L'INTERVISTA

“Per l’innovazione del retail in Europa è indispensabile capire la Cina, a partire da WeChat”

Fausto Caprini, AD di Retex, società specializzata in servizi alle aziende retail, spiega come WeChat, e non solo, possa diventare la porta d’ingresso per i brand occidentali nel Paese asiatico. Le differenze con Alipay. Il potenziale dei turisti cinesi per il commercio: 5 milioni solo in Italia quest’anno

Pubblicato il 10 Lug 2018

cina-chinese-luxury-160922113146

“Parlare di retail senza parlare di Cina vuol dire parlare di niente: oggi più che mai molti retailer italiani o occidentali che sono in Cina finiscono per essere lost in translation, nel fraintendere o nel non capire. Ma al retail serve sempre più un approccio multiculturale al business”. A dirlo è Fausto Caprini, Amministratore Delegato di Retex, società specializzata nella fornitura di soluzioni e servizi alle aziende nel mondo retail.

CINA: UN’ECONOMIA AL GALOPPO

La Cina sta diventando centrale per chi si occupa di retail, spiega Caprini. E i dati gli danno ragione. Il Paese asiatico, che ha superato i 1,379 miliardi di abitanti, è da anni in fase di espansione economica: a parità di potere d’acquisto, nel 2014 è diventata la più grande economia del mondo, superando per la prima volta gli Stati Uniti. Già nel 2010 era risultata la principale nazione esportatrice a livello mondiale e nel 2013 si era classificata prima per gli scambi commerciali. Va detto che il reddito pro capite è ancora inferiore rispetto alla media mondiale. Ma va anche ricordato che la Cina è il primo Paese al mondo per numero di utenti Internet: quasi 731 milioni, seguito a notevole distanza dall’Unione europea, che tutta insieme ne ha 398 milioni, e dall’India con 374. Gli Stati Uniti sono solo al quarto posto con 246,8 milioni di utenti. (Fonti: Cia World Factbook, 2016).

WECHAT PORTA D’INGRESSO PER IL MERCATO CINESE

Uno dei “cavalli di Troia” per penetrare nel mercato cinese del retail è WeChat, servizio di messaggistica (questa la definizione ufficiale e, come vedremo, piuttosto restrittiva) popolarissimo in Cina, sviluppato dalla società cinese Tencent. In pratica i cinesi non vivono senza WeChat. Da qui il collegamento tra Retex e lo sterminato Stato asiatico: Digital Retex, società italiana del Gruppo Retex spa, è diventata partner di riferimento ufficiale di WeChat per tutta l’Europa.

CHE COSA FA DIGITAL RETEX

Digital Retex avvia e gestisce la presenza su WeChat di numerosi brand occidentali, curandone tutti gli aspetti relativi alla comunicazione (creazione contenuti, gestione di piani editoriali, pianificazione di campagne pubblicitarie), al marketing (creazione di attività di engagement digitale, integrazione con sistemi CRM) e alle vendite (progettazione e realizzazione di eCommerce all’interno di WeChat) per raggiungere e servire clienti cinesi in Cina e in viaggio. Nel 2017 Digital Retex ha gestito più di 70 clienti e molteplici campagne realizzate, permettendo ai propri clienti di entrare direttamente in contatto con oltre mezzo miliardo di consumatori cinesi. “Sostanzialmente – riassume Fausto Caprini – Digital Retex è un brand che si occupa di WeChat”.

WECHAT E IL RETAIL IN CINA

Perché WeChat è la porta d’accesso per chi vuole fare Retail in Cina?

Innanzitutto va capito bene che cos’è WeChat e come funziona. Il paragone più semplice, ma anche più ingannevole, è con WhatApp, invece è radicalmente differente. WeChat è l’ecosistema prevalente che rappresenta Internet in Cina. In Italia gli utenti hanno una varietà di app da gestire: Facebook, Twitter, Instagram ecc. ecc. È un approccio a Internet di tipo incrementale, un ecosistema fatto di tanti tasselli. La Cina, invece, è partita dal fondo, per così dire: ha realizzato WeChat, che è un insieme di Facebook, WhatsApp, Instagram ma anche un motore di e-commerce. Dentro una singola applicazione ci sono tutte le funzionalità. È uno strumento personale (si chatta con i propri cari), ma allo stesso tempo serve per seguire i brand preferiti, si può usare per telefonare o per pagare. Ed è meno intrusivo di Facebook: per esempio i brand non possono mandare più di 4 messaggi al mese attraverso WeChat. I numeri sono impressionanti: WeChat ha circa un miliardo di utenti. Questa piattaforma è dunque il primo elemento di familiarità per il cinese che viaggia nel mondo.

