La storia

Movendo Technology, il team e il progetto della prima startup dell’Istituto Italiano di Tecnologia

Sergio Dompé ha investito 10 milioni su questi uomini: Carlo Sanfilippo, Simone Ungaro e Jody Saglia. Che hanno creato un’impresa da una tesi di dottorato, con un’idea in testa: applicare sull’uomo pezzi di robot per innovare la riabilitazione

Pubblicato il 04 Ago 2016

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È un’apripista Movendo Technology, la startup sulla quale Sergio Dompé, presidente della Dompé farmaceutici, ha investito 10milioni di euro. Perché è la prima impresa che nasce all’interno dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova dopo l’Investment Compact della primavera 2015 che rimediò al “pasticcio brevetti” e che permise all’IIT di avere partecipazioni azionarie. Ma è anche la prima startup che prenderà casa in un nuovo incubatore che l’Istituto aprirà entro la fine dell’anno. Ma andiamo con ordine.

Simone Ungaro, CEO di Movendo Technology

IL TEAM: UN CONSULENTE, UN INGEGNERE E UN FISICO
«Non bisogna investire sulle tecnologie ma sugli uomini perché le tecnologie invecchiano velocemente» ha detto al Corriere della Sera Sergio Dompé, parlando dell’investimento. Partiamo quindi dal team.

Simone Ungaro, 45 anni, CEO. «Lasciare il certo per l’incerto è una mia costante, è quella che mi ha portato all’Istituto Italiano di Tecnologia», racconta Ungaro, 45 anni, italiano/irlandese, laurea in economia alla Sapienza e master alla London School of economics: oggi è direttore generale dell’Istituto, incarico che lascerà per guidare la nuova impresa. Cresce come consulente (Value Partner, Kpmg, Deloitte), ma nel 2002 abbandona il percorso consolidato per rispondere a una chiamata di Vittorio Grilli che, diventato Ragioniere Generale dello Stato, gli chiede di aiutarlo per l’e-governement. Non passa molto tempo e si presenta l’opportunità di mettere in piedi l’IIT (la legge istitutiva è del 2003): lavora al progetto, comincia a occuparsi di trasferimento tecnologico e va sempre più spesso a Genova. Nel 2007 Ungaro diventa direttore generale dell’Istituto e un commuter Genova-Roma, dove restano la moglie, docente di anatomia (un dettaglio molto più vicino di quanto si possa pensare al suo lavoro) e i due figli. «Finita la startup dell’IIT, cinque anni dopo, comincio a lavorare a un progetto che nasce dalla tesi di dottorato di Jody Saglia». E qui entra in gioco il secondo componente del team.

Jody Saglia

Jody Saglia, 34 anni, diploma ITIS Olivetti di Ivrea, laurea Politecnico di Torino, dove comincia a occuparsi di meccatronica e robotica. Nel 2010 finisce il dottorato al King’s College di Londra. Tema: Philosophy in Mechanical Engineering Robotics, Mechatronics and Rehabilitation Robotics. Si sta quindi formando l’embrione di quello che sarà Movendo Technology. Saglia completa il percorso con un master dell’Università di Genova su Technology Transfer, Entrepreneurship and Management of Innovation in the High-Tech Industry. Entra all’IIT dove fa il technical manager. Nel nuovo team è l’uomo della ricerca e sviluppo.

Carlo Sanfelice

Carlo Sanfilippo, 51 anni, genovese, laurea in fisica e formazione manageriale. Tanto è vero che in Esaote, multinazionale italiana del biomedicale, dove entra nel 1996, comincia come project manager fino a diventare direttore di produzione. Dopo ci sono diverse esperienze in ruoli manageriali in aziende meccaniche di precisione ed elettroniche. All’IIT arriva nel 2012 con l’incarico di Technology Transfer manager: il suo lavoro è valutare la maturità delle tecnologie robotiche in ambito riabilitativo e gestire la partnership con INAIL che vale oltre 10 milioni di euro. Da qui nasce il progetto REHAB, di cui diventa responsabile, e che è all’origine di Movendo Technology. Nel team lo chiamano “il mago”.

