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La società-rete, nuovo modello per le organizzazioni socio-politico-economiche

Internet ha dimostrato la possibilità di un modello distribuito, senza un controllo centrale. C’è chi frena e chi invece sta cercando di analizzare gli impatti del cambiamento. Come la Network Society di David Orban

Pubblicato il 28 Ott 2015

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David Orban

Il cambiamento che stiamo vivendo è strutturale e non congiunturale. È questo ormai un dato acquisito, insistere a trattare questo periodo come una crisi economica è errato e limitante, ciò che sta accadendo è un profondo rinnovamento delle regole di base, dei paradigmi che governano la vita sociale ed economica di ognuno degli abitanti del pianeta Terra. Non è la prima volta nella storia dell’uomo che cambiamenti di questa portata avvengono e ogni volta sono avvenuti grazie alla disponibilità di nuove tecnologie che consentono di fare nuove cose e di organizzarsi in modo nuovo. Oggi siamo nel mezzo di uno di questi paradigm shift che alcuni stanno iniziando a studiare in modo dettagliato e profondo al fine di disegnare il possibile, anzi assai probabile, futuro che in un tempo non remoto abbracceremo.

I primi segnali ci sono già: ci sono i nuovi modelli di economia come la sharing e la circular, ci sono nuovi modelli di impresa come le benefit corporation, ci sono nuovi valori culturali come per esempio sta accadendo all’essenza dell’imprenditoria, ci sono le criptomonete e i modelli decentralizzati. Ed è proprio la decentralizzazione che promette di essere il fulcro di questo profondo scossone sociale ed economico che ci apprestiamo a vivere.

Un nuovo modello sociale a rete. Internet ha dimostrato come è possibile avere un sistema di distribuzione delle informazioni e dei servizi senza controllo centrale, le criptomonete stanno dimostrando che anche una risorsa scarsa può essere gestita a livello globale senza che vi sia la necessità di una entità centrale che ne regoli l’esistenza. Questo modello è declinato anche in altri contesti: dalla manifattura all’apprendimento, dall’energia alla nutrizione, dalla salute alla finanza, dalla sicurezza alla politica.

Network society è l’organizzazione che sta approfondendo questi temi e che si sta espandendo in tutto il mondo grazie a una serie di ambasciatori e delegati che concorrono a definire come il concetto di società-rete prevarrà perché sta dimostrando di essere molto più efficiente degli attuali modelli gerarchici e centralizzati. La Network society si è data appuntamento a Torino il 15 ottobre scorso per il primo congresso mondiale, ospitati dall’avveniristica sede di Banca Intesa, e per inciso le banche fanno parte delle organizzazioni che attualmente utilizzano modelli gerarchici e centralizzati quindi potenzialmente soggette a dover cambiare profondamente pelle in un vicino futuro, gli ambasciatori di Netsoc si sono trovati ad ascoltare e condividere le riflessioni di un gruppo di relatori di alto profilo.

David Orban, fondatore di Netsoc, declina le tre basi fondamentali della società-rete: 1) cambiamenti sociali ed economici di grande portata si verificano solo in presenza di una solida evoluzione tecnologica che li rende possibili e attuabili; 2) le tecnologie decentralizzate e distribuite globalmente stanno dimostrando di potere ottenere risultati altamente migliori rispetto a quelle centralizzate e gerarchiche e 3) queste tecnologie che sono inarrestabili sia nella diffusione sia nella evoluzione esponenziale minano i pilastri delle attuali organizzazioni basate sul concetto di Stato Nazione e il risultato delle riorganizzazione socio economica sarà appunto la società-rete.

Come accade in occasione di ogni cambiamento così profondo vi sono forze che ne colgono l’essenza e corrono verso il suo compimento, altre che, o non ne comprendono la portata o se la comprendono ne temono gli effetti, che invece fungono da freno, ma si tratta di freni temporanei perché il processo è inarrestabile, ci si può creare l’illusione di un suo rallentamento o di un suo arresto ma si tratta, appunto, di illusione. Da una parte ci sono i nuovi modelli di organizzazione, la crescita, l’emancipazione, la sperimentazione, l’apprendimento, la dignità, la comunità, mentre dall’altra le burocrazie, le resistenze, le precauzioni, il panico, l’eccesso di reazione, di controllo, di legislazione ma secondo Orban non c’è assolutamente da preoccuparsi degli elementi negativi perché già oggi siamo spinti alla ricerca di elementi che sempre più ci avvicinano alla società-rete come la ricerca di maggiore libertà, di un numero maggiore di scelte, di una infinità di opportunità.

