Post referendum

Brexit, tutti gli effetti sul made in Italy

L’export italiano potrebbe subire un miliardo e 700 milioni di perdite: i settori a rischio sono meccanica strumentale e mezzi di trasporto. Problemi anche per le aziende: quella più esposta al rischio a livello di fatturato è Yoox, che dal mercato britannico ricava il 15% del totale. Allarme per lo spumante italiano, per il quale la Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco

Pubblicato il 24 Giu 2016

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La Gran Bretagna se ne va, saluta Bruxelles e lascia l’Europa. E se da un lato è vero che, come sottolinea l’ex premier ed ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, “non è un evento epocale, Londra era già mezza fuori” e che “i problemi sono più gravi per gli inglesi che per noi”, dall’altro bisogna anche tener conto che, inevitabilmente, ci saranno ripercussioni anche per chi in Europa ci resta. E non soltanto per i miliardi di euro che le Borse stanno già bruciando (alle 10.30 l’Euro Stoxx perdeva il 9,1%), ma anche per il futuro del commercio. Perché, se anche non è chiaro quale forma di rapporto Londra sceglierà di intrattenere con l’Ue (si ipotizza che possa restare comunque nel mercato unico, come la Norvegia, oppure che esca e trovi un accordo doganale come la Svizzera), è certo che le cose non saranno più come prima.

Ecco che cosa cambierà per l’Italia e per il Made in Italy.

L’EXPORT: UN MILIARDO E 700 MILIONI DI PERDITE – Con la Brexit, secondo un report della Sace (gruppo attivo nell’export credit per le imprese italiane) l’Italia potrebbe vedere una contrazione dell’export verso la Gran Bretagna da un minimo del 3 a un massimo del 7%, che in soldoni significa tra i 600 e i 1.700 milioni di euro in meno. L’Italia attualmente esporta prodotti per 22,5 miliardi, con un attivo di 11,9 miliardi di euro: con la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea, la previsione era di una crescita del 7,6% per il 2016 e del 6,1% nel 2017 del made in Italy. Ma con la Brexit, secondo il rapporto, si prevede “una minore crescita per l’export italiano verso Londra di circa 1-2 punti percentuali nel 2016 (pari a 200-500 milioni di euro in meno beni esportati)” e per il 2017 “una contrazione del 3-7% per l’export italiano verso il Regno Unito, equivalente a circa 600-1.700 milioni di euro in meno di prodotti esportati”. A ciò si aggiunge la reintroduzione dei dazi: secondo Prometeia, società di consulenza e ricerca economica, la tassazione sulle merci italiane potrebbe essere superiore al 5% del valore esportato. E se il costo si ribaltasse sui margini delle aziende, il costo sarebbe superiore al miliardo di euro (in linea comunque con le perdite francesi e tedesche).

I SETTORI COLPITI – L’impatto maggiore della Brexit, secondo il report Sace, sarebbe pagato dal settore della meccanica strumentale, “con una crescita inferiore di circa 100-200 milioni di euro” nel 2016 e “con una contrazione che potrebbe superare il 10%” nel 2017. Un calo è previsto anche per il settore dei mezzi di trasporto (tra -6 e -8% nel 2016 e tra -10 e -16% nel 2017), mentre altri comparti di rilievo del made in Italy, come tessile e abbigliamento e alimentari e bevande “non subirebbero una variazione negativa” nel 2016, mentre nel 2017 il tessile vedrebbe un calo dell’1-3% e gli alimentari continuerebbero invece la loro corsa.

LE AZIENDE A RISCHIO – Per le aziende italiane presenti in Gran Bretagna, la preoccupazione maggiore è quella della ricaduta sui mercati finanziari: il titolo Eni, ad esempio, a Piazza Affari alle 9.30 perdeva il 10%. La ricaduta sul fatturato, invece, dovrebbe essere piuttosto modesta: l’azienda italiana quotata più esposta in quanto a percentuale di fatturato in Gran Bretagna è Yoox, che però da quel mercato ricava solo il 15% del totale. Seguono Leonardo con il 14% di fatturato in Gb, Prysmian con il 13%, Ferrari e Stm con il 6% e Tod’s con il 5%, mentre le altre aziende hanno un’esposizione ancora inferiore.

ALLARME SPUMANTE – Grossi rischi potrebbero invece esserci per i produttori italiani di spumante, per i quali la Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco con un incremento del 38%. A lanciare l’allarme è Coldiretti, secondo cui la Brexit potrebbe sconvolgere i rapporti commerciali per via dell’effetto della svalutazione della sterlina. Al momento, infatti, la bilancia commerciale agroalimentare è fortemente a favore dell’Italia (che importa merci per 701,9 milioni di euro ma ne esporta per 3,2 miliardi), ma l’uscita britannica dall’Europa potrebbe portare a un riallineamento.

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