Politica economica

Governo Renzi & innovazione, 5 cose ancora da fare dopo il primo anno

Festeggiato il primo compleanno con il Jobs Act, il premier ha ancora diversi nodi da sciogliere per “cambiare verso”. Dal varo delle Pmi innovative alla web tax, dal piano banda ultralarga al “risveglio” dell’Agid fino alla liberalizzazione dei taxi come segnale di “liberazione” da lacci e laccioli corporativi

Pubblicato il 24 Feb 2015

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Matteo Renzi ha appena festeggiato il primo anno da presidente del Consiglio portando a casa il varo del Jobs Act. Quali nuove sfide dovrà portare a termine nel nuovo anno di governo appena iniziato? Ci siamo concentrati sull’argomento “innovazione” e in particolare – per cercare di circoscrivere un termine per sua natura “ad ampio spettro” – sull’innovazione tecnologica, imprenditoriale e digitale: dalla banda ultralarga alla web tax, passando per pmi innovative, liberalizzazione dei taxi e governance della digitalizzazione del Paese. Sono 5 priorità del “mondo innovazione”, individuate a titolo esemplificativo (ma se ne potrebbero aggiungere altre), che il governo Renzi si sta trovando ad affrontare in questi giorni e sulle quali si sta in parte già attrezzando per fornire risposte. Quale tipo di risposte lo vedremo solo a percorso ultimato.

L’atteso battesimo delle “Pmi innovative” – È in questi giorni all’esame delle Commissioni competenti l’esame del decreto legge “recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti A. C. 2844″, il cosiddetto “Investment Compact”. Nell’ambito di questo testo si propone di introdurre la nuova categoria aziendale delle Pmi innovative, attribuendo loro gran parte delle agevolazioni finora riservate alle startup innovative. Nei prossimi giorni il testo approderà in aula, con conseguente dibattito parlamentare ed eventuale proposta di emendamenti. Non è detto che non vengano introdotti cambiamenti in corso d’opera, ma in ogni caso entro 60 giorni il decreto dovrà essere convertito in legge. Il percorso è sostanzialmente segnato e l’esito in larga parte prevedibile. E già si parla di piccola-grande rivoluzione nel mondo dell’imprenditoria.

Qui i dettagli del decreto legge sulle Pmi innovative

Banda ultralarga in dirittura d’arrivo – Il varo del Piano nazionale per la banda ultralarga da parte del Consiglio dei ministri, atteso probabilmente per venerdì prossimo, darà il via libera agli operatori di telecomunicazioni di prenotare entro il 31 marzo le aree di investimento per le quali richiedere le agevolazioni. Questo passaggio renderà il Piano impegno vincolante nei confronti della Ue. Ci sarà poi tempo fino al 31 maggio per presentare i piani che andranno approvati, o meno, entro il 15 giugno.
Secondo indiscrezioni di CorCom, il documento finale all’esame del Cdm del 27 febbraio conterrà le linee guida per la realizzazione del catasto delle infrastrutture, ossia del database in cui saranno incluse tutte le infrastrutture del suolo e del sottosuolo (tralicci energia elettrica, tubature gas, rete idrica e fognaria) con l’obiettivo da individuare quelle utilizzabili per facilitare la posa dei cavi in fibra da parte delle telco ma anche per abbattere i costi stessi della posa, almeno nell’ordine del 20%. Dal prossimo anno tutte le società che realizzano infrastrutture dovranno fare confluire le stesse nel database.
Sempre nel Cdm del 27 febbraio dovrebbe essere approvato il decreto attuativo allo Sblocca Italia sul credito d’imposta sull’Ires e Irap fino al 50% del costo massimo dell’investimento per gli interventi strutturali sulla rete fissa e mobile, per impianti wireless e via satellite, inclusi gli interventi infrastrutturali di backhaul, per l’accesso alla banda ultralarga.

