Per l’Industria 4.0 non ci sono soluzioni uguali per tutti

«Non esistono kit di pronto utilizzo, ogni progetto ha bisogno di una propria roadmap» spiega Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry 4.0 Sales Leader di Cisco. E il Digital Transformation Sales Specialist, Matteo Masi, aggiunge: «Il percorso da seguire è la presa d’atto delle tecnologie già presenti negli stabilimenti, per capire cosa serve e dove»

Pubblicato il 28 Mar 2017

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Michele Dalmazzoni (Cisco)

Il “one size fits all” non vale per i progetti di Industria 4.0. È questo un punto sul quale Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry 4.0 Sales Leader di Cisco, tiene a essere chiaro: “Ogni progetto ha bisogno di una propria roadmap. Non ci sono soluzioni uguali per tutti. Non ci sono kit di pronto utilizzo. Sostenere il contrario significherebbe minimizzare l’approccio”.

L’Industria 4.0 per Cisco implica uno scenario di profonda trasformazione, nel quale la società ha scelto di avere un ruolo importante: quello di partner per la digitalizzazione delle imprese.

“Il nostro impegno in questo ambito – prosegue Dalmazzoni – si inquadra nel progetto Digitaliani, ormai entrato nel suo secondo anno di vita, che abbraccia a 360 gradi il mondo industriale italiano, a partire dalle scuole e università, dunque dal mondo della formazione, per arrivare poi direttamente sulle imprese”.

Si parte dalla definizione di una digital roadmap, per poi toccare il mondo della consulenza e dell’education, abbracciare e coinvolgere i partner tecnologici e le startup, così come i system integrator, in una logica di ecosistema. Il touch sui clienti si esprime anche attraverso la creazione di community, per la condivisione delle best practice, che hanno come pillar indispensabile la definizione di progetti.

Cisco insiste sul concetto di Customer Journey che parte con una presa d’atto della situazione dalla quale parte ciascuna impresa si trova. “In passato la digitalizzazione è avvenuta per addizione: per questo le infrastrutture esistenti oggi sono troppo frammentate perché il dato sia effettivamente fruibile”, spiega Dalmazzoni, sostenuto in questo assunto da Matteo Masi, Digital Transformation Sales Specialist in Cisco, secondo il quale c’è comunque un percorso logico da seguire, che parte dall’assessment, vale a dire dalla presa d’atto delle tecnologie già presenti negli stabilimenti, per capire cosa serve e dove. “Dobbiamo tener presente che la connected factory è una tecnologia combinatoria: si lavora per inclusione, inserendo sistemi di interconnessione intelligente in impianti realizzati quando la comunicazione tra le macchine non era prevista né richiesta. E questo percorso di inclusione va fatto oggi, pensando a cosa potrebbe servire domani”.

Per Masi è importante anche fissare fin da subito il business outcome atteso e modulare su questo obiettivo il progetto.
Il punto, sul quale in Cisco si insiste molto, è che non c’è più tempo per tergiversare. C’è un senso di urgenza, dettata dalla consapevolezza dei benefici che dalla digitalizzazione derivano all’intero sistema Paese e al mondo manifatturiero in particolare. Urgenza dettata dalla volontà di non perdere le opportunità che il piano Industria 4.0 presentato dal Ministro Calenda lo scorso mese di settembre offre concretamente alle imprese. Opportunità che è necessario cogliere quest’anno, non solo per usufruire degli incentivi fiscali, ma anche per mettere in moto quel volano virtuoso che incoraggi il Governo a non abbandonare il progetto anche per gli anni a venire.

E siccome i freni allo sviluppo spesso arrivano dalle imprese stesse, riluttanti, o forse timorose, a investire, Cisco afferma con forza che sì, esiste una via italiana all’Industria 4.0, come dimostrano le best practice sviluppate con aziende come 1177, Aia, Dallara, FCA, Fluid-o-Tech, Inpeco, La Marzocco, Marcegaglia.

I progetti toccano l’intera azienda: non vi è alcun aspetto del percorso verso la fabbrica intelligente che non sia toccato dalla digitalizzazione. La logica nella quale ci si muove è quella dell’ecosistema: “Come Cisco offriamo consulenza di processo. Non ci occupiamo di attività che non sono nostro core, ma collaboriamo con le realtà che ne sono specialisti. Pensiamo ad esempio alla sensoristica non non produciamo sensori, ma siamo in grado di mettere in contatto i partner giusti per le esigenze dei nostri clienti. Per questo il nostro compito è muoverci sulla gestione del dato e sulla data delivery”.

Nei suoi asset principali il percorso viene disegnato da Masi, che spiega come dopo l’assessment, bisogna mettere a punto l’infrastruttura. Tre i mattoni indispensabili – Factory Network, il Factory Wireless, la Factory Security – che costituiscono il layer tecnologico sul quale vanno poi inserite le soluzioni. Cisco ha già identificato sette aree di intervento: Factory mobility, di Smart Logistic, di sicurezza fisica e logica, di Factory Collaboration, di Connected R&D, di pervasive Computing e Data Virtualization, di Connected Machine e Connected Products, con un focus specifico sulla Collaboration che “rappresenta di fatto la sintesi di tutte le tecnologie messe in campo in un progetto”, come chiosa Masi.

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