Mercato unico

Diritto d’autore, che cosa ci fa una startup italiana a Londra?

Soundreef, fondata da Francesco Danieli e Davide d’Atri, gestisce in modo indipendente le royalties di migliaia di musicisti ed è uno degli interlocutori tecnici del governo inglese per la scrittura del regolamento nazionale. Dice Danieli: «In Italia, invece, si cerca di riscrivere le regole andando in direzione diversa da quella Ue»

Pubblicato il 28 Mag 2015

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Il Regno Unito ha fatto un passo in avanti verso il Mercato digitale unico, avviando una consultazione tra esperti del settore che porterà al recepimento della Direttiva europea 2014/26/Ue sulla “gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno”.

Una rivoluzione annunciata per il mondo del diritto d’autore e del copyright, in quanto istituzionalizza il ruolo delle società di gestione indipendenti in concorrenza con le collecting society come Siae.

Soundreef, la startup fondata nel Regno Unito dagli italiani Francesco Danieli e Davide d’Atri, come ente di gestione indipendente è tra gli interlocutori tecnici interpellati dall’Intellectual Property Office inglese per scrivere il regolamento nazionale sulla base di quello comunitario.

Il governo inglese si è approcciato in modo razionale al problema – commenta soddisfatto Davide D’Atri, presidente di Soundreef – . Si è partiti dalla direttiva che è scritta benissimo, molto dettagliata, ed è stata utilizzata come traccia per definire il regolamento nazionale. Già lo scorso anno, il Regno Unito ha approvato le UK Copyright Regulations in tema di diritti d’autore e ora deve decidere se adattare le regole nazionali o sovrascriverle in base alla Direttiva europea. Hanno interpellato tutte le Collective Managemement Organization (CMO) e le Independent Management Entity (IME) come noi che operano sul territorio britannico e hanno somministrato un questionario. Ad aprile hanno chiuso le consultazioni e in base a questi feedback il governo scriverà la legge nazionale, in modo molto trasparente”.

La Direttiva 2014/26/UE, approvata a febbraio dello scorso anno dal Parlamento europeo e dal Consiglio, punta ad armonizzare tra gli Stati membri la gestione e l’utilizzazione di licenze musicali, stabilisce nuovi requisiti in materia di governance, gestione finanziaria e di trasparenza per le Collective Managemement Organization (CMO) – le corrispondenti della Siae italiana – e regolamenta l’esistenza delle Independent Management Entity (IME), che si differenziano per la loro indipendenza.

Di fatto, ha come obiettivo la regolamentazione di un mercato unico del diritto d’autore e dei diritti connessi sulle opere musicali fruibili online, attribuendo agli autori, artisti, interpreti ed esecutori il diritto di scegliere di aderire alle collecting society in base alle diverse tipologie di opere e utilizzazioni.

Entro il 10 aprile 2016 tutti gli Stati membri dovranno recepire la normativa. In Italia a che punto siamo? “In Italia sono stati presentati disegni di legge da parte di quasi tutti i partiti, ci sono stati tavoli di studio e conferenze – dice D’Atri – ma il problema è che non si parte dalla Direttiva e si cerca di riscrivere le regole a livello nazionale. Questo approccio è molto pericoloso perché ci si potrebbe scontrare con gli interessi locali e si potrebbe andare in direzioni diverse rispetto a quelle dell’Unione europea. La Direttiva è scritta davvero molto bene perché analizza tutti gli aspetti del settore quindi non serve un nuovo regolamento”.

Sul sito web del Senato si legge che la Direttiva trae origine dalla proposta COM (2012) 372 che è stata esaminata dalle commissioni Istruzione pubblica, Beni culturali e Affari europei, i quali a loro volta hanno fornito osservazioni alla commissione Industria, Commercio e turismo (destinataria dell’atto in sede primaria).

La commissione Affari europei del Senato, non avendo ricevuto altri input sulla nuova Direttiva, ha approvato una precedente risoluzione (DOC XVIII-bis, n. 85) sottolineandone una serie di elementi problematici, come la governance e la trasparenza degli organismi di gestione collettivi, la scelta di escludere dal campo di applicazione gli intermediari indipendenti, la natura non esclusiva degli accordi tra società di gestione collettiva per la concessione di licenze multiterritoriali per i diritti d’autore su opere musicali per l’uso online, la diffusione delle opere musicali mediante i social network e l’elevata serie di adempimenti formali e sostanziali previsti per gli Stati membri, la scelta dello strumento della Direttiva. Il 10 aprile 2016 non è lontano e vedremo in che modo l’Italia si adeguerà alle indicazioni del legislatore comunitario.

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