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2017, cercasi classe dirigente per la buona innovazione

Nel 2016 sono accadute molte cose importanti e incoraggianti ma per fare un salto di qualità nella trasformazione digitale, e quindi nella crescita economica, serve una forte assunzione di responsabilità dei politici ma anche degli imprenditori. Una cartina di tornasole sarà il progetto Human Technopole, partita internazionale che non si può rischiare di perdere

Pubblicato il 14 Dic 2016

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Perché ce la possiamo fare? Perché potremmo non farcela? Nel 2016 in Italia, e non solo, sono accadute cose rilevanti per l’innovazione, digitale e non solo. È stato un anno significativo anche per le startup, le nuove imprese chiamate a fare da lievito del sistema economico. Lo abbiamo raccontato, giorno dopo giorno, su EconomyUp e scorrere velocemente i fatti più importanti è decisamente incoraggiante: le “scosse” non sono mancate ma potrebbero non essere sufficienti se non saranno accompagnate da una più generale evoluzione della cultura politica che metta al centro le scelte innovative e non solo quelle a sostegno dell’innovazione. Non è differenza da poco, visti anche gli spifferi di instabilità politica che soffiano dagli Stati Uniti al Vecchio Continente: il 2017 non sarà soltanto l’anno del debutto di Mister Donald Trump alla Casa Bianca.

Non mancano i motivi per poter dire che anche dalle nostre parti le cose cambiano, che la coscienza dell’innovazione si sta diffondendo nonostante non sempre sia seguita dalle conseguenti azioni, che le risorse finanziarie disponibili crescono anche se sono ancora inferiori alla media europea, che il valore sociale dell’imprenditorialità espresso dalle ormai quasi 10mila startup ad alto potenziale innovativo è qualcosa di più di un gadget alla moda per poche stagioni. Ma c’è un avvertimento che il 2016 ci consegna per l’anno che verrà: incentivi, agevolazioni e statuti speciali, migliaia di startup brillanti e decine di aziende entusiaste dell’open innovation servono a poco senza un deciso salto di qualità nelle scelte della politica e nelle assunzioni di responsabilità degli imprenditori privati. Insomma, senza un passo diverso di quella che un tempo si chiamava classe dirigente.

Da quasi 5 anni anni c’è una stabile linea a vantaggio di chi investe sulle startup, a questo punto tocca agli investitori mostrare il loro coraggio e la loro capacità di selezionare il rischio. È molto triste vedere ancora nuovi fondi di venture capital nascere solo grazie a risorse pubbliche o troppi Don Abbondio a cui non si può chiedere di mostrare quel cuore di leone che non hanno. Il 2016 è stato l’anno del primo piano di politica economica sulla trasformazione digitale, il tanto declamato Industria4.0. Non sarà perfetto, metterà in gioco peanuts come ha lamentato qualcuno ma c’è e adesso tocca agli imprenditori mostrare di avere visione e rischiare la loro parte: insomma di fare gli imprenditori, che non significa solo aprire tutti i giorni la serranda, pagare i dipendenti e mettere quanto più fieno possibile in cascina.

C’è una partita aperta per il 2017 che sarà la cartina di tornasole della capacità di fare gioco di squadra, politica e impresa, pubblico e privato, con logiche nuove e obiettivi evoluti. Si chiama HumanTechnopole, si gioca nel campionato mondiale dell’innovazione e ci vede, al momento, tra i favoriti. C’è già lo spazio (l’ex area Expo), c’è il soggetto giuridico (Arexpo), c’è il gestore (l’Istituto Italiano di tecnologia), ci sono i primi fondi (80milioni di euro). Qualche ex ministro si è sbilanciato dicendo che a gennaio 2017 ci sarà la posa della prima pietra del polo scientifico dedicato alla medicina predittiva. Vedremo presto, quindi, la distanza fra gli annunci e la realtà. Anche perché il progetto è impegnativo, richiederà tempo per essere portato a compimento (fra cinque e sei anni). Ma un fatto sarà lavorare seguendo piani e tempi predefiniti, un fatto invece eseguire lo spartito conosciuto di ripensamenti, rinvii e interferenze.

Human Technopole è un progetto ambizioso e visionario che può portare sulla ribalta internazionale tutta l’innovazione italiana, sarebbe criminale non garantirgli continuità istituzionale indipedentemente dai cambiamenti politici. Avere un polo di ricerca sulla salute attirerebbe competenze e investitori, a vantaggio di tutti. L’effetto sarebbe poi moltiplicato se accompagnato dal trasferimento della European Medicines Agency (EMA) da Londra a Milano. Questa partita non dipenderà ovviamente solo dall’Italia, ma sarebbe colpevole dimenticarla solo per effetto di un referendum costituzionale. O considerarla solo una questione per pochi scienziati e qualche ricercatore. Ci sono in ballo eccellenze italiane, centri di studio, talenti e imprese, vecchie e nuove. L’Italia non è solo la seconda manifattura d’Europa, dopo la Germania. Ha anche la seconda industria farmaceutica d’Europa. Il biotech è una frontiera su cui siamo già ben presenti, anche se da nani. C’è l’occasione per crescere tutti. È l’augurio per il 2017.

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