Scenari

Per il dopo Expo si punta su startup e innovazione

Il ministro dell’Istruzione, Giannini, pensa a un hub internazionale da collocare sui terreni dell’Esposizione. Assolombarda ne vuole fare la Silicon Valley italiana. La Statale di Milano vorrebbe trasferirvi alcune facoltà. E non è escluso un mix tra le proposte

Pubblicato il 29 Ott 2015

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Ricerca, innovazione, startup ma anche università o sport: potrebbero essere questi gli scenari del dopo Expo. Da tempo i vari attori in campo si stanno interrogando sulla futura destinazione dell’area da circa un milione di metri quadrati sulla quale è sorta l’Esposizione Universale di Milano dedicata al tema “Nutrire il pianeta”. L’Expo, che chiude il 31 ottobre, ha toccato quota 21 milioni di visitatori. Lascia in eredità padiglioni, strutture, opere di vario genere. Cosa fare di questa prezioso lascito? I terreni sono gestiti da Arexpo, società di cui fanno parte il Comune di Milano, con il 34,67 delle quote societarie, la Regione Lombardia con un altro 34,67%, Fiera Internazionale di Milano (27,66%), Provincia di Milano (2%) e Comune di Rho (1%). Il governo, per voce del ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, ha assicurato che entrerà in Arexpo, anche se non ha ancora detto quando e con quale investimento. Tra le finalità per cui Arexpo è stata creata nel 2011 c’è anche quella della “valorizzazione e la riqualificazione del sito espositivo, privilegiando progetti miranti a realizzare una più elevata qualità del contesto sociale, economico e territoriale, anche attraverso la possibile alienazione, mediante procedura ad evidenza pubblica, del compendio immobiliare di proprietà della società nella fase post Expo”. Insomma, un ruolo cruciale per la definizione delle strategie future.

Nei mesi scorsi Arexpo ha pubblicato un bando consultivo per la raccolta di progetti per il parco tematico di almeno 43 ettari da realizzare dopo Expo 2015 e, alla scadenza, ha ricevuto 15 manifestazioni di interesse. Dentro c’è un po’ di tutto: innovazione, sport, moda, ambiente (qui la lista delle proposte). Nel frattempo sono arrivate dichiarazioni ufficiali da parte di ministri, politici, industriali, fondazioni e anche da comuni cittadini, desiderosi di esprimere la propria opinione attraverso Internet o tramite sondaggi. Vediamoli.

Il ministro & le startup – Il post Expo dà una “straordinaria opportunità: creare qui un hub, un laboratorio permanente fatto di ricerca, di innovazione e anche di startup”. A dirlo è stata il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a margine della XIII Giornata della ricerca e dell’innovazione di Confindustria, svoltasi quattro giorni prima della fine della manifestazione. Il ministro ha spiegato di vedere “molto bene” l’idea di un campus universitario, “ma non deve restare solo quello, perché altrimenti è solo un trasferimento di immobili”. Secondo Giannini, l’integrazione del progetto della Statale di Milano con quello promosso da Assolombarda “può andar bene, però con un’ambizione alta: essere un centro internazionale di altissimo livello”.

Assolombarda e la Silicon Valley italiana – Il ministro Stefania Giannini ha citato il progetto promosso dall’Associazione degli industriali della Lombardia. È, tra l’altro, uno dei 15 presentati in risposta al bando consultivo di Arexpo e si chiama “Nexpo” (Next Expo): in sostanza un mix tra una Silicon Valley italiana e una Smart City. Prevede la creazione di un ecosistema nel quale si integrino infrastrutture, progetti e idee per supportare le imprese, i centri di ricerca, le università e, in particolare, le piccole e medie imprese (pmi). Questa integrazione dovrebbe avvenire attraverso una Cloud Farm Startup, infrastruttura tecnologica per l’erogazione in modalità cloud di servizi IT a privati, imprese e pubbliche amministrazioni, e un Nexpo Hub, punto di riferimento per le aziende che generano servizi ad alto valore aggiunto sviluppati in chiave digitale. “È essenziale – ha detto di recente il presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca – che rapidamente l’area espositiva divenga un grande hub scientifico-tecnologico, una piazza universale di saperi e creatività, che si proietti verso il futuro mettendo insieme università, imprese, laboratori, centri di ricerca e startup. Abbiamo presentato questo progetto oltre un anno e mezzo fa. La disponibilità del governo a far parte della partita è di vitale importanza. Occorre ora individuare la struttura di management di qualità in grado di dialogare con imprese e istituzioni per sviluppare rapidamente business plan e master plan”. Sui tempi del progetto, Rocca ritiene che “entro la metà del prossimo anno dovrebbe esserci un management in grado di interloquire con i soggetti interessati e dovrebbe essere pronto il master plan”.

