VentureCap

Bankitalia ascolta, se non vuoi far annegare il venture capital

Fa ben sperare la veloce risposta di Via Nazionale all’Aifi, ma il rischio è alto. Il passaggio delle società di investimento a SGR potrebbe avere effetti comici involontari: con 2 soci-partner controllati da 9 persone. A danno del fondo

Pubblicato il 26 Gen 2015

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Pierluigi Paracchi, founder & Ceo di Genenta Science

Che l’Europa intervenga per uniformare le varie legislazioni locali anche sull’attività di venture capital (“VC”) è un bene. Così come non ci sentiamo in EU avendo ancora il timore del roaming per telefono e dati quando andiamo a Parigi o a Londra, anche per il venture capital sarebbe ora di non avere limes.

I VC italiani per sopravvivere alla cronica mancanza di investitori e dovendosi accontentare di masse in gestione sotto, spesso ben al disotto, dei 100M€ si sono strutturati, in piena armonia con la nostra legislazione, in semplici società di investimento. Ciò evitando di dover aprire Società di Gestione del Risparmio, SGR, sotto normativa Banca d’Italia. Le SGR sono un catenaccio ideato per tentare di separare il patrimonio delle banche dal patrimonio che i loro temerari clienti davano, ora quasi non più, in gestione.

La stessa Banca d’Italia ha tentato già anni fa, nel 2001, di creare delle SGR a c.d. “capitale ridotto” e a obblighi limitati, proprio per agevolare lo sviluppo del VC. L’esperimento “ridotto” è stato un fiasco completo. E’ nata solo una (una!) SGR sotto tali “agevolazioni” e appena ha potuto, sei anni dopo, ha addirittura preferito trasformarsi in SGR normale; i manager-fondatori sono andati via e si è pure preferito cambiarne il nome.

L’errore alla base di questo tipo di SGR era nello stesso provvedimento (da “provvidenza”?) della Banca d’Italia: la maggioranza del capitale doveva essere detenuto da: i.) Fondazioni; ii.) Enti di Ricerca; iii.) Università; iv.) Camere di commercio. Insomma, i manager gestori dei fondi dovevano essere in minoranza del capitale con in maggioranza la crème dell’anziana classe dirigente del Paese. Qualcuno mi spiega cosa passò nella mente del funzionario, entrato per concorso e ora inamovibile, di Banca d’Italia?! Già le Università, i Centri di Ricerca e le Fondazioni hanno i loro enormi problemi a svolgere il proprio compito – svolto spesso così male da rendere il Paese poco concorrenziale e meritocratico – e in più a qualche d’uno è venuto in mente di affidare loro il compito di svolgere una delle attività più complesse della moderna economia: investimenti di successo in capitale di start-up ad alto-altissimo contenuto tecnologico.

Tutto ciò per motivare bene quanta comprensione e sensibilità c’è stata fino ad oggi a via Nazionale a Roma sul tema del VC. Ora l’Istituto a cui hanno tolto, per nostra fortuna, il controllo monetario (purtroppo non l’attività di vigilanza) è chiamato a declinare con saggezza ed empatia le nuove normative EU sul VC.

Bankitalia deve tener presente che il sistema VC è fragile; a livello di fondi rischia di non fare investimenti per anno superiori a 50M€. Si vedono già chiari segnali di sostituzione dei fondi con gli investitori privati nel finanziare start-up. Un po’ come il salto diretto dalle linee fisse al mobile nelle TLC per i paesi del Terzo Mondo.

Pochissimi sono gli operatori strutturati come SGR, praticamente nessuno di quelli nati negli ultimi due anni.

Primo: Il passaggio, obbligatorio, va fatto passo passo, quindi bene che Bankitalia abbia ascoltato AIFI

– Secondo, l’attività di vigilanza: questa all’apparenza dovrebbe dare un vantaggio al VC; maggiori garanzie nei confronti degli investitori. Ma guardiamo bene all’attività di Vigilanza di Bankitalia, solo per citare alcuni esempi: Banca Monte Paschi Siena alla Mussari, Popolare di Lodi del Fiorani, Carige di Berneschi. Perché i VC dovrebbero pagare più oneri e avere più burocrazia?

– Terzo, Istituzione della Funzione di Valutazione Indipendente: la comica per i gestori di VC è che molto spesso sono un paio di professionisti (due partner) che si mettono insieme e raccolgono un fondo. Se si organizzano in SGR questi sono circondati da, nell’ordine: a. almeno altri tre consigliere di amministrazione; b. tre membri del collegio sindacale; c. due ragazzini di una società di revisione; d. un tizio che viene pagato per la funzione di controllo interno; e. un altro pagato per fare il risk manager. Nove che controllano due, come alcune barzellette spassose. E la parte meno divertente sono i costi che sono distratti dall’attività principale, quella di gestione.

Insomma, se non si vuole far annegare il VC nella stratificazione burocratica inefficiente, come successo per il sistema bancario, dobbiamo fare appello all’inamovibile funzionario di ascoltare, ascoltare, ascoltare con estrema umiltà. Il fatto che siano arrivati primi segni di reazione in tempi rapidi fa ben sperare.

* Pierluigi Paracchi è founder, chairman e Ceo di Genenta Science @pigiparacchi

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