Il dibattito

Fondo di Garanzia, che cosa funziona e cosa no nel triangolo startup-Stato-banche

Dopo il racconto di un imprenditore deluso da questo strumento, arrivano a EconomyUp nuove testimonianze su istituti che escogitano soluzioni “creative” per evitare rischi di insolvenze. Il Mise: gli startupper reagiscano e si rivolgano altrove. Ma richiedere garanzie personali è lecito

Pubblicato il 06 Dic 2016

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Il Fondo di Garanzia, strumento che punta ad agevolare il rapporto tra startup e banche garantendo la copertura dei prestiti fino all’80% dell’importo richiesto, può essere utile alle neonate società innovative, ma non è la panacea di tutti i mali. Occorre prestare molta attenzione alle “istruzioni per l’uso”, perché alcune disposizioni possono risultare non chiare o non eccessivamente trasparenti. In particolare bisognerebbe che le startup riuscissero a penetrare più agevolmente la “corazza” indossata (spesso anche legittimamente) dalle banche per evitare insolenze. Eppure il Fondo è stato creato proprio per aprire una breccia attraverso questa corazza.

La riflessione è partita dalle testimonianze raccolte da EconomyUp su alcuni startupper ai quali le banche hanno richiesto garanzie personali sull’intero dell’importo e non solo sul 20% non coperto dal Fondo. Ora ne arrivano altre dalle quali emergono elementi che fanno ulteriormente riflettere: banche che escogitano soluzioni “creative” (seppure legali) per coprirsi al massimo le spalle; startupper ai quali viene chiesto, anziché il 20%, il 200% di garanzie personali, oppure “costretti” a fare aumenti di capitale o versare tutta la propria liquidità in un conto corrente come ulteriore garanzia; e infine, last but not least, scarsa comunicazione su un fatto di cui non tutti tengono conto a sufficienza, ovvero che se lo startupper non riuscirà a ripianare il debito con la banca, questa si rivarrà sul Fondo di Garanzia, ma poi alla fine il Fondo pretenderà la restituzione dei soldi dallo startupper. Perché i prestiti erogati non sono a fondo perduto.

Startup e Fondo di Garanzia, così le banche chiedono garanzie personali

Cos’è Il Fondo di Garanzia – È uno strumento costituito dal Ministero dello Sviluppo Economico con Legge 662/1996 per facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rilascio di una garanzia pubblica. Il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (noto come “Decreto Crescita 2.0”), convertito in legge a dicembre 2012, ha previsto anche in favore di startup innovative e incubatori certificati l’accesso semplificato, gratuito e diretto al Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese (Fgpmi). Il fondo è gestito dal Medio Credito Centrale (Mcc) e consente allo Stato di garantire lo startupper fino al’80% dell’importo richiesto. Sulla parte garantita dal Fondo non possono essere acquisite garanzie reali (per esempio un’ipoteca sulla casa), assicurative (l’assicurazione che si stipula e che dovrebbe intervenire in caso di mancato rimborso del prestito) e bancarie (la garanzia bancaria è uno strumento con il quale una banca, ovvero il garante, assicura al beneficiario il pagamento di una certa somma di denaro nel caso in cui l’obbligato principale, l’ordinante, non adempia ai propri impegni). Tutto questo è specificato, nero su bianco, all’art. 3, comma 2, del DM attuativo.

Il rifinanziamento del Fondo – Lo strumento sembra riscuotere un crescente favore: negli ultimi tre anni sono stati erogati oltre 384 milioni di euro di prestiti garantiti dallo Stato a più di 1200 startup, come rileva il rapporto su “Le startup innovative e il Fondo di Garanzia per le PMI” con cifre aggiornate al 30 settembre 2016. Rapporto dal quale risulta anche che il tasso di sofferenza di queste imprese è vicino allo zero, ovvero quasi tutte le startup restituiscono il dovuto. Sarà per questo che il governo ha deciso di rimpinguare le casse del Fondo: il Piano Industria 4.0, che è stato inserito nella Legge di Stabilità, prevede la sua riforma e il suo rifinanziamento per 900 milioni di euro. Arrivano insomma nuovi soldi a copertura dei debiti contratti con le banche dagli startupper. E la riforma del Fondo in cosa dovrebbe consistere? Si parla di un nuovo assetto in base al quale la percentuale di copertura prevista sarà più alta per le operazioni di investimento e per le imprese con classe di merito più basse, mentre scenderà per le operazioni di liquidità e a breve termine. Intanto da più parti ci giungono richieste di chiarimenti e alcune lamentele.

Piano Industria 4.0: che cosa c’è per le startup e cosa le startup chiedono al governo

I casi – Dopo il primo articolo di EconomyUp, ci hanno contattato alcuni esponenti dell’ecosistema, tra i quali un dottore commercialista, consulente di diverse startup per le quali ha presentato più volte richieste di finanziamento con richiesta di garanzia da parte del Mcc. Il professionista preferisce non esserne nominato perché alcune startup alle quali sta fornendo consulenza hanno un procedimento di richiesta di prestito in corso, ma racconta quello che ha vissuto in prima persona. “Le banche chiedono sempre la garanzia personale oltre a quella reale, assicurativa e bancaria” assicura. Inoltre “ogni banca racconta una ‘storia’ diversa (nel senso di modalità di funzionamento della procedura) e ciascuna sostiene che la sua è quella giusta”. In particolare al professionista è capitato che una banca chiedesse a ognuno dei soci di una startup la garanzia personale del 20%: essendo cinque soci, in pratica la copertura è risultata del 100% (oltre all’80% già coperto dallo Stato). In un altro caso l’istituto bancario ha chiesto ai soci della startup di girare tutta la loro liquidità su un conto corrente aperto a garanzia del prestito. È inoltre successo che un istituto chiedesse agli imprenditori di “trasformare” il loro 20% di garanzie personali in aumento di capitale. Il professionista fa poi notare che se le banche per caso sbagliano nella procedura istruttoria e di conseguenza Mcc non effettua il pagamento in sede di escussione della garanzia da parte della banca, quella può rifarsi sul garante, ovvero sullo startupper. “In pratica le banche tendono a scaricare tutto il rischio sul cliente e sullo Stato” è la sua conclusione. In un altro caso ci ha contattato uno startupper che sta incontrando grandi difficoltà ad ottenere dalle banche alle quali si è rivolto quanto previsto dalla legge sul Fondo di Garanzia. Nel suocaso la banca che ha dimostrato maggiore disponibilità a portare a termine l’operazione ha chiesto, su di un prestito di 170.000 euro ( approvato dal Fondo) una fideiussione personale di 340.000 euro, pari cioè al doppio (200%) dell’intero importo e pari a 10 volte il 20% non coperto dal fondo. L’operazione al momento è in stand-by.

Interpellato da EconomyUp, il ministero dello Sviluppo economico replica:

♦Le banche possono richiedere garanzie personali oltre a quelle reali, assicurative e bancarie, perché queste non sono escluse dalla norma. Tuttavia gli imprenditori innovativi dovrebbero conoscere i loro diritti. Chiedere un’ulteriore garanzia oltre a quella reale, bancaria e assicurativa per la parte già coperta dal Fondo contrasta con la ratio e con le regole dello strumento. In casi come questi, sostiene il Mise, gli imprenditori dovrebbero fare presente questa contraddizione e, se non vengono ascoltati, cambiare banca.

♦Se lo startupper è insolvente, in ultima analisi deve comunque restituire i soldi al Fondo. Peccato che, nelle comunicazioni ufficiali, il “particolare” è scarsamente esplicitato, al punto che non raramente gli startupper chiedono conferma su questo punto.

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