LA BUONA ECONOMIA

Jcoplastic, l’innovazione che “spia” tra i rifiuti

L’azienda campana che produce contenitori in plastica ha dribblato la crisi puntando sullo sviluppo di prodotti leggeri e realizzando cassonetti smart che individuano gli errori nella raccolta differenziata. “Siamo in crescita costante e diciamo no ai clienti che non meritano credito”

Pubblicato il 20 Feb 2014

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Antonio Foresti, ad di Jcoplastic

Ci sono storie di innovazione e di coraggio imprenditoriale made in Italy che meritano di essere raccontate anche per i contesti burrascosi da cui nascono. Una di queste è la storia della Jcoplastic di Battipaglia (Salerno), un gruppo specializzato nella progettazione e nella produzione industriale di contenitori in materie plastiche. Nata nel 1963 e rilevata nel 2002 dalla famiglia Foresti, l’azienda campana è stata sempre in prima fila nella commercializzazione di diversi prodotti, tra cui i cassonetti per i rifiuti, le casse per il trasporto di frutta e verdura e il pallet industriale.

Poi, qualche anno prima dell’avvento della Grande Crisi, arriva un imprevisto: una società straniera entra nel business italiano dei cassonetti grazie a un cospicuo incentivo erogato dallo Stato e mette in seria difficoltà le imprese già operanti nel settore. “Il mercato era già molto maturo: ci limitavamo a fare rimpiazzi di vecchi cassonetti rotti”, racconta Antonio Foresti, amministratore delegato di Jcoplastic. “L’arrivo di questo competitor, frutto di un’operazione maldestra di attrazione degli investimenti dall’estero, ci ha costretto a resistere a un attacco ad armi impari: noi non avevamo svariati milioni di euro a fondo perduto da utilizzare”. Così, l’azienda guidata da Foresti ha contrattaccato con l’unica arma possibile: l’innovazione.

L’idea era di investire in prodotti più leggeri, che utilizzassero il 20-25% in meno di materia prima, a parità di caratteristiche e prestazioni. “Avevamo una grande responsabilità nei confronti delle famiglie dei circa 200 dipendenti che lavorano nei nostri tre stabilimenti in Italia (con le sedi estere, il numero di addetti arriva intorno a quota 350, ndr)”, continua l’ad. “Così, dal 2007 abbiamo messo sul commercio nuovi prodotti più leggeri, sia per il settore ecologico che per quello agricolo, che ci consentivano minori costi in termini di materiali e di lavorazione. A oggi, il rinnovo della gamma è pari al 70% e stiamo andando avanti. Parallelamente, abbiamo investito nel risparmio energetico per ridurre i consumi”.

Le soluzioni brevettate hanno permesso di tenere botta sul mercato italiano e di arrivare preparati alla crisi,

Lo stabilimento di Battipaglia

attraversata senza grossi contraccolpi. Allo stesso tempo, Jcoplastic ha accelerato ancora di più sull’export, che rappresenta la maggior parte del fatturato (circa 100 milioni di euro, di cui una quarantina realizzati in Italia). “Abbiamo messo a segno una crescita costante annua del 7-10% e anche per il 2014 abbiamo ottime aspettative, soprattutto per quanto riguarda il mercato estero”, afferma Foresti. “Ci sono stati cali fisiologici, certo. Ma perché abbiamo fatto una selezione della clientela: abbiamo scelta quella meritevole di credito, soprattutto nel pubblico”.

Nel frattempo, oltre ad aver puntato sulla leggerezza (anche se i modelli più leggeri non possono essere venduti nel nostro Paese a causa di alcuni ritardi della normativa italiana), l’azienda ha anche investito sulla sostenibilità realizzando, tra l’altro, cassonetti fatti di materiale riciclato e innovativi frantumatori di bottiglie di plastica e lattine per favorire il riciclaggio dei rifiuti ingombranti. In più, ha messo a punto un’invenzione buona per l’Internet delle cose: il cassonetto intelligente. Si tratta di un contenitore ad accesso controllato, dotato di serratura elettronica, capace di riconoscere l’utente grazie a un sistema di tag Rfid che registra una serie di informazioni, tra cui la data e l’ora del conferimento. I dati raccolti sono inviati quotidianamente a un server e resi disponibili su un sito web. Un modo per individuare i conferimenti scorretti (per esempio, la plastica nel bidone della carta o l’umido nell’indifferenziato) e ottimizzare la raccolta dei rifiuti porta a porta.

Le casse per l'ortofrutta realizzate da Jcoplastic

“Per avere tecnologie innovative, abbiamo avuto il coraggio di affrontare nuovi investimenti nei momenti peggiori, anche rinunciando alla remunerazione del capitale”, dice l’amministratore delegato del gruppo. “Ce l’abbiamo fatta grazie alla storia che ci portiamo dietro. Tra le quattro mura degli stabilimenti c’è un’esperienza e un know how che non si possono leggere nei bilanci ma che danno la forza di superare i momenti difficili. E non è una caratteristica solo di Jcoplastic, ma di tante piccole e medie aziende italiane. È la vera ricchezza del nostro Paese: all’estero lo hanno capito ed è per questo che vengono a fare shopping di imprese in Italia”.

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