La storia

Mcollective: la nostra fortuna? Aver cominciato da un negozio fisico

La startup, che è fra le 15 selezionate per ScaleIt2016, ha creato una piattaforma che favorisce l’incontro di aziende e designer. «Lo shop ci ha permesso di raggiungere numeri importanti» dice il ceo Nino Rindone. Quest’anno il fatturato supererà i 2 milioni

Pubblicato il 12 Ott 2016

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Nino Rindone, CEO di Mcollective

Dimenticate la fortuna. E non attribuite tutto ai soldi. Per far crescere una startup e farne una scaleup serve soprattutto una buona strategia. Ne è convinto Nino Rindone, CEO di Mcollective una delle startup partecipanti a ScaleIT, evento dedicato agli investitori internazionali interessati ad aziende innovative in fase di crescita in ambito digitale. Mcollective è una piattaforma per la distribuzione online e offline di abbigliamento, nata con l’obiettivo di creare una piattaforma distributiva per stilisti, designer e piccole aziende di moda che hanno nell’originalità, nella ricerca e nell’accessibilità i principi cardini dei loro progetti e delle loro collezioni.

Una startup nata nel 2014 con un negozio fisico – “è stata la nostra fortuna, la piattaforma è stata creata solo poche settimane fa” dice Rindone – con 1,5 milioni di investimento iniziale e con 200 piccole aziende che aderiscono fin dall’inizio al progetto.

Ma andiamo con ordine. Nino Rindone, 36 anni, siciliano, lascia la sua terra d’origine a 18 anni per studiare economia alla Bocconi. Dopo la laurea lavora per 8 anni nel mondo della finanza aziendale, prima in Parteners Cpa, società di consulenza creata da un gruppo di professori della Bocconi, poi per Intesa San Paolo, occupandosi di finanziamenti per le imprese in fase di sviluppo.

Nel 2011 “ero stanco dell’ambiente ovattato della banca, avevo bisogno di stimoli forti e di un ambiente un po’ più vivace. Decido di entrare nel mondo delle startup. Mi unisco,

Mcollective, lo store a Milano

così al team di Beintoo, società di mobile e proximity marketing fondata da Antonio Tomarchio. Ho visto l’azienda da tutte le angolazioni: da consulente prima, poi dalla parte chi dà soldi quando ero in Intesa San paolo, da manager in Beintoo fino ad arrivare alla veste di imprenditore” racconta.

Nel 2012, mentre è ancora in Beintoo, Rindone porta avanti un progetto nel settore del fashion con l’amico Cristian Milia, 37 anni. “Avevamo un piccolo outlet a Milano, lui lo gestiva, io ci ho investito qualche soldo” continua. E proprio da quell’outlet nascerà l’idea di Mcollective.

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“Attraverso l’outlet, ci siamo resi conto che in Italia c’è una grande presenza di piccoli stilisti e piccole aziende che hanno un prodotto di qualità, prodotto o progettato nel nostro Paese, che spesso si trovavano in grosse difficoltà nel trovare un canale di vendita. Il mondo del fashion è dominato da due grandi comparti: da un lato il fast fashion, ad esempio H&M, catene che fanno prodotto a basso prezzo e con qualità limitata; dall’altro c’è il comparto del lusso con ottima qualità ma con prezzi molto alti. Un marchio piccolo, fatto in Italia e venduto al giusto prezzo, ha una forte difficoltà nel trovare un canale di vendita sul mercato italiano ed europeo. Spesso parliamo di aziende talmente piccole, con pochi pezzi per collezione, per le quali non ha senso neanche parlare di ecommerce” spiega l’imprenditore. “Per far fronte a questa situazione abbiamo pensato alla creazione di una piattaforma che funzioni da aggregatore di tutte queste piccole aziende e designer emergenti e che potesse essere per loro un canale distributivo. Del resto – continua Rindone – ci siamo resi conto che c’era un senso di sofferenza nel consumo: la gente iniziava ad essere stanca delle solite cose e dei soliti nomi. Oggi i consumatori vogliono qualcosa di diverso, prodotti nuovi, originali, che non siano i soliti loghi attaccati su etichetta. E cercano anche una diversità di experience: in tutte le principali città, se si va nelle grandi vie dello shopping, ci sono sempre gli stessi marchi; sembra di essere sempre nello stesso posto. Oggi la gente vuole unicità. Così abbiamo deciso di unire questi due mondi: da un lato le piccole aziende, dall’altro un pubblico che cerca qualcosa di diverso, che non è più la solita moda, il fashion e il lifestyle come lo conosciamo oggi, ma una tendenza improntata all’unicità e alla diversità. In più, abbiamo puntato sul prezzo: oggi la gente è stanca di spendere troppi soldi solo perché ti chiami Armani o perché c’è scritto Prada, la gente vuole dare valore a quello che spende”.