Web tax sì o no? – Per ora è “no”, o perlomeno “ni”, ma qualcosa potrebbe muoversi nei prossimi mesi. A suo tempo il premier non l’aveva voluta. Promossa da Francesco Boccia (Pd), la cosiddetta “web tax” o Google Tax – normativa che prevedeva la necessità di acquistare servizi di pubblicità visualizzabili sul territorio italiano solo da soggetti titolari di partita Iva italiana – era stata definitivamente abrogata a febbraio 2014 dal governo Renzi dopo una battaglia condotta anche all’interno del Pd tra renziani e non renziani. Il premier aveva assicurato che la questione sarebbe stata affrontata in sede di Unione europea, ma il semestre di presidenza italiana della Ue è passato senza che ne sia stata fatta parola. Nel frattempo altri Paesi si sono attrezzati per conto proprio: lo hanno fatto Germania, Francia e infine la Spagna, punita da Google con la cancellazione nel Paese delle Google News. Da qualche tempo, però, sembra che l’ipotesi di riscuotere le tasse dai colossi del web operativi nel nostro Paese stia gradualmente tornando in auge. Secondo un articolo pubblicato giorni fa su “La Repubblica”, il governo starebbe pensando di introdurre una “link tax” sul modello spagnolo e così indurre gli aggregatori di notizie a pagare un compenso agli editori per ogni indicizzazione di articoli e notizie. Si ipotizzava che la misura sarebbe comparsa nel Disegno di legge sulla concorrenza, ma così non è stato. In ballo c’è un bel gruzzolo: dai dati emersi dalla relazione tecnica sulla Legge di Stabilità con cui a suo tempo era stata approvata la web tax, la normativa avrebbe portato nelle casse dello Stato un totale di 137,9 milioni di euro (119,9 milioni di Ires e 18 milioni di Irap). Ovviamente la web tax è gradita a molti editori (De Benedetti l’ha sempre sostenuta) e sgradita alla gran parte degli operatori del web.

Liberalizzazione dei taxi sì o no? – Per ora è “no”. Nel Disegno di legge (Ddl) sulla concorrenza, a cui il Consiglio dei ministri ha dato via libera qualche giorno fa, è saltata la prevista liberalizzazione dei taxi. Nella prima bozza visionata da alcuni organi di stampa pare che fosse stata prevista l’eliminazione delle distorsioni concorrenziali anche per taxi e Noleggio con conducente (Ncc). La sede del conducente del mezzo e la rimessa non avrebbero più dovuto essere situate esclusivamente nel territorio del Comune che ne aveva rilasciato l’autorizzazione e i Comuni non avrebbero più dovuto regolamentare l’accesso nel loro territorio da parte dei titolari di autorizzazioni rilasciate da altri Comuni. Sembrava inoltre abrogato l’obbligo per le auto Ncc di ricevere prenotazioni solo presso l’autorimessa. Niente di tutto questo è apparso nel testo del Ddl. Cosa c’entrano gli Nnc con l’innovazione? C’entrano perché mettere sullo stesso piano concorrenziale taxi e Ncc significherebbe aprire il mercato a soluzioni tecnologiche come quella proposta da Uber, la società californiana che fornisce appunto un’app da smartphone per noleggio autovettura con conducente e che sta facendo infuriare i tassisti di mezzo mondo. La disruption introdotta da un’azienda come Uber in un mercato dei trasporti ovviamente già strettamente regolamentato apre una serie di questioni alle quali, evidentemente, per ora si è scelto di non rispondere per via legislativa. O di dare una risposta difensiva. E questo nonostante Matteo Renzi, a maggio 2014, nel pieno delle proteste dei tassisti milanesi contro Uber, avesse dichiarato: “Ho utilizzato Uber a New York con un amico. L’ho trovato un servizio straordinario. Dalla settimana prossima affronteremo anche questo”.

Il nodo Agid – Sul ruolo dell’Agid, l’Agenzia per l’Italia Digitale guidata da Alessandra Poggiani, il governo si starebbe interrogando da qualche tempo. In ballo c’è la governance della strategia di digitalizzazione del Paese. Se il piano per la banda ultralarga attende solo il via libera di Palazzo Chigi, il nodo sulle competenze sul digitale appare più difficile da sciogliere.
Edoardo Narduzzi, imprenditore ed editorialista, ha scritto di recente sul quotidiano MF/Milano Finanza di una possibile “uscita di scena dell’Agid”, elencandone i motivi: “Competenze frammentate; nessun dirigente di vertice con un vero curriculum di mercato internazionale; una tendenza a comunicare più che ad analizzare e pianificare vere trasformazioni; una visione prevedibile sul futuro, mentre il resto del mondo corre senza tregua soprattutto su queste tematiche”. Pronta la replica di Roberto Scano, presidente dell’Iwa (International Webmasters Association) e oggi consulente area Regole, Standard e Guide tecniche presso l’Agid. “Un cantonata: oggi c’è qualcuno che deve aggiornare la sua bio aggiungendo a ‘scrivere libri e creare startup’, le parole ‘sparare str…'” ha scritto su Facebook.
Continuano comunque a circolare le voci sul riassetto digitale che coinvolgerebbe l’Agenzia. Secondo indiscrezioni di Formiche.net si starebbe già lavorano ad una struttura – probabilmente un dipartimento ad hoc a Palazzo Chigi – per concentrare competenze e funzioni in campo digitale. A capo potrebbe esserci, secondo voci di ambienti governativi, il consigliere del premier Andrea Guerra, già Ad di Luxottica, che insieme con l’Ad di Poste Italiane, Francesco Caio, starebbe studiando anche i modi per far confluire in questa nuova struttura l’operato dell’Agenzia digitale. C’è materiale su cui lavorare per i prossimi mesi.

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