LA SQUADRA

Renzi: Made in Italy e start up, ecco il who’s who dei consiglieri

Su innovazione, imprenditoria giovanile ed eccellenza italiana il segretario Pd ha un parterre di amici fidati: da Prada a Barilla, da Barberis (Nana Bianca) a Farinetti (Eataly). E il nuovo ufficio stampa Pd è un blogger “figlio” di Twitter

Pubblicato il 10 Gen 2014

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Un parterre di eccellenze, da Patrizio Bertelli di Prada alla famiglia Barilla, da Paolo Barberis di Nana Bianca a Oscar Farinetti della catena Eataly: sono alcuni degli amici e consiglieri di Matteo Renzi in fatto di made in Italy, innovazione e imprenditoria giovanile, temi particolarmente cari al segretario del Pd al punto da inserirli nel suo JobsAct, documento di riforme sul mondo del lavoro che sarà presentato in dettaglio il 16 gennaio per poi essere tramutato entro un mese in documento tecnico.

Come spiegano le persone a lui più vicine, il sindaco di Firenze ha intrecciato negli anni numerosi contatti con il mondo della moda, che peraltro è uno dei settori produttivi trainanti del capoluogo toscano. Per esempio è in contatto con Bertelli, amministratore delegato del gruppo Prada e marito della stilista Miuccia Prada. Cinque degli 11 siti produttivi del gruppo sono in Toscana (due nell’area fiorentina, due in provincia di Arezzo e uno a Siena), ma è più frequente, dicono i ben informati, che i due si incontrino a Milano. Renzi è anche molto amico di Renzo Rosso, fondatore della Diesel e frequenta Diego Della Valle, presidente e Ceo di Tod’s, oltre che – non è un dettaglio da poco – presidente onorario della Fiorentina. Matteo ascolta anche Brunello Cucinelli, presidente e Ad dell’omonima azienda del cachemire con sede nel perugino.

Ma i ‘consigliori’ del leader politico non producono solo abiti e scarpe. È nota la sua amicizia con Oscar Farinetti, l’imprenditore che, dando vita a Eataly, ha applicato l’esperienza della grande distribuzione all’alimentare di qualità. Di recente ha aperto una sede in pieno centro a Firenze, a pochi passi dal Duomo: tra i libri esposti negli scaffali, accanto alla biografia di Farinetti, spiccano i testi di (e su) Renzi. In fatto di Made in Italy l’imprenditore nativo di Alba e figlio di un noto partigiano è sicuramente uno dei consulenti più fidati. Forse meno pubblicizzate, ma altrettanto solide, sono le sue frequentazioni con Andrea Guerra, Ceo di Luxottica e con la famiglia Barilla.

Sul fronte start up il sindaco di Firenze può contare sulla stretta amicizia che lo lega al conterraneo Barberis, fondatore di Nana Bianca, l’acceleratore di neo-imprese che ha il suo open space a Firenze. In generale Renzi è attento alla comunità digitale, specie quella che si ritrova quotidianamente sui social network. Proprio da Twitter (ma non solo) arriva Filippo Sensi, nominato di recente ufficio stampa del Pd. Classe 1968, giornalista, è vicedirettore di Europa e ha collaborato con La Lettura del Corriere della Sera e Wired. In passato è stato portavoce di Francesco Rutelli. Ma, al di là della carriera nei media “brick and mortar”, si è fatto notare su Twitter con il nickname @nomfup (da “not my fucking problem”), diventato uno degli account più seguiti in Italia con oltre 41mila followers. Il suo ingresso tra i renziani è stato annunciato dallo stesso segretario, naturalmente con un cinguettio: “Un abbraccio a @nomfup che ha accettato la mia proposta di occuparsi del @pdnetwork. Inizia con la segreteria di domani, benvenuto”.

Per quanto riguarda l’Agenda Digitale, Renzi l’ha sempre ritenuto un tema prioritario per l’Italia al punto da battezzare a novembre 2012, a ridosso delle primarie del Pd in cui sarebbe poi risultato sconfitto da Pierluigi Bersani, il “Comitato digitale”: una squadra che vedeva in campo alcuni nomi noti del “salotto” digitale nazionale, da Francesco Sacco a Peter Kruger, da Layla Pavone a Stefano Quintarelli (oggi parlamentare di Scelta Civica), da Salvo Mizzi a Eugenio Prosperetti. Con alcuni i contatti sono andati persi, ma è probabile che con altri restino.

C’è poi il gruppo di renziani che si è battuto strenuamente per bloccare la web tax, provvedimento che imponeva di aprire partita Iva italiana ai colossi del web che vendono pubblicità in Italia. Approvata il 23 dicembre dal Senato nell’ambito della legge di Stabilità, l’entrata in vigore della norma è stata rinviata al primo luglio 2014 dal Decreto Milleproroghe. A spingere per la sospensione, attraverso un apposito ordine del giorno, erano stati tra gli altri i renziani Lorenza Bonaccorsi e Paolo Coppola: sicuramente ascoltati dal capo quando sono in ballo temi come l’Internet economy e le telecomunicazioni.

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