ARRIVI CINESI IN ITALIA: I VANTAGGI PER I RETAILER

Nel 2018 sono stati registrati circa 15 milioni di arrivi di cinesi in Europa, di cui circa 5 milioni solo in Italia. Come possono attivarsi i retailer per sfruttare questo mercato?

Gran parte del lavoro sta nel superare le barriere culturali. Noi siamo partiti dall’interesse delle aziende italiane e europee verso la Cina. E dalle aziende italiane che sono in Cina. Per esempio aiutiamo da tempo Valentino ad avere una presenza nel Paese. L’ultimo accordo siglato è con MonteNapoleone District, l’associazione che riunisce oltre 150 Global Luxury Brand del Quadrilatero della Moda di Milano. Montenapoleone è il luogo fisico dello shopping, conosciutissimo nel mondo, a volte più dei grandi simboli dell’arte italiana. WeChat è il luogo virtuale. L’official account WeChat di MonteNapoleone District è il primo del suo genere in Europa per dialogare con la clientela cinese sempre più digital e amante dello shopping in Italia: consentirà infatti di indirizzare campagne e messaggi ad hoc a questo target, valorizzando l’attività e gli eventi organizzati a livello associativo e dai singoli brand e della MonteNapoleone VIP Lounge.

Altri servizi su WeChat che sono sfruttabili dal retail?

WeChat offre l’infrastruttura di base, noi costruiamo la struttura che traduce le funzionalità in servizi fruibili. In altre parole mettiamo insieme i pezzi del puzzle, quelli tecnici e quelli di mediazione culturale. Ci sono molti brand italiani che lavorano con agenzie cinesi ma spesso si verifica un lost in translation culturale. Mi spiego: c’è stata un’azienda che ha deciso di organizzare una campagna pubblicitaria diversa da Paese a Paese, affiancando a ogni modella un simbolo di quel Paese, o almeno quello che era ritenuto tale. Per la Cina la modella è stata fotografata accanto a un guidatore di risciò. Ma questa è risultata un’offesa per il popolo cinese e la campagna non ha funzionato. Un altro brand del lusso occidentale ha scelto come testimonial una famosissima attrice cinese, senza rendersi conto che era pop, perciò non era in target. Altro caso di lost in translation: una compagnia che si occupa di crociere si è pubblicizzata a Shangai attraverso immagini di cinesi che prendevano il sole. Ma i cinesi non hanno questa abitudine. Insomma, non è detto che one size fits all. Soprattutto quando si parla di Oriente.

ALIPAY E WECHAT: ANALOGIE E DIFFERENZE

In Cina c’è anche Alipay, la piattaforma di pagamento online di Alibaba Group. In quali casi si usa l’una e in quali l’altra?

Sono le due piattaforme leader e concorrenti. Alipay fa capo a Alibaba, il colosso dell’e-commerce fondato da Jack Ma, e WeChat è sviluppato da Tencent, che domina i settori del social messaging e dei giochi online. La differenza sostanziale, a mio parere, è che Alipay è una forma di pagamento, WeChat è integrata in un ecosistema. Su WeChat si può chattare con gli amici ma anche fare la carta di identità o persino divorziare. WeChat ha un wallet digitale, una sorta di borsellino per trasferire denaro. Durante il Capodanno cinese è tradizione fare hong bao, ovvero scambiarsi le “buste rosse” con dentro del denaro. Nel 2018 più di 688 milioni di persone hanno utilizzato WeChat per scambiarsi auguri e le buste rosse digitali. Alipay è più aggressiva in Occidente e ha dalla sua il vantaggio di essere stata first mover, WeChat è usata per le transazioni di piccola entità, ma è anche una piattaforma social, perciò chi paga con WeChat Pay, diventa in automatico un follower del brand che ha acquistato.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4