Perché lo Smart Working non può essere solo “lavorare da casa”

Giovedì 18 febbraio è la giornata del lavoro agile. L’attenzione cresce, in Parlamento si discute un decreto, le aziende fanno sperimentazioni. Ma bisogna alzare l’asticella. E promuovere l’innovazione dei modelli organizzativi

Pubblicato il 17 Feb 2016

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Per il terzo anno consecutivo si tiene a Milano la giornata del lavoro agile. Si tratta ormai di un appuntamento che oltrepassa i confini della città, raccogliendo l’adesione di un numero sempre maggiore di imprese e Pubbliche Amministrazioni e stimolando l’organizzazione di numerose iniziative. Del resto lo Smart Working è un fenomeno che ha raggiunto in Italia livelli di diffusione e attenzione mediatica difficilmente sperabili solo qualche anno fa. Lo dimostrano i tanti articoli e servizi televisivi che dai media specializzati stanno “penetrando” sempre più in quelli generalisti. Lo dimostra il diffondersi tra le imprese di tantissime sperimentazioni più o meno profonde. Lo dimostra infine l’attenzione crescente da parte dei politici e del governo che ha portato all’approvazione in Consiglio dei Ministri di un DDL collegato alla legge di stabilità che in questi giorni affronta l’iter parlamentare di approvazione.

Si tratta di un decreto che, pur non indicando incentivi specifici e mantenendo qualche prudente riferimento a limiti e vincoli nella gestione degli orari di lavori, ha l’indubbio merito di fare chiarezza sugli aspetti giuslavoristi e di sicurezza sul lavoro che fino ad oggi potevano creare dubbi e alibi da parte delle aziende. Il nuovo testo approdato in Parlamento, inoltre, fa esplicitamente riferimento all’applicabilità dello Smart Working anche al mondo delle Pubbliche Amministrazioni, venendo peraltro incontro agli obiettivi di introduzione di meccanismi di flessibilità nel pubblico impiego già presenti nella riforma Madia.

Un tratto comune, e in fondo ancora deludente, di tutte queste iniziative è l’enfasi quasi esclusiva sul concetto di “lavorare da casa”, proposto quasi come sinonimo dell’essere in Smart Working. Ma Smart Working è molto di più! È una nuova filosofia manageriale che deve permeare l’organizzazione, vuol dire dare alle persone autonomia nel decidere dove, quando e con che strumenti lavorare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Si può e si deve fare Smart Working anche in ufficio pensando nuovi spazi di lavoro, gestendo in modo più flessibile ed intelligente gli orari, usando le tecnologie per rendere la collaborazione più veloce ed economica e, soprattutto, cambiando il modo in cui capi e collaboratori condividono e perseguono obiettivi di miglioramento della produttività e del benessere organizzativo.

Il riferimento al lavorare da casa stimola interesse e curiosità, ma rischia di far restare il dibattito a livello superficiale producendo un effetto “moda” destinato a svanire col tempo o peggio a trasformarsi in disillusione. Lavorare da casa rischia di diventare oggi il principale oggetto del confronto fra le aziende in cui ci si focalizza su un mero confronto fra il numero di giorni di homeworking concessi e le percentuali di lavoratori a cui questi sono concessi, una competizione di ben poco valore aggiunto che nulla dice di per se di quanto l’azienda sia riuscita a innescare ed accompagnare il cambiamento. Occorre invece andare oltre individuando criteri e indicatori più coerenti con il vero obiettivo di innovazione culturale e organizzativa.

Ciò su cui dovrebbe essere messa l’attenzione nel descrivere un’iniziativa di Smart Working non è tanto l’intensità con cui vengono usate specifiche leve progettuali, ma la loro coerenza di insieme e, soprattutto, l’emergere di storie di successo, i cambiamenti innescati nei modelli organizzativi e l’impatto sul business. Partendo da questo presupposto non vi sono limiti alla capacità di immaginare i possibili ambiti di implementazione con la possibilità di spaziare da progetti di ridefinizione dei canali e delle modalità di Customer Interaction sia fisici che virtuali fino alla sfida legata allo Smart Manufacturing, che richiederà di ripensare profondamente i modelli di organizzazione del lavoro anche all’interno delle fabbriche abilitando maggiori condizioni di flessibilità e autonomia per i team di lavoro.

Dopo la prima fase di sperimentazione, non bisogna quindi fermarsi a valutazioni e considerazioni inerenti soltanto il lavoro da casa, ma è necessario iniziare ad “alzare l’asticella” promuovendo veri e propri laboratori di innovazione organizzativa interna in cui coinvolgere le Line of Business e i Manager più propositivi in un percorso consapevole e condiviso di innovazione dei processi e delle modalità di organizzazione del lavoro.

* Mariano Corso ed Emanuele Madini, Partners4Innovation

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