenti e della competitività. “Il prossimo unicorno europeo – ha proseguito riferendosi a quelle startup che superano il miliardo di dollari di giro d’affari – potrebbe scaturire dall’economia collaborativa. Vogliamo restare al passo, e vogliamo un’Europa aperta quanto gli Stati Uniti ai modelli di business più innovativi, pur continuando ad occuparci degli aspetti negativi”. Katainen ha anche sottolineato che questi business non devono diventare una “economia informale parallela” che opera senza regole. “E’ chiaro – ha affermato – che l’economia collaborativa non può essere un modo per sfruttare i lavoratori, né di evitare di pagare le tasse”.

Ma vediamo in dettaglio i punti indicati nelle linee guida.

La comunicazione “Un’agenda europea per l’economia collaborativa” fornisce orientamenti su come il diritto vigente dell’UE dovrebbe essere applicato a questo settore dinamico e in rapida evoluzione, chiarendo le questioni essenziali affrontate sia dagli operatori del mercato che dalle autorità pubbliche.

Quali tipi di requisiti di accesso al mercato possono essere imposti? – I prestatori di servizi dovrebbero essere obbligati a ottenere autorizzazioni o licenze per l’esercizio di impresa solo se strettamente necessario a soddisfare pertinenti obiettivi di interesse generale. Occorre ricorrere ai divieti assoluti di un’attività solo in ultima istanza. Le piattaforme non dovrebbe essere soggette a autorizzazioni o licenze quando agiscono solo da intermediari tra i consumatori e coloro che offrono realmente il servizio (quali servizi di trasporto o di alloggio). Gli Stati membri dovrebbero inoltre distinguere tra i privati cittadini che offrono servizi occasionalmente e i prestatori che agiscono in qualità di professionisti, ad esempio stabilendo delle soglie basate sul livello di attività.

Di chi è la responsabilità se c’è un problema? Le piattaforme di collaborazione possano essere esonerate dalla responsabilità per le informazioni che esse conservano per conto di coloro che offrono un servizio. Esse tuttavia non dovrebbero essere esonerate dalla responsabilità per qualsiasi servizio offerto dalle stesse, come i servizi di pagamento. La Commissione incoraggia le piattaforme di collaborazione a continuare ad adottare azioni volontarie per la lotta contro i contenuti illeciti online e per accrescere la fiducia.

In che modo il diritto dei consumatori dell’UE protegge gli utenti? Gli Stati membri dovrebbero garantire che i consumatori godano di un livello di protezione elevato dalle pratiche commerciali sleali, senza però imporre obblighi sproporzionati ai privati che forniscono servizi solo occasionalmente.

Quando esiste un rapporto di lavoro? Il diritto del lavoro è per la maggior parte di competenza nazionale ed è integrato dalla giurisprudenza e dagli standard sociali minimi dell’UE. Gli Stati membri possono tenere presenti criteri quali il rapporto di subordinazione con la piattaforma, la natura del lavoro e la retribuzione al momento di decidere chi può essere considerato un lavoratore subordinato di una piattaforma.

Quale normativa fiscale si applica? Come gli altri operatori dell’economia, anche i prestatori di servizi e le piattaforme dell’economia collaborativa sono tenuti a pagare le imposte pertinenti tra cui le imposte sul reddito delle persone fisiche, delle società e l’imposta sul valore aggiunto. Gli Stati membri sono incoraggiati a continuare a semplificare e a chiarire l’applicazione della normativa fiscale all’economia collaborativa. Le piattaforme dell’economia collaborativa dovrebbero cooperare appieno con le autorità nazionali per la registrazione delle attività economiche e agevolare la riscossione delle imposte.

La comunicazione invita dunque gli Stati membri dell’UE a riesaminare e, se necessario, modificare la legislazione vigente in conformità a tali orientamenti. La pubblicazione di linee comuni d’indirizzo da parte di Bruxelles si è resa necessaria per armonizzare le decisioni prese dagli Stati membri, finora in ordine sparso, sulle piattaforme online che offrono servizi di sharing economy.

L’ultima parola, tuttavia, spetterà ai singoli Stati membri, che dovranno adeguare la legislazione nazionale, ma le indicazioni di Bruxelles sono generali e non giuridicamente vincolanti. L’Ue potrà solo aprire procedure d’infrazione e rivolgersi alla Corte di giustizia.Le linee guida potranno per esempio essere utilizzate come parametro di riferimento per esaminare i ricorsi di Uber, che ha già fatto causa contro il divieto da cui è stata colpita in Francia, Germania e Spagna proprio sostenendo che le regole nazionali del settore dei trasporti violano la normativa Ue.

In Italia il parlamento si era già mosso con qualche anticipo.

Sharing economy, ecco la proposta di legge italiana

Oltre la proposta di legge sulla sharing economy che ha iniziato l’iter nelle commissioni riunite Trasporti e Attività produttive della Camera, è stato presentato un emendamento al ddl Concorrenza – che dovrebbe iniziare il procedimento dopo le elezioni amministrative – che dà al governo la delega per disciplinare il settore degli “autoservizi pubblici non di linea” e anche le nuove piattaforme basate sulle app (come appunto Uber). Stando al testo, Palazzo Chigi avrà 12 mesi di tempo per lavorare alle nuove regole dal varo della legge sulla concorrenza.

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