Mcollective, lo store a Milano

Da tutto ciò nasce Mcollective, dove il nome rappresenta il “creare collettivo”. “Si tratta di un aggregatore di marchi che hanno fattori in comune, tra cui il primo di essere brand poco conosciuti, poi quello di essere innovativi, nel prodotto o nella ricerca di materiali, e infine nell’accessibilità del prezzo, che non significa necessariamente un costo basso – specifica Rindone – ma dare un giusto valore a ciò che si sta vendendo. Un maglione di cashmere non può costare 5 euro, avrà certamente un suo costo, ma sicuramente non 1500 euro solo perché è fatto da Cucinelli”.

Così, abbandonato Beintoo, Nino Rindone e Cristian Milia decidono di fondare la startup alla fine del 2014. A loro si unisce Anna Casiraghi, 35 anni, ex collega di Nino, conosciuta durante il periodo professionale trascorso nel mondo della finanza.

Siamo partiti con l’idea di creare prima un negozio fisico e solo in seguito puntare sul web, perché ci permetteva di raccogliere maggiori adesioni da parte dei designer e dei clienti, che avevano bisogno di vedere qualcosa di fisico prima di affidarsi a una piattaforma online” spiega il giovane imprenditore. “Sono partito subito con il fundraising e con l’idea di un deal family&friends: ho riunito attorno al progetto imprenditori e piccoli investitori, amici ed ex colleghi, grazie ai quali abbiamo raccolto 800mila euro. Poi si è unita anche Intesa San Paolo, e con il finanziamento della banca siamo arrivati a 1,5 milioni di euro. Cifra che ci ha permesso di aprire nel 2015 un flagship store di 500 metri quadrati su 9 vetrine a Milano in corso Buenos Aires” continua.

Iniziare con un negozio fisico è stata la nostra fortuna perché ci ha permesso di partire in velocità. Il negozio fisico dà ancora oggi, e soprattutto in Italia, visibilità e

Mcollective, lo store a Milano

possibilità di incasso: quest’anno l’azienda dovrebbe superare i due milioni di fatturato, parliamo di un negozio che incassa mensilmente 130-150 mila euro” spiega Rindone. “Inoltre il punto fisico ci ha permesso di scalare e raggiungere numeri importanti: siamo partiti con 200 aziende, oggi abbiamo superato i 350 tra brand e designer. Infine ci ha permesso di avere una clientela fidelizzata prima di lanciare la piattaforma online: lanciata a settembre 2016, abbiamo più di 10mila clienti registrati che sono venuti almeno una volta in negozio” spiega. La piattaforma, dunque, è dedicata a un certo tipo di clientela che già conosce il negozio fisico e che considera l’ecommerce un servizio aggiuntivo per acquistare il prodotto online.

Il tutto con un occhio rivolto all’innovazione. Mcollective, infatti, sta sviluppando la piattaforma e-commerce omnicanale, web, mobile e “fisica” grazie alla presenza di diversi totem touch installati nello store M. La piattaforma è connessa con le warehouse dei brand partner, creando un vero e proprio magazzino virtuale. Inoltre propone una shopping experience interattiva: tutti i prodotti sono dotati di tag nfc. Avvicinando l’etichetta nfc ai monitor presenti nello store, il cliente può visionare disponibilità di misure e colori, consigli su come completare l’outfit ed avere informazioni sul brand.

Insomma, tutto è stato studiato nei minimi dettagli. Non c’è improvvisazione nella crescita di Mcollective. E già si pensa ai progetti futuri. “Siamo stati contattati da un gruppo americano per partire con un progetto pilota oltreoceano: entro la prossima estate saremo anche sul mercato americano”.

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