Ritardi

Lo “scandalo” dei 50mila posti di lavoro senza candidati

Il rapporto Excelsior Unioncamere ripropone la questione del mismatching fra domanda e offerta. A spiegarlo non è solo la mancanza delle competenze richieste. Le aziende cercano ancora con metodi “informali”, usano poco i centri per l’impiego e ancora meno gli strumenti digitali. Basterebbe un po’ di innovazione per ridurre l’impatto della disoccupazione

Pubblicato il 24 Lug 2013

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In un Paese in cui la disoccupazione marcia verso il 13%, massacra i giovani e colpisce persino gli immigrati leggere che ci sono quasi 50mila posti di lavoro che non riescono ad essere ricoperti crea sconcerto. E poi rabbia. E poi voglia di capire. E, cercando di capire, si arriva ancora una volta al ritardo con cui cammina l’Italia, sia sul fronte della formazione sia quello dell’offerta di lavoro. Ritardo dovuto anche alla scarsa attenzione delle istituzioni formative e delle aziende alle opportunità del digitale.

Il rapporto Excelsior di Unioncamere , realizzato sulla base di un campione di 94mila imprese in collaborazione con il Ministero del Lavoro, dice che nel 2013 un milione di persone perderà il posto di lavoro. Ma, ecco il paradosso, quasi 50mila assunzioni (46mila 900mila per la precisione) non potranno essere fatte perché non si troveranno i candidati adatti. Mancano tecnici nel settore ingegneristico, esperti della vendita e del marketing, laureati nell’area della meccanica e dell’elettronica.

Una storia che sentiamo da anni e che sembra nessuno voglia provare a portare a lieto fine. Per spiegare il mismatching di solito si usa l’antica questione dell’inadeguatezza del sistema formativo e delle competenze. Ma c’è anche un’altra ragione da leggere nelle pieghe del rapporto Excelsior: il 64% delle imprese (il 70% tra le pmi) usa ancora il canale informale per assumere. Cioè passaparola, amici, amici degli amici, prove e tentativi ma anche molta casualità. Insomma, solo 3 aziende su 10 fanno ricorso ai servizi dei centri per l’impiego o ai nuovi canali offerti dal web.

Sono numeri raccapriccianti se si pensa al gran parlare che si fa di siti che facilitano l’incontro fra domanda e offerta o dei sistemi di reclutamento possibili attraverso i social media (da Facebook a Linkedin). C’è ancora un mondo fuori dal digitale che non ha capito quanto sia costoso restar fuori, appunto, per la singola impresa e per il sistema Paese. La controprova? La contiene lo stesso Rapporto Excelsior: le aziende che assumono, nonostante tutto, ci sono (il 13,2%) e sono quelle che esportano e che innovano. Forse le altre dovrebbero cominciare a innovare dai metodi che usano per le assunzioni.

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