IL PROGETTO: SMONTIAMO IL ROBOT E APPLICHIAMO I PEZZI SULL’UOMO
C’è quindi una tesi di dottorato di ricerca, un Istituto di ricerca di nuova generazione focalizzato sulla robotica. Aggiungi un partner operativo che rappresenta un’eccellenza nel settore della riabilitazione e ci sono tutte le premesse per la nascita di un’impresa. «Dalla ricerca alla ricaduta industriale», dice Ungaro, che ricorda: «La fisarmonica, così chiamammo la prima protesi per la riabilitazione della caviglia che era il primo risultato della tesi di Jody. Perché messa sul tavolo sembrava proprio una fisarmonica. Ma io ci ho visto una prospettiva… Per anni all’IIT abbiamo studiato il corpo umano per fare i robot (e qui torna l’anatomia, ndr). Adesso possiamo fare il contrario: smontiamo il robot e applichiamo i pezzi sull’uomo». Serve un partner industriale, che abbia l’esperienza e la conoscenza del mercato. «Avevo conosciuto il direttore generale dell’INAIL Giuseppe Lucibello quando lavoravo con Grilli. Gli abbiamo portato la “fisarmonica” e così è cominciata la fase due».

INAIL ha un centro protesi a Vigorso di Budrio, provincia di Bologna, che viene visitato ogni anno da esperti e ricercatori di tutto il mondo. Insomma, un’eccellenza italiana nel campo delle protesi e delle ortesi (gli apparecchi correttivi degli arti). La sperimentazione della “fisarmonica” viene fatta nel centro INAIL di Volterra e i dati dicono che funziona. È efficace ed anche “divertente” per i pazienti perché ha anche una dimensione gaming. «Cosi prende forma il progetto REHAB», ricorda Ungaro. «Era come se avessimo applicato una Ferrari a una caviglia: la soluzione individuata poteva fare molto di più, c’erano da sviluppare e scaricare tutte le sue potenzialità: in Italia non c’era nulla di simile».

Hunova, la macchina prodotta da Movendo Technology

L’IMPRESA NATA ANCHE GRAZIE A UN DECRETO SBAGLIATO (POI CORRETTO)

Nel 2013 nasce il primo prodotto, Hunova. Il nome? «Me lo sono inventato io dopo un brainstorming che non ci aveva portato a una soluzione coinvicente», racconta Ungaro. C’è la radice Human e quel Nova che evoca innovazione. Procede la sperimentazione con INAIL, cresce il team: 20 ingegneri «tutti industriali e questa è una novità. Qui non si lavora per produrre pubblicazioni. Saglia, per esempio, ha dovuto rinunciare alla carriera accademica per dedicarsi a questo progetto, che è un’altra cosa». È un’impresa potenziale, una startup che per nascere deve trovare le condizioni favorevoli. Queste si creano poco più di un anno fa quando il decreto Investment Compact, approvato in marzo, prevede che l’IIT possa costituire o partecipare a startup innovative anche con soggetti pubblici o privati, italiani o stranieri previa autorizzazione del Ministero dell’istruzione e della ricerca scientifica di concerto col Ministero dell’economia. Insomma, l’IIT non è più soltanto un centro di ricerca di eccellenza ma anche un incubatore di imprese. La soluzione arriva come correzione del pasticcio generato da un articolo dello stesso decreto, di cui è rimasta ignota la paternità, che dava all’IIT il compito di centro brevetti in Italia.

Movendo Technology è il primo frutto del nuovo corso dell’IIT: sarà maturo a ottobre quando saranno passati i 60 giorni di silenzio-assenso che hanno a disposizione i due ministeri per dire la loro. Intanto Hunova è già nelll’ospedale di Pietra Ligure, presto sarà anche Galiera di Genova e al Centro INAIL di Volterra. «Siamo pronti per il mercato», dice Ungaro. «A marzo 2017 sarà prodotta la mano e subito dopo il primo esoscheletro made in Italy». È tutto pronto per il decollo della nuova impresa. Il prodotto, il team, il partner industriale, l’assetto societario. Sergio Dompé ha il 50%, l’IIT il 7%, i tre manager del team il rimanente 43% diviso in parti uguali. «Ci piacerebbe dare un 3% della nostra quota a INAIL, se ne avesse la possibilità giuridica. Mi auguro che si troverà la soluzione normativa che lo permetterà», anticipa Ungaro a EconomyUp.

È quasi pronta anche una nuova sede per Movendo Technology, che nasce dentro IIT e dentro resterà per i primi tempi. Ma presto si trasferira in un nuovo incubatore che sta per nascere a Genova a pochi passi dall’IIT, in collaborazione con la Camera di Commercio: 8mila metri quadrati dove troveranno spazio le altre startup che stanno per prendere forma all’interno dell’Istituto. Era la sede di una grande concessionaria d’auto. Adesso sarà la casa dei robot. Commenta Ungaro: «È proprio il segno di come sta cambiando l’economia». E anche l’Istituto Italiano di Tecnologia.

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