L’analisi

Tre principi per cambiare la scuola (e trovare lavoro)

Secondo l’ottavo rapporto Generare classe dirigente, curato da Luiss e Fondirigenti, investire 2-3 miliardi sull’istruzione porterebbe a una diminuzione della disoccupazione giovanile di 4-5 punti. Ecco quali sono i metodi suggeriti per ricostruire il ponte tra l’istituzione scolastica e la vita lavorativa

Pubblicato il 18 Lug 2014

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Un calo della disoccupazione giovanile tra i 4 e i 5 punti percentuali e un aumento del reddito pro-capite tra i 1500 e i 2500 euro: sarebbero questi, in numeri, gli effetti di lungo periodo dell’intervento sulla scuola indicato nell’ottava edizione del rapporto Generare classe dirigente, curato dalla Luiss Guido Carli e Fondirigenti. Il costo? 2-3 miliardi di euro, equivalente allo 0,1-0,2% del Pil.

Una proposta di intervento basata su tre principi cardine: l’autonomia degli istituti scolastici; l’accountability, ovvero la trasparenza dei risultati dell’apprendimento combinata alla responsabilità sugli stessi; il confronto e la competizione da coltivare, in diverse forme, tra gli istituti scolastici.

Quest’anno il rapporto Generare classe dirigente affronta il delicato passaggio tra istruzione e vita lavorativa dei giovani, delineando un quadro e provando a indicare la strada da percorrere. E lo fa a partire da dati che illustrano quali siano le aree critiche su cui lavorare: l’inadeguatezza dell’apprendimento “rimandato”, con i debiti formativi (oggi “carenze”) che non hanno dato i risultati sperati, con il 17,4% degli studenti che non ha interamente recuperato i propri; la motivazione, e non solo la valutazione, degli studenti, l’84,9% dei quali afferma che i loro risultati migliorano quando sono ben motivati; l’efficacia dei processi di “giunzione” tra la formazione e il lavoro (il 60,9% dei docenti è molto o abbastanza preoccupato per il passaggio alla vita lavorativa degli studenti).

E, ancora, l’importanza della costruzione delle competenze trasversali, che le aziende cercano e non sempre trovano; o il livello di istruzione della nostra classe dirigente, più basso, in media, di quello degli altri Paesi europei (solo il 39,5% dei dirigenti italiani tra i 30 e i 65 anni è laureato).

Proprio quest’ultimo è un aspetto di un altro tema cardine affrontato dal rapporto: la qualità della classe dirigente. La capacità dell’educazione e della formazione di agire da antidoto contro la criminalità, le infiltrazioni mafiose, la corruzione è una risorsa preziosa per il nostro Paese, All’evento di presentazione hanno preso parte anche diversi rappresentanti dell’associazione ItaliaCamp.

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