La Cittadella universitaria – A febbraio il Rettore dell’Università di Milano, Gianluca Vago, ha lanciato la proposta di trasferire nei terreni di Expo alcune facoltà. Il campus universitario dovrebbe essere collegato ai temi dell’alimentazione, dunque le facoltà da trasferire sarebbero quelle scientifiche, da agraria a biologia. Successivamente Cassa depositi e prestiti e Agenzia del Demanio hanno preparato il loro dossier sul futuro dei terreni di Expo. Un’operazione che prevede investimenti per oltre un miliardo di euro e ha tre linee guida: la cittadella universitaria, la parte tecnologica e dell’innovazione, la cittadella dei servizi pubblici, dove andrebbero a confluire una serie di funzioni statali oggi dislocate in vari spazi (in affitto) a Milano. Il documento, consegnato alcuni mesi fa a Regione e Comune, è stato messo a disposizione del governo. Di recente il rettore Vago, tornando a parlare di post Expo, ha sottolineato come “finché non si decide qual è la funzione, la macrodestinazione dell’area, è difficile far partire uno studio di fattibilità”. Come si è visto il ministro Stefania Giannini ha parlato di integrazione tra la proposta della Statale e quella di Assolombarda. Il progetto preferito dal governatore della Regione Lombardia, Roberto Maroni, è invece quello del campus universitario. Ma, a suo dire, è “integrabile con tante altre valide idee, a partire da quelle di Assolombarda”.

Cosa pensano i cittadini – Cittadella universitaria o spazio per le startup? Secondo i dati raccolti dalla Camera di Commercio di Milano quattro intervistati su dieci ritengono che la partita si giochi tra queste due opzioni. La maggioranza (27,7%) vede il post Expo quale occasione ideale per l’istituzione di un campus universitario per le facoltà scientifiche dell’Università degli Studi di Milano. Al secondo posto emergono le preoccupazioni relative a eventuali speculazione su quei terreni sottratti all’agricoltura (24%). Medaglia di bronzo per l’idea di creare una cittadella dell’innovazione (10,3%), istituendo un regime a fiscalità ridotta per attrarre investitori e imprenditori e un luogo in cui possano riunirsi e proliferare le startup innovative. Segue l’ipotesi di istituire una area sportiva (9,1%) attraverso la creazione di piscine, campi da tennis e piste d’atletica. Infine si parla di destinare l’area ad un Salone del Gusto e del Design (8,5%), con lo scopo di proseguire sulla linea del tema portante di Expo 2015, ovvero la corretta alimentazione e la sostenibilità. Del futuro di Expo si è occupata anche una startup. O meglio, è stato il Corriere della Sera a lanciare nei giorni scorsi una sfida di idee online utilizzando come strumento per il challenge la startup Oxway fondata da Fabrizio Gasparetto e Mattia Percudani. Alla base del contest un concetto: gli esperti sono veramente così esperti? E se anche lo fossero, perché non confrontiamo e “contaminiamo” le loro proposte con quelle di comuni cittadini? Il challenge si è chiuso con 1000 utenti registrati, 526 proposte avanzate, 22mila votazioni delle proposte effettuate, che hanno dato forma alla classifica, ancora in fase di approvazione da parte del Corriere della Sera. “C’è stata una partecipazione competente e passionale” spiega Gasparetto, ricordando che per le prime idee classificate sono previste quali ricompense abbonamenti all’edizione online del Corsera. “In base alla profilazione hanno dato il loro parere sul futuro di Expo 225 liberi professionisti, di cui 63 architetti, 133 studenti/ricercatori, 84 dirigenti, 64 imprenditori, 42 consulenti, 10 giornalisti”. Una sorta di intelligenza collettiva, di elevato profilo professionale, che magari sta per tirare fuori la soluzione giusta.

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