Come avere un’altra EOS senza aspettare 10 anni?

La vendita di EOS a Clovis dimostra che anche in Italia si può fare innovazione e creare valore. Il venture capitalist che ha investito sulla società ha le idee chiare perchè l’episodio non resti isolato: investitori istituzionali, una leva pubblica “passiva”, imprenditori onesti e coraggiosi. E tanta voglia di far soldi.

Pubblicato il 29 Nov 2013

pierluigi-paracchi-founder-131129151029

Pierluigi Paracchi, founder and Ceo Medixea Capital, Investor and Board Member at EOS

Partiamo dalla fine: il 19 novembre 2013, la start-up biotech italiana EOS – Ethical Oncology Science è stata venduta alla società quotata al Nasdaq, Clovis Oncology, per una cifra complessiva (up-front più milestone) pari a 420 milioni di dollari. La più grande exit di una start-up made in italy dai tempi, ormai consegnati ai libri di storia, della “new economy”.

L’anno prima, a novembre del 2012, EOS firmò un contratto di licenza per il proprio prodotto farmacologico con la multinazionale francese Servier per un importo pari a 45 milioni di euro più milestone e royalties.

Complessivamente, la molecola da mezzo miliardo di dollari!

Insomma, si può fare. Anche in Italia, anche con fondi di Venture Capital italiani.

Primo: esistono fondi di VC anche da noi e ci sono Angel.

Secondo: i ricercatori non sono degli sfigati sottopagati condannati al lamento o all’esilio ma hanno la possibilità di creare valore, con tanti zeri!

Terzo: prima di EOS, l’Italian start-upper quadratico medio diceva “non siamo nella silicon valley”; dopo EOS può solo dire “usti! non ho più alibi”.

Ma come è stato possibile? Nel 2002, dopo l’inverno nucleare causato dalla detonazione della bomba “new economy”, ho convito il mio amico Stefano Peroncini, manager-imprenditore solidissimo, a creare il primo operatore di VC dedicato a start-up tecnologiche e di ricerca.

Purtroppo, la Banca d’Italia (con alcuni complici..) aveva mal pensato una norma che doveva favorire la nascita di operatori di VC (siamo nati soli noi): questa norma imponeva la maggioranza del veicolo in mano a enti di ricerca (allora i comunisti ci sono ancora!!). Un calvario per anni. Ma il risultato ottenuto mostra che ce la si può fare nonostante tutto.

Fatta l’SGR (ndr Società di Gestione del Risparmio, la burocratica struttura ora superata, necessaria allora per gestire fondi di VC), abbiamo dovuto fare gli imprenditori. Alcuni ci sono venuti molto bene, altri hanno creato danni impressionati (truffaldini? vedremo..). Tutto ciò fa parte del mestiere, in particolare in un Paese con scarsa propensione al rischio e nessuna tolleranza al fallimento.

Ora la domanda è “come avere un’altra EOS senza aspettare altri 10 anni?”:

1. servono investitori istituzionali (banche, fondazioni, fondi pensione) istruiti, che abbiano consapevolezza dell’”industria” venture capital

2. servono VC che non abbiamo solo investito ma abbiano soprattutto disinvestito: track record!

3. serve che ci sia leva pubblica ma “passiva”: co-investimento automatico se c’è matching con soldi privati. No al venture capital di stato, no agli investimenti diretti dello stato in start-up, no alla presunzione che un gestore di una istituzione pubblica o partecipata dal pubblico possa selezionare investimenti in imprese o fondi di VC, no alle definizioni del Ministero, no a nuove leggi, meno convegni.

4. imprenditori onesti e coraggiosi (ordine non casuale!)

5. divertimento

6. pensare a fare soldi, molti soldi. Farli!

Sono solo su TW @pigiparacchi, cerco solo nuove “drug” da finanziare (IP solida e POP in pre-clinica. Chi non capisce non mi contatti!!)

* Pierluigi Paracchi è founder and Ceo Medixea Capital, Investor and Board Member at EOS

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4