Startup, i vantaggi fiscali quando si investe e quando si “esce”

Interpretare le norme fiscali in Italia non è mai facile. Due professionisti spiegano in quali situazioni gli investitori in imprese innovative possono godere dei benefici quando acquistano una partecipazione e contare sul regime PEX quando la vendono. Avendo quindi un’altra esenzione di imposta

Pubblicato il 03 Set 2015

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Un tema estremamente attuale è sicuramente quello dei benefici fiscali connessi al mondo delle startup innovative spesso limitatamente o parzialmente sfruttati a causa della consueta incertezza interpretativa.

Che gli investimenti nel capitale (e nella riserva sovrapprezzo n.d.r.) delle startup innovative siano deducibili e detraibili rispettivamente per i soggetti IRES e IRPEF è probabilmente noto a tutti gli operatori di settore, ma che tale beneficio sia, a specifiche condizioni, abbinabile anche alla disciplina PEX non è immediatamente intuibile se non attraverso un occhio esperto.

Meglio procedere con ordine: il Decreto Sviluppo bis (DL 179/2012 convertito nella Legge 221/2012) prevede che gli investitori possano beneficiare delle citate deduzioni e detrazioni, a condizione che la partecipazione acquisita nella startup sia mantenuta per almeno due anni. In questo arco di tempo non sono quindi consentite:

  • le cessioni, neanche parziali, delle partecipazioni ricevute in cambio degli investimenti agevolati;
  • il recesso o l’esclusione degli investitori;
  • la perdita dei requisiti necessari per essere startup innovative (articolo 6, comma 1).

Pertanto, per non perdere i suddetti benefici fiscali, l’investitore deve conservare la partecipazione, mantenendo l’investimento in società per almeno due anni, pena, la pretesa, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di incrementare le minori imposte versate con relative sanzioni ed interessi.

Le condizioni per godere dei benefici in entrata da parte degli investitori in startup innovative sono apparentemente di semplice applicazione, sebbene venga spontaneo chiedersi, dalla prospettiva dell’investitore puro, teso quindi a massimizzare il rendimento nel minore orizzonte temporale possibile, se sia possibile avvalersi dei benefici fiscali connessi all’investimento nel capitale della startup, senza compromettere la possibilità di cedere, sempre a specifiche condizioni, la partecipazione in regime PEX (Participation Exemption), ossia con il versamento di una piccola imposta sulla plusvalenza patrimoniale realizzata.

Molto sinteticamente, la PEX è il regime fiscale che consente, ai soggetti esercenti attività di impresa (società e ditte individuali) di beneficiare di un’esenzione da imposte sul 95% delle plusvalenze realizzate mediante la cessione di quote e azioni, a specifiche condizioni tassativamente elencate nell’art.87 del TUIR. Tali requisiti includono tra l’altro, l’esercizio ininterrotto di un’impresa commerciale secondo l’art. 55 del TUIR, […] almeno dall’inizio del terzo periodo di imposta anteriore al realizzo stesso.

Una volta verificato l’effettivo esercizio di un’impresa commerciale e il possesso del requisito della “commercialità” così com’è intesa dall’amministrazione finanziaria, non vi è nessun impedimento all’applicazione del regime PEX anche alle startup.

L’aspetto più critico è forse proprio quello apparentemente più semplice, ossia il requisito della commercialità. Tale concetto è infatti controverso con riferimento alle startup: si può sostenere che tale requisito sussista fino a quando la startup non avvii la sua attività realizzando dei ricavi? A fugare ogni dubbio è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 7/E del 29/3/2013 chiarendo che: “Si considerano atti tipici della fase di startup, a titolo esemplificativo, tutte le attività dirette a costituire, definire e rendere operativa la struttura aziendale, comprese quelle relative agli studi preparatori, all’ottenimento di permessi, licenze e autorizzazioni, alle ricerche di mercato all’addestramento iniziale del personale, all’acquisizione delle risorse finanziarie e tecniche necessarie ad avviare l’attività dell’impresa.”

In altri termini, il requisito della commercialità può considerarsi sussistente già nella fase di startup sempreché la società partecipata, dopo aver ultimato le fasi preparatorie ed essersi così dotata di un apparato organizzativo autonomo, inizi successivamente a svolgere l’attività per la quale è stata costituita.

Tenuto quindi conto che non vige un espresso divieto di applicazione del regime PEX alle startup innovative, ma avendo, al contrario, l’amministrazione finanziaria voluto chiarire la possibilità di applicare la PEX alle startup in generale, le due normative non sembrerebbero escludersi a vicenda essendo oltretutto rispettati i vincoli temporali.

Soci e investitori delle startup innovative possono pertanto teoricamente, ricorrendo i relativi presupposti di legge, godere sia di un “entry benefit” costituito da deduzioni e detrazioni di imposta per i conferimenti iniziali iscritti a capitale e a riserva sovrapprezzo, sia di un “exit benefit” usufruendo del regime PEX in caso di cessione della partecipazione.

* Roberto Cava è socio di Synopia, studio di consulenza fiscale e societaria
Antonia Verna è socia dello studio legale Portolano Cavallo.

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