Ecosistema

#StartupSurvey, il primo censimento Istat sulle startup (ma solo quelle innovative)

L’istituto di statistica, su impulso del Mise, ha inviato un questionario alle nuove imprese iscritte nello speciale registro delle Camere di Commercio. Ecco che cosa chiede su capitale umano, finanziamenti, approccio all’innovazione. C’è tempo per rispondere fino al 15 maggio

Pubblicato il 01 Apr 2016

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Il primo censimento pubblico e dettagliato delle startup innovative in Italia. Ad avviarlo è l’Istat, su impulso del Ministero dello Sviluppo Economico. L’indagine nazionale, definita #StartupSurvey, è partita il 31 marzo, giorno in cui l’Istituto Nazionale di Statistica ha distribuito via PEC a tutte le startup iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese un questionario e le istruzioni per compilarlo. Le neoaziende hanno 45 giorni di tempo per rispondere alle domande.

L’obiettivo della ricerca è cercare di aggiungere più possibile informazioni “qualitative” alla già nutrita mole di dati statistici a cui può attingere il Ministero in termini di startup. La survey si concentra per esempio sui motivi che hanno spinto gli startupper a fare iniziative imprenditoriali innovative, sulle esperienze lavorative e formative dei fondatori precedenti alla creazione della startup, sui metodi in cui le neoimprese raccolgono le risorse finanziarie di cui hanno bisogno, sulle strategie di difesa della proprietà intellettuale e sulle modalità seguite per sbarcare sul mercato.

Cosa c’è di preciso nel questionario? La prima parte è dedicata al “capitale umano”. Si chiedono informazioni su chi lavora all’interno

della startup, dai fondatori ai soci, cercando di capire con esattezza l’inquadramento professionale, le caratteristiche “anagrafiche” (età, sesso, titolo di studio, provenienza, coerenza tra studi e lavoro nella startup…), le esperienze professionali e accademiche precedenti, la conoscenza delle lingue e le motivazioni che hanno spinto a partecipare all’avventura della startup.

La seconda sezione riguarda i finanziamenti, con domande che riguardano il numero di soggetti hanno in mano il capitale della startup (con relativa quota), i modi in cui si finanzia la neoimpresa, le preferenze tra investimenti in equity da parte di terzi o credito bancario, la tipologia di finanziatori ricercati e così via…

Un terzo capitolo è invece riservato all’approccio delle startup all’innovazione: cosa intendono con questo termine? Quanto spendono in R&S? A quali soggetti destinano le risorse investite in Ricerca&Sviluppo? Come viene protetta l’innovazione?

L’ultima parte è invece riservata alla conoscenza della Startup Policy italiana da parte delle neoimprese e alle richieste di interventi normativi. Dopo una serie di domande sull’uso, l’efficacia e l’impatto delle agevolazioni introdotte dagli ultimi governi per facilitare la crescita delle startup, c’è infatti un’area libera in cui gli intervistati possono raccontare al legislatore le proprie esigenze e suggerire i modi per potenziare il quadro di regole cui operano le startup innovative e gli aspetti della vita di impresa su cui è necessario intervenire.

Oltre al sondaggio, tra il 21 e il 22 marzo, oltre 28mila imprese italiane – selezionate all’interno del Registro delle Imprese sulla base di requisiti di eleggibilità alle categorie di startup innovativa e Pmi innovativa – hanno ricevuto al loro indirizzo email PEC una nota da parte del Ministero sulle opportunità dai due regimi di agevolazione: con la collaborazione di InfoCamere, il dicastero ha identificato circa 5mila imprese che potrebbero qualificarsi come startup innovativa, e oltre 23mila che potrebbero rientrare nella definizione di Pmi innovativa (qui l’informativa inviata alle potenziali Pmi innovative).

Infine, il Mise, che risponde per eventuali chiarimenti all’indirizzo email startup@mise.gov.it, ha anche pubblicato un nuovo documento illustrativo dedicato al Credito d’Imposta R&S, che pur non essendo riservato solo a startup e Pmi innovative, può essere un’opportunità molto rilevante per questa categoria di aziende. Per le piccole società può rivelarsi un’occasione in più per entrare in un progetto di open innovation avviato da una grande azienda.

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