Strategie

Co-innovazione, che cos’è e perché le aziende non possono più farne a meno

Negli ultimi 5 anni sempre più imprese hanno compreso la necessità di allearsi con altre imprese e fare così co-innovazione, in particolare per progetti legati all’Industria 4.0. Come succede con l’Innovation Grand Challenge di Cisco. Qui altri esempi di come si può innovare insieme ai competitor

Pubblicato il 27 Apr 2017

Impact investment

“La co-innovazione è un paradigma dell’innovazione dove nuove idee e approcci provenienti da risorse interne ed esterne sono integrate in una piattaforma per generare nuovi valori e beni condivisi da tutti gli stakeholders, compresi i consumatori. Si basa sul coinvolgimento, la co-creazione e sull’esperienza“: è la definizione che Sang M. Lee, David L. Olson e Silvana Trimi danno della co-innovazione nel loro paper “Co-innovation: convergenomics, collaboration, and co-creation for organizational values“.

Com’è nata la co-innovazione

Era il 2012 quando i tre ricercatori dell’Università del Nebraska scrivevano i risultati dei loro studi. A cinque anni di distanza grandi nomi dell’industria hanno cominciato a non guardarsi più in cagnesco e hanno unito le forze per innovare insieme e resistere ai cambiamenti del mercato. La co-innovazione è uno dei temi più attuali nella rivoluzione dei processi scatenata dalla digital disruption.

Come scrivevano i tre “siamo all’inizio della quarta era del mondo industriale, quella della rivoluzione dell’innovazione. Questa nuova rivoluzione si è resa necessaria e possibile a causa dei diversi cambiamenti che stanno scuotendo il mondo, il contesto industriale e l’ecosistema in cui lavorano le persone”. Seguendo il loro schema, negli ultimi due decenni il mondo è passato dall’innovazione 1.0, quella chiusa, dove l’organizzazione si divideva in competenze uniche e separate e si basava su fattori di produzione convenzionali; all’innovazione 2.0, o innovazione collaborativa, quando l’autosufficienza non era più sostenibile e anche i leader globali di settore hanno dovuto trovare partner con cui scambiare le competenze; per poi arrivare alla terza fase, quella della open innovation che ha esteso la collaborazione a soggetti esterni alle aziende, come istituti di ricerca, università, singoli individui e infine alla quarta fase, quella attuale, della co-innovazione. “Se un’organizzazione è interessata esclusivamente ai propri obiettivi, senza nessuna condivisione con i suoi stakeholders, oggi è destinata a fallire” continuano Lee, Olson e Trimi.

Come e perché co-innovare

1.   Innovazione per creare beni. Le idee innovative possono essere sfruttate per creare nuovi beni, servizi o nuove iniziative imprenditoriali. Queste novità non devono necessariamente nascere da nuove idee, ma anche dalla condivisione di sapere ed esperienze che contribuiscano a creare, “un nuovo Oceano blu, dove non c’è competizione” per dirla con i professori Kim e Mauborgne. La condivisione delle competenze per creare valore può portare a migliorare anche i processi produttivi e i modelli di business e per espandere la platea dei consumatori, che devono essere coinvolti nel processo innovativo.

2.   Piattaforme di co-innovazione. Per dare valore ai nuovi prodotti e allungarne il ciclo vitale servono scoperte rivoluzionarie. Una piattaforma di co-innovazione è lo strumento con cui un’azienda può scoprire nuove strade attraverso la condivisione dei risultati, la convergenza, la co-creazione e la collaborazione con i partner. A sua volta, ogni partner avrà la sua piattaforma che unita alle altre contribuirà a creare un circolo virtuoso di innovazione.

3.   La convergeneconomics. È un nuovo ambiente dove la combinazione sinergica di differenti idee e oggetti nati in diversi contesti provoca la co-innovazione. Un esempio ne sono realtà di servizi come il Bangkok International Hospital Group, una holding privata di 30 ospedali che offrono tutti i servizi legati al turismo sanitario, dai trattamenti medici agli hotel, ai trattamenti post-cura ai viaggi in aereo, coinvolgendo tutti gli attori del settore.

4.   Collaborazione per la co-innovazione. Ossia, dove si usa il pronome ‘noi’ al posto di ‘io’ o ‘tu’. La caratteristica principale è la condivisione di un obiettivo che potrebbe essere realizzare un profitto, partecipare a un’esperienza o solo divertimento.

5.   La co-creazione. I consumatori sanno cosa vogliono e come i prodotti o i servizi possano essere cambiati per produrre nuovi valori. Il principio è stato definito da altri due ricercatori, Ramaswamy e Gouillart: “coinvolgere le persone per creare insieme esperienza di valore, attraverso l’atteggiamento mentale, l’interazione, una piattaforma e un network di contatti”.

La co-innovazione oggi

L’centro di co-innovazione Ciscoe l’Internet of Things sono terreni fertili per la co-innovazione. Come è scritto nel piano Industria 4.0 dell’ex ministro dello sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni Carlo Calenda: “l’Industry 4.0 deve essere aperto, tutti devono essere nella condizione di portare innovazione a prescindere dai vincoli proprietari sulle piattaforme, sulle infrastrutture, sugli ambienti operativi”.

Secondo le maggiori società di ricerca, entro il 2020 si arriverà a oltre 25 miliardi di apparati IoT, con una crescita stimata tra i 10 e i 100 miliardi. Stando alle analisi, secondo la World Telecommunication Standardization Assembly del 2016, saranno 1,7 Mb/sec. i dati trasmessi da ogni persona al giorno. Cifre che favoriscono il fiorire di nuovi progetti e prodotti (solo in Italia fra il 2015 e il 2016 sono state realizzate 600 app).

Capostipiti della partnership fra gruppi per la co-innovazione sono state Telecom Italia ed Ericsson che nel 2015 hanno siglato un accordo triennale per sviluppare congiuntamente soluzioni innovative nell’ambito IoT e Machine to Machine. I due colossi hanno congiunto le forze per realizzare servizi verticali per l’automotive, i servizi e l’agricoltura studiati e testati su piattaforme Ericsson all’interno della Foundry di Telecom insieme ai partner creativi dell’azienda Tlc. C’è poi l’Innovation Grand Challenge di Cisco, che nel 2017 è giunto alla sua quarta edizione, un programma di co-innovazione della multinazionale nato per individuare nuove soluzioni per connettere le tecnologie IoT con le piattaforme digitali.

Inoltre, sempre Cisco, a gennaio 2020, ha inaugurato il primo centro di co-innovazione Cisco dedicato alla sicurezza informatica in Europa apre a Milano negli spazi del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, entrando a far parte della rete mondiale dei Co-Innovation Center Cisco.

A Trento nel settembre scorso la Fondazione Bruno Kessler e la società informatica Dedagroup hanno promosso la creazione del Co-innovazione lab, dedicato a sviluppare insieme soluzioni innovative per l’incrocio di dati ad uso della PA e dei cittadini. Soluzioni più avanzate si trovano all’estero, per esempio in Germania, dove la Huawei ha già realizzato soluzioni innovative per le smart city insieme a gruppi attivi nella robotica, aziende di telecomunicazioni e istituti di ricerca. Connected City Lighting Solution, per esempio, è la soluzione dedicata all’illuminazione stradale basata su un controllo intelligente multi-livello del parco lampade cittadino.

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Andrea Milluzzi

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