Tecnologia solidale

La protesi si fa con la stampante 3D

2,6 miliardi di persone nei paesi emergenti e 100 milioni in quelli industrializzati non possano accedere alla biomedica. Da qui l’idea di Open Biomedical Initiative: costruire protesi a basso costo e diffonderle ovunque via web, condividendo le istruzioni in open source

Pubblicato il 25 Mar 2016

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Nel post precedente, raccontando di Looqui ho accennato al fatto che la protesi usata per permettere ai sordociechi di comunicare a distanza fosse stata realizzata da Open Biomedical Initiative.

Poiché da cosa nasce cosa e link tira link, ho voluto approfondire cosa fosse questa realtà. Pensavo fosse una associazione non profit americana o britannica, invece è una splendida realtà fondata nel 2014 da un gruppo di giovani italiani. Il “motore” di questa iniziativa è stato Bruno Lenzi, ingegnere marchigiano under 30 che con altre sei persone ha dato il via a questa community, che oggi mette insieme più di 100 volontari in tutto il mondo.

Il punto di partenza di Bruno e dei suoi amici è stato molto semplice. Oggi con la biomedica si posso ridare gambe, braccia, mani, a chi non le ha più. Una cosa che cambia la vita a chi ha perso un arto per malattia, per un incidente o a causa della guerra. Ciò però è alla portata solo di chi può permettersi una protesi mioelettrica, che costa decine di migliaia di euro. Come si può leggere nel sito della associazione, si calcola che 15.000 ospedali e centri umanitari, 2,6 miliardi di persone nei paesi emergenti e 100 milioni di persone nei paesi industrializzati non possano accedere alla biomedica. Da qui l’idea di Lenzi e dei suoi amici: costruire protesi a basso costo e diffonderle ovunque via web. Come? Condividendo le istruzioni in open source, in modo che la protesi sia realizzabile ovunque con una stampante 3D. Il tutto grazie a una comunità online di volontari, dotati delle competenze necessarie a ideare oggetti biomedicali funzionanti e sicuri.

Gli specialisti volontari di Open Biomedical Initiative provengono da ogni parte del mondo e collaborano online per progettare e sviluppare dispositivi e applicazioni. L’Associazione fa da garante verso i numerosi partner coinvolti e ha come propria missione principale la realizzazione della rete di distribuzione dei dispositivi.

Questi dunque sono i “segreti” di Open Biomedical Initiative. Bruno Lenzi e i suoi sono consapevoli di realizzare prodotti tecnicamente inferiori a quelli che costano 10 volte di più, ma che tuttavia garantiscono prestazioni assolutamente sicure. Così conseguono l’obiettivo di dare gratuitamente o al prezzo più basso possibile un servizio a persone e ospedali, in paesi sviluppati e non, che non potrebbero altrimenti disporre di tecnologie biomedicali.

Tre sono i progetti finora realizzati: una protesi meccanica (WIL), un’incubatrice neonatale (BOB) e una protesi mioelettrica (FABLE).
WIL (Wired Limb) è una protesi meccanica che sopperisce alla mancanza di una mano grazie ad un azionamento gestito dal movimento del polso e da un sistema di tiranti. È costituita da materiali facilmente reperibili ed a basso costo ed è completamente realizzabile da ogni modello di stampante 3D.

BOB (Baby On Board) è una incubatrice neonatale, sempre composta da componenti a basso costo e realizzabile mediante stampante 3D. Circa il 75% delle morti di neonati avviene durante la prima settimana di vita, spesso per la mancanza di apparecchiature biomedicali.

FABLE (Fingers activated by low-cost electronics) è una protesi elettromeccanica, destinata a chi ha subito un’amputazione o è affetto da malformazione congenita. Attraverso l’acquisizione di impulsi mioelettrici generati dalla contrazione dei muscoli prossimi al gomito, si attuano precisi movimenti delle dita.

L’internet delle cose è anche questo e la quarta rivoluzione industriale può dare un grosso impulso alla biomedica. Nuove tecnologie a basso costo, diffuse online e stampabili in 3D, potrebbero migliorare la vita di milioni di persone.

Per questa combinazione di innovazione e umanità Open Biomedical Initiative ha vinto il FunkyPrize 2015, il premio per i migliori progetti di innovazione intitolato alla memoria di Marco Zamperini.

Come ha scritto Paola Sucato, moglie di Marco e animatrice del premio, in questa iniziativa “c’è tutto il pensiero FunkyPrize: il digitale deve migliorare la vita delle persone, il digitale è connessione, scambio e cooperazione, scambio e cooperazione generano innovazione, innovazione è uso creativo di ciò che esiste già, il digitale è qui e ora. Ho la presunzione di dire che anche al secondo anno, Marco ha ispirato e guidato la selezione e la scelta. Nulla capita mai per caso, e le coincidenze sono sacre, anche se non se ne distinguono spesso le motivazioni e i confini”.

Anche io ho seguito la coincidenza che mi ha portato a scoprire questa bella realtà, che dà una mano (e non in senso figurato) a molti. Per dare anche tu una mano, puoi sostenerla con una donazione. Un dono prezioso, come quello che ci viene fatto con la Santa Pasqua. E, di questi tempi, ne abbiamo davvero bisogno…

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