Libertà, scelte e opportunità che altri relatori hanno declinato. Matan Field di Backfeed che ha posto enfasi sul concetto di stigmergia, termine, dice Wikipedia, “introdotto dal biologo francese Pierre-Paul Grassé nel 1959 in riferimento al comportamento delle termiti. Lo definì come: Stimolazione degli operai mediante il risultato ottenuto. Attualmente è anche impiegato in alcune ricerche nel campo della robotica, sistemi multi-agente e nelle comunicazioni nelle reti di calcolatori”.

Secondo Field siamo arrivati al punto in cui i concetti di base della stigmergia possono essere estesi alle organizzazioni umane su scala globale perché la cooperazione in un contesto decentralizzato e distribuito è l’unica strategia vincente ed è per questo che la sua organizzazione ha messo a punto il concetto di Backfeed, in pratica una sorta di protocollo distribuito e consensuale basato su input umani, egli lo definisce il Dna delle organizzazioni decentralizzate e collaborative e quindi il Dna della società-rete. In pratica questo Dna entra a fare parte della famiglia di protocolli concettuali di cui fa già parte per esempio blockchain (quello che sta alla base dei bitcoin) ed è applicabile a ogni tipo di contesto come per esempio: giornalismo, assicurazioni, mercato, venture capital, movimenti ambientali, social network, dove tutti collaborano ma nessuno ha il controllo centralizzato.

Alex Lightman prende l’evoluzione del paradigma dal punto di vista dell’energia e della sua relazione con l’acqua e il cibo. Una visione che disegna uno scenario da angoli nuovi come, per esempio la diminuzione dei lavoratori in agricoltura con il progressivo diffondersi dei trattori nel periodo compreso nei primi 65 anni del secolo scorso e la quantità di acqua utilizzata per produrre energia: 1100 galloni per megawatt ora con il carbone, 800 con il nucleare, 300 con il gas naturale e zero con l’energia solare. Secondo le previsioni di Lightman già nel 2024 il 32% dell’energia sarà prodotta dal sole (nel 2016 sarà il 2%) e si smetterà di usare le centrali a carbone, nel 2026 si arriverà al 64% e si smetterà di usare il gas naturale e nel 2030 il solare accoppiato con le automobili elettriche e le automobili automatiche consentirà di non fare più uso di combustibili fossili, quella che egli definire la decarbonizzazione. Gli effetti positivi saranno quelli sull’ambiente e sulla salute ma anche una spinta alla decentralizzazione con sempre più comunità e singoli edifici che potranno contare su un sistema autonomo di produzione dell’energia e di acqua potendosi quindi sganciare dalle reti di distribuzione che sono centralizzate, costose, inefficienti.

Altre chiavi di lettura di come la società-rete si manifesta già oggi e continuerà a conquistare sempre più spazio le hanno offerte altri relatori del congresso come Leandro Agrò, Roberto Battaglia, Carlo D’Alessio, Gabor Kiss e Stefano Quintarelli che con rara lungimiranza da parte di chi è attivo nelle istituzioni, egli è deputato della Repubblica, ha messo in luce come anche i modelli governativi e democratici attuali saranno soggetti ai cambiamenti della società-rete perché sempre più ogni singolo cittadino prenderà parte attiva alle decisioni, sempre minore sarà il peso della cosiddetta democrazia rappresentativa. Il modello società-rete applicato alle istituzioni governative e alla politica è potenzialmente più efficace perché eliminando la rappresentatività e quindi la concentrazione di potere elimina anche le derive negative di tale modello come la corruzione, i voti di scambio, la mancanza di ricambio della classe dirigente, tutti mali che hanno intaccato ormai troppo profondamente il sistema soprattutto in Italia.

Torneremo su questi temi anche perché appena chiusosi il congresso di Torino è stato deciso che il format che è stato adottato sarà decodificato in tutte le sue parti e verrà utilizzato anche per altri eventi, non solo quelli direttamente organizzati dalla Netsoc, ma anche quale piattaforma per rendere gli incontri sempre più efficaci, partecipati, coinvolgenti, insomma un format per congressi adatto all’epoca della società-rete.

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