INTERVISTA

Perdichizzi: “Startupper del Nord venite al Sud, i soldi ci sono”

Il presidente della Confindustria Giovani catanese e responsabile di WCap Catania: “Il bando Smart&Start? Assegna enormi risorse, non disperdiamole: i manager settentrionali senza lavoro fondino startup nel Mezzogiorno”

Pubblicato il 10 Apr 2014

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Antonio Perdichizzi

“Forse il Sud non è ancora pronto per far nascere 1000 nuove startup in 6 mesi. Forse abbiamo bisogno di più tempo. Ma allora io dico: manager del Centro-Nord che avete perso il lavoro, trasferitevi e fondate una startup al Sud. I soldi ci sono, l’ecosistema sta cambiando”. Lo dice Antonio Perdichizzi, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Catania e responsabile di WCap Catania, acceleratore d’impresa di Telecom Italia, commentando Smart & Start, programma che prevede contributi a fondo perduto per startup impegnate in innovazione, tecnologie digitali e ricerca con sede in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. A cinque mesi dall’avvio del programma del Mise gestito da Invitalia oltre 200 domande hanno ottenuto esito positivo, per un totale di 34,7 milioni di euro assegnati agli aspiranti imprenditori. Restano a tutt’oggi oltre 168 milioni da assegnare, perché il bando è ricco: mette in palio 190 milioni di euro di fondi europei più altri 13 milioni aggiunti di recente a favore del Cratere aquilano (popolazioni colpite dal sisma).

Perché tutti questi soldi sono ancora disponibili? Scarsa attitudine all’imprenditorialità nel Sud o cos’altro?

Premetto che la mia valutazione su questo bando è positiva: per la prima volta dopo anni arriva una misura con un’enorme dotazione economica e con percentuali di contributi a fondo perduto molto interessanti. Erano anni che nel Mezzogiorno non si vedevano provvedimenti di questo tipo e di questa entità: c’erano e ci sono piccoli grant di ricerca, finanziamenti che prevedono l’ingresso nell’equity di una startup ma questa certamente è un’iniziativa significativa adottata in un momento storico in cui c’è particolare bisogno. E poi non pone limiti di età né di residenza, è sufficiente che la sede dell’impresa sia al Sud. A mio parere non è nemmeno giusto dire che non è arrivato il numero di domande previste, ma è importante sottolineare l’attenzione a una spesa corretta: insomma, conta soprattutto saper selezionare le aspiranti aziende a cui assegnare le agevolazioni, perché un progetto non ben strutturato si vede dall’inizio e produce solo spreco. Detto questo, probabilmente c’è stato un errore a monte in sede di deliberazione europea.

Quale?

Mi sembra un bando maggiormente tagliato su piccole e medie imprese che hanno già iniziato un loro cammino, piuttosto che su startup che devono ancora nascere. Mi spiego: il programma Smart riconosce contributi a fondo perduto, fino a un totale di 200mila euro, a fronte dei costi di gestione aziendali sostenuti nei primi 4 anni di attività pari al 35% dell’investimento. Questo significa che, per ottenere i 200mila euro, che poi spenderà sostanzialmente per il personale, lo startupper dovrà reperire non meno di 600mila euro in quei 4 anni. Ma sappiamo bene che, quando nasce, una startup non assume immediatamente nuovo personale: di solito è composta dal founder e da pochi soci. Inoltre c’è il noto problema dell’accesso al credito: giovani aspiranti imprenditori, che non hanno ancora costituito una società o l’hanno fatto da meno di 6 mesi, dovrebbero convincere le banche a concedere loro linee di finanziamento significative da 50/100mila euro in su…Sarebbe stato un bando perfetto per piccole e medie imprese che già esistono, sono nella fase iniziale, fatturano poche centinaia di migliaia di euro all’anno e che in questo modo ne avrebbero ricavato un ulteriore impulso alla crescita.

Allora cosa fare? Eliminare il meccanismo dei contribuiti e dare tutto a fondo perduto?

Questo mai: essere imprenditori significa prendersi dei rischi in prima persona. Sarebbe stato invece consigliabile un meccanismo di acconto: si eroga un acconto e poi, in una fase successiva, l’impresa restituisce la parte eccedente al contributo a fondo perduto.

Resta il fatto che i fondi non vengono spesi se il Sud non li richiede.

La cosa più saggia è lasciare aperto il bando il tempo necessario perché un numero considerevole di soggetti possa accedervi. Inoltre potrebbe essere attrattivo per iniziative imprenditoriali che nascono al Nord e vogliono collocarsi al Sud. Teniamo conto che questa misura non ha vincoli legati all’età dei componenti né alla residenza geografica. Inoltre nel Mezzogiorno il costo del lavoro è inferiore di un terzo rispetto al resto d’Italia, ci sono giovani professionisti che hanno fatto percorsi accademici importanti e il sistema presenta centri d’eccellenza. Una startup che non riesce trovare soldi al Centro-Nord può pensare di trasferirsi nel Meridione.

Non si rischia che i soliti furbi appendano una targa in un edificio al Sud e poi lavorino al Nord?

Ha ragione, è un comportamento fraudolento che purtroppo a volte si è verificato in passato. Ma nel caso di Smart & Start esiste un sistema di vigilanza in grado di impedire situazioni di questo genere. Io penso a un ex manager che ha perso il posto di lavoro a 60 anni in Piemonte o in Umbria. Perché non trasferirsi armi e bagagli a Catania o Bari e fondare una startup con il contributo di Smart & Start, portando le sue competenze sul territorio? In Sicilia la legge 407 azzera per tre anni i contribuiti Inps da versare per lavoratori giovani e non occupati, un altro terzo del costo del lavoro può essere abbattuto grazie a Smart % Start. Pensiamoci.

Se è difficile che un imprenditore dal Nord si trasferisca al Sud è anche perché ci sono i noti problemi di criminalità organizzata, oltre al fardello della burocrazia. A questo cosa risponde?

È vero che nel Mezzogiorno siamo in ritardo, è un dato di fatto. Sulla burocrazia direi che la questione non si pone solo da noi, ma in tutta Italia. Quanto alla criminalità organizzata, io dico che l’economia digitale è in grado di sfuggire a questa logica. Qui non stiamo parlando di botteghe o piccole imprese artigiane che possono essere soggette alle richieste di pizzo. Le startup nascevano nei garage, oggi nascono nelle stanze dei giovani: nessuno si sognerebbe di salire in un appartamento di un condominio al quarto piano e chiedere il pizzo. Poi gli startupper finiscono per lavorare in coworking, in spazi pubblici come incubatori o acceleratori, e anche in quel caso è difficile che vengano approcciati dalla criminalità organizzata. Inoltre in Rete tutto è trasparente, pubblico e sotto la lente di milioni di persone. In definitiva c’è più controllo. Insomma il Sud può diventare attrattivo per il Nord.

È questo il segnale che ha voluto dare l’ambasciatore statunitense John Philips, in visita ieri all’acceleratore Working Capital di Catania?

Proprio così: è stato significativo che abbia voluto visitare l’acceleratore di WCap. L’ambasciata ha fortemente voluto l’incontro e ha lanciato due messaggi: il primo che occorre perseveranza nel fare imprese, come hanno dimostrato le grandi company Usa quali Google, Microsoft o Amazon. Il secondo che il fallimento non deve scoraggiare ma, come negli Stati Uniti, deve essere considerato semplicemente una mancanza di successo iniziale, Ha poi sottolineato che in Italia ci sono alcuni settori di eccellenza, come il fashion e l’agro-alimentare e ha auspicato future collaborazioni. Noi ci crediamo.

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