Finanza

Identikit della digital company in Borsa: piccola ma in crescita

Fattura 12 milioni, ma con un’impennata del 25% rispetto al 2014, con un margine lordo del 12%. È la media che emerge dalle semestrali delle società quotate all’AIM analizzate da IrTop, società specializzata nel mercato alternativo. «C’è ancora più offerta che domanda», dice l’ad Anna Lambiase. «Ma qualcosa sta cambiando»

Pubblicato il 05 Nov 2015

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Anna Lambiase, amministratore delegato IrTop

Fattura poco meno di 12 milioni, ma con un’impennata del 25% rispetto al 2014. Ha un margine lordo del 12%, in crescita del 17% e una capitalizzazione media di 35 milioni. È l’identikit della società digital quotata all’AIM, così come emerge dalle relazioni semestrali. Nell’alternative market di Borsa Italiana, dedicato alle Pmi, le società digitali quotate sono 14, un quinto del totale, e capitalizzano quasi 500 milioni, il 18%. Ancora poco.

È un mercato ancora piccolo ma in decisa crescita”, conferma Anna Lambiase, amministratore delegato di IrTop, la società di consulenza specializzata sull’AIM che lo monitora con report periodici. “Ho puntato su questo segmento perché è un modello anglosassone collaudato che in Italia, per la struttura economica esistente, ha potenzialità superiori alla Gran Bretagna”, aggiunge Lambiase che ha fondato IrTop dopo un’esperienza come chief financial officer della Poligrafica San Faustino, quotata sul mercato STAR di Borsa Italiana

Ma siamo ancora agli inizi. Tutto comincia nel 2009, ma la svolta risale al 2013, quando aumenta il numero dei collocamenti e l’attenzione nei confronti di un mercato borsistico diverso da quello principale, per la natura delle imprese ma anche degli investitori. “Qui si rivolgono nuovi imprenditori più aperti, che però hanno bisogno di una guida perché non sanno quanto può valere la loro azienda e quanto può raccogliere. E in questo senso io mi sento un po’ il loro angelo custode”, spiega Lambiase, che ha appena pubblicato per Franco Angeli il volume La quotazione delle PMI su AIM Italia e gli investitori istituzionali nel capitale.

Nel biennio 2014-2015 la raccolta complessiva è stata di 116 milioni per 9 quotazioni. Pochi? tanti? Dipende anche dagli investitori. “Anche loro sono completamente diversi da quelli del mercato principale. È difficile che ci siano quelli istituzionali, alcuni escludono questa possibilità per policy interne. Quindi bisogna andarseli a cercare: imprenditori, family office, piccoli club deal. Attualmente c’è più offerta di titoli che domanda. Ma qualcosa sta cambiando. Per esempio, stanno nascendo fondi specializzati in AIM e STAR”.

IL DIGITAL ALL’AIM: IL CAMPIONE È TECNOINVESTIMENTI

In questo contesto la nuova economia digitale deve ancora conquistarsi un suo seguito finanziario. I dati del primo semestre dicono che la crescita è generalizzata, con qualche caso di sofferenza (PrimoSuiMotori e Softec, che fanno registrare cali significativi dei ricavi). Chi sono i campioni di questo listino anomalo? I numeri dicono che TecnoInvestimenti (software e Big Data Management) batte tutti (ricavi + 65% con una capitalizzazione di 102,9 milioni) seguita da Axélero (Marketing e Communication, +64%) e Digitouch (Digital Advertising, +61%).

Il mercato sta cambiando. “Adesso si va verso la selezione. Serve un fatturato di almeno 10 milioni e chi investe presta attenzione a tre fattori: la redditività, l’ indebitamento e il progetto di crescita”. Anche dalla capacità di affrontare questo esame finanziario dipenderà la crescita della nuova economia digitale italiana. (g